L’assalto alla diligenza del recovery plan

Le notevoli risorse che verranno messe a disposizione dall’Europa sono un’occasione unica per consentire anche alla nostra città la realizzazione di opere in grado di migliorare le condizioni di vita verso un futuro ecosostenibile, in simbiosi con il resto del Paese.
Appare, purtroppo, che le forze politiche che ci amministrano siano piuttosto silenti, direi impreparate a dare una visione prospettica di ciò che occorrerebbe fare in modo razionale e programmato. C’è da sperare che non agiscano con frettolosa accondiscendenza verso una miriade di progetti di scarsa utilità.
Siamo un popolo che si distingue per le notevoli potenzialità individuali ma deficitario nell’organizzazione collettiva, siamo sempre propensi al distinguo.
Infatti le forze amministrative, non hanno mai edotto un progetto, sia pure teorico, di come vorrebbero che la città si sviluppasse, nel medio e lungo periodo.
È indubbio che ciò dovrebbe avvenire in modo articolato quanto armonioso in modo da realizzare condizioni di vita ideali, nel rispetto delle diversità e senza la silente prerogativa egoistica che spinge a volere sempre di più, a discapito dell’interesse generale. Come dire non ci hanno mai fatto sognare. Ma questo è un difetto del sistema, che per sopravvivere insegue il consenso con delle scelte d’impatto che deve durare il tempo di un mandato ed essere possibilmente confacente per il secondo.
Hanno parlato del museo del cioccolato, del centro gastronomico, della pista ciclabile e di tante altre opere, ma sono pannicelli caldi rispetto ad una visione d’insieme proiettata all’evoluzione futuristica. C’è da dire che anche le forze di opposizioni non si sono mai particolarmente distinte sotto questo aspetto; e sì che ne hanno avuto di tempo per riflettere! L’importante era soddisfare le necessità del momento per consolidare il consenso elettorale. Si distingueva il compianto Oreste Soro, comunista doc, dotato di una grande inventiva che sapeva anticipare il tempo.
Le occasioni non sono mancate, basti pensare alla bonifica dell’area ex Ilva, sulla quale si poteva costruire la cittadella della cultura e dell’istruzione concentrandovi tutte le scuole del novese con annessi impianti sportivi in proiezione tecnologica, ivi compreso una ramo universitario. Avremmo favorito la formazione di cervelli anziché supermercati che sono destinati a ridimensionarsi per l’evoluzione della distribuzione; inoltre la nostra città sarebbe diventata un centro d’istruzione, di cultura e di conseguenza promotore di quella rivoluzione tecnologica che da tutte le parte si paventa.
Oggi, invece, siamo costretti all’impiego di notevoli risorse per ristrutturare numerosi edifici scolastici datati, sparsi per la città che saranno sempre scarsamente adeguati. 
Prospettare una visione è come una proiezione d’immaginazione nel futuro per uno sviluppo ecosostenibile in un equilibrio con le altre forme di vita e la salvaguardia ad oltranza dell’ambiente. Le repentine variazioni climatiche ci stanno dando delle anticipazioni a cosa andiamo incontro se non modifichiamo lo stile di vita. 
Le regioni ed in particolare quella piemontese ha un numero sproporzionato di comuni, di piccole dimensioni le cui carenze sono croniche, dovute ad una politica approssimativa, se non addirittura irresponsabile. 
Le risorse di cui potrà disporre, non potranno essere sufficienti per soddisfare tutte le richieste e le necessità degli enti locali, per cui se non vuole frazionarli in mille rivoli e quindi renderli inefficaci deve fare delle precise scelte su pochi progetti, ma capaci di generare quella spinta verso l’immaginario futuro del digitale e la tanta decantata condizione green, una burocrazia responsabilizzata, semplificata e la riorganizzazione del territorio.

Altro che piste ciclabili , ristrutturazione di edifici o altri interventi che dovrebbero essere realizzati nella ordinarietà dai governi cittadini.
Invertire un sistema basato sul vogliamoci bene tra le forze preminenti che hanno trasformato il Paese in comparti settoriali, è operazione tutt’altro che facile. Portare a termine progetti di ammodernamento, che richiedono coesione generale di lungo termine, capaci di consentire quella trasformazione, prima mentale e poi di sistema, porterà allo scontro con le posizioni settoriali che non rinunceranno comoda condizione prevaricatrice. Basta assistere alla lotta per mantenere vitalizi e privilegi, anche se condannati per corruzione o gestori di lucrose concessioni. Se si considera anche che la giustizia è stata incanalata in una forma di buonismo garantistico con delle pene che appaiono irrilevanti rispetto all’atto delittuoso, utilizzare al meglio le risorse appare molto difficile.

Comunque, l’efficienza potrà essere possibile se la regia del governo centrale avrà la forza di uscire dagli schemi settoriali e saprà imporre la propria autorità sul metodo e sulla forma di gestione con un indirizzo ben definito. In caso contrario, assisteremo al classico assalto alla diligenza con i più arditi che la faranno da padroni e le masse meno settoriali che pagheranno il conto.

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Francesco Giannattasio

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