Qualche tempo fa parlavo con un amico che si è trasferito all’estero e mi ha colpito una frase che mi ha detto: «In Italia abbiamo perso molto del nostro ego, dovremmo andare all’estero per ricordarci le nostre origini e capire che siamo visti come dei geni, come il popolo che ha inventato e costruito tutto». Questa frase mi ha molto colpita e ha aggiunto argomenti a una riflessione che faccio già da tempo, riassumibile a mio avviso in un “Odi et amo Italia”. Sì perché noi italiani siamo tanto bravi a odiarci quanto ad amarci, che poi in effetti si dice non c’è odio senza amore, si dice. Siamo bravissimi a sentirci uniti issando il tricolore mentre cantiamo il nostro inno alle partite di calcio o durante una pandemia mondiale, quanto siamo bravi ad asserire continuamente che le cose fatte male sono fatte all’italiana.
Prendiamo ad esempio il cibo. Oggi come oggi non c’è prodotto sugli scaffali dei punti vendita scaffale, dalla piccola bottega alla grande distribuzione, che non faccia leva in maniera molto marcata sulla provenienza italiana della materia prima utilizzata o sull’italianità del metodo di lavorazione. Farina 100% italiana, uova 100% italiane, latte 100% italiano e così via. Certo qui il discorso non è solo di amore per i prodotti della propria terra, ma è legato anche a un discorso di filiera corta per un abbassamento dell’inquinamento dovuto allo spostamento su larga scala delle merci. Di fondo però c’è un forte legame all’italianità versus quanto proviene dall’estero. Vogliamo mangiare italiano, vogliamo che i prodotti che mettiamo sulle nostre tavole siano allevati/coltivati/lavorati da persone con il nostro background e, sotto sotto, fantastichiamo sul contadino nel campo vicino a noi che, con le sue sapienti mani, raccoglie grano e uva, possibilmente biologici, munge mucche, magari mentre le massaggia, ecc… Dimenticandoci tutti quei progressi iniziati ormai 50 anni fa con l’industrializzazione e dimenticandoci altresì che siamo sì italiani, ma in un mondo globalizzato.
Ricordiamoci inoltre che siamo bravi, o almeno dovremmo esserlo, anche a fare controlli alle dogane e quindi a far entrare nel nostro Paese solo materie prime e prodotti che rispettino certi standard qualitativi. Ricordiamoci inoltre che in molti settori la materia prima prodotta in Italia non riesce a coprire il fabbisogno nazionale ed è quindi è necessario, se non obbligatorio, rivolgersi all’estero per gli approvvigionamenti.
In Italia siamo più bravi? Forse sì, siamo storicamente un popolo manifatturiero e artigiano, abbiamo tra i monumenti più belli della storia, ma allora cerchiamo di esserlo e di credere nelle nostre potenzialità anche su altre cose che facciamo.
Perché sulla burocrazia siamo così indietro e prendiamo sempre ad esempio altri Paesi dove aprire attività ma anche solo evadere le proprie pratiche è più facile. Perchè i geni italiani vanno a cercare fortuna all’estero, dove si sentono più apprezzati e dove il loro lavoro non è sottopagato? Perchè non facciamo in tempo a far uscire una legge, un regolamento, qualsiasi sia il colore politico al Governo, che per partito preso pensiamo sia fatto male. Poi forse è vero e lo è, ma allora il genio italiano sopravvive solo a tavola?
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