In una sua recente dichiarazione il deputato Giorgio Trizzino del M5S ha denunciato in maniera accorata che nella prossima legge di bilancio non si troverà nessun stanziamento significativo a favore della medicina palliativa e dell’assistenza domiciliare e ha citato le dimensioni del problema: su 600.000 decessi l’anno, l’80% avviene in condizioni di terminalità, quindi dimensioni enormi e tragiche.
Per un anno abbiamo ascoltato accuse alle inefficienze della medicina del territorio, appreso della necessità di un suo potenziamento e tutti hanno auspicato un deciso cambio di rotta delle nostre politiche sanitarie; questa sembra essere la scoraggiante risposta.
Il problema è che non basta parlare di finanziamenti, ma è necessario che finalmente le battaglie sul fine vita diventino un patrimonio culturale comune e diffuso. Purtroppo la riflessione sul tema è tuttora nel nostro paese un tabu, di cui non si vuole e non si deve parlare. Poi può succedere che nella legge di bilancio non si trovi nulla postato a questa voce.
O la riflessione bioetica entra con forza nel dibattito politico e, nell’insegnamento scolastico o continueremo a scontare questo ritardo culturale che, tra l’altro, svuota di efficacia buoni strumenti normativi che già esistono nel nostro paese, come la Legge Lenzi 219/17 sulle disposizioni anticipate di trattamento, il cosiddetto testamento biologico, e non fa tesoro dei recenti pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Magistratura Ordinaria sui Casi Cappato, Welby, DJ Fabo e altri.
Tutti, ciascuno secondo il proprio ruolo e le proprie possibilità deve far si che l’attenzione politica non perda di vista questi temi.
Giacomo Orlando, Consulta di Bioetica onlus
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