In occasione della Biennale di Venezia del 2017, Lorenzo Quinn realizzò l’installazione Support, divenuta in breve tempo nota in tutto il mondo come il simbolo dell’esposizione stessa, costituita da due gigantesche mani bianche che fuoriuscivano dall’acqua del Canal Grande e sostenevano il Palazzo Ca’ Sagredo. La colossale scultura rappresentava il risultato delle riflessioni dell’artista sui problemi ambientali derivati dal cambiamento climatico in atto. Le due mani dell’installazione potrebbero compiere due azioni: proteggere e sostenere idealmente l’intera città di Venezia, oppure distruggerla. È nelle mani, infatti, che risiede tutto il potere dell’essere umano: attraverso di esse si può costruire e creare, oppure distruggere e cancellare.
Si può considerare l’opera di Quinn come la sintesi tra arte e emergenza climatica ed è proprio il tema del rapporto tra i rischi che incorre il patrimonio storico-artistico in relazione ai problemi dell’ambiente che lo ospita, che dovrebbe rappresentare una priorità sia in ambito tecnico-scientifico sia per la nostra classe dirigente.
L’evento più recente dedicato a questo tema è stato quello dello scorso 21 settembre, in Senato, dove si è svolto il convegno “ArtEclima: tra emergenze e difesa dei nostri Beni Culturali”, moderato dalla Senatrice Michela Montevecchi, con al partecipazione del Ministro Onorevole Sergio Costa e onorevole Dario Franceschini ed esperti del settore. Un momento di confronto tra tecnici e istituzioni per comprendere come continuare a implementare le politiche di tutela e come ripensare il futuro del nostro patrimonio con la consapevolezza della necessità che esso venga preservato per essere trasmesso alle generazioni future.
Non si è persa l’occasione per un inno a una ripartenza post-pandemia che faccia della cultura la sua colonna portante, forti della fresca ratifica della Convenzione di Faro (Convenzione del quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società)da parte del Governo Italiano (firmata nel 2013), con la quale è stata approvata in maniera definitiva l’intesa che impegna i suoi partecipanti a riconoscere il patrimonio culturale come diritto ed elemento fondamentale per “lo sviluppo umano e la qualità della vita”.
Dalle parole ai fatti, si sa, la strada è lunga e troviamo degli esempi lampanti proprio nei territori del Novese e quelli limitrofi, dove i numerosi beni culturali presenti non sono esenti dalla minaccia del cambiamento climatico e dall’intensificarsi delle precipitazioni, visto anche l’alto livello di rischio di dissesto idrogeologico.
Basti pensare al crollo di parte del tetto della Chiesa di Sant’Andrea a Novi in seguito all’alluvione del 21-22 ottobre 2019, fatto aggravato dalla mancanza di manutenzione della struttura.
La stessa alluvione aveva provocato 15 frane al Monte Moro, dove si erge il Forte di Gavi, che avevano causato ingenti danni a diverse zone del centro storico, portando all’evacuazione di decine di persone. Già nel 2015 era stato presentato un progetto da 5 milioni di euro allo Stato per il consolidamento del versante della collina, che necessitava di interventi urgenti; di quella somma arrivarono solo 268 mila euro, proprio nell’estate 2019.
Nel corso del 2020 la giunta ha realizzato il progetto che prevedeva una nuova barriera a difesa del paese, che probabilmente non basterà a evitare del tutto nuovi disagi in caso di maltempo.
L’intensificarsi dei fenomeni di maltempo, che possono avere, potenzialmente, conseguenze drammatiche, dovrebbe far mantenere alto lo stato di attenzione da parte delle amministrazioni locali; l’auspicio è quello che non si rimandi e non si risparmi più sulle manutenzioni e sulla messa in sicurezza dei siti, a rischio e non. In quest’ottica, il flagello del Terzo Valico può, in parte, contribuire con i fondi che arriveranno grazie al Patto per il territorio firmato dagli undici Comuni interessati da cantieri e viabilità della Grande opera: 49 milioni di euro totali, da spartire. Speriamo che vengano investiti con buonsenso.
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