«Facciamo finta che in questa sala siamo 100, e rappresentiamo la popolazione mondiale. Facciamo che sia l’ora di pranzo, e che su questo tavolo ci siano 100 panini. Uno a testa, dite voi. No, io me ne prendo 50, e a voi resta solo la metà. Poi si alzano quelli della prima fila, e ne prendono 45. Ora siete rimasti in 80 che dovete ancora mangiare, ma di panini ce ne sono solo 5…».
Il vescovo Vittorio Viola, ospite del “fuori festival” organizzato da Acos, ha cominicato a spiegare così ai ragazzi delle scuole superiori novesi il problema della distribuzione delle risorse alimentari, delle disuguaglianze di un sistema economico che premia i più ricchi e depreda i più poveri.
Ci sono degli argomenti che per me sono indicatori di una specifica presa di posizione che non può che essere anche politica. Ad esempio, uno dei problemi evidenziati da Viola è quello delle sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri, citando il problema del Coltan.
Il coltan è il minerale da cui si estrae il tantalio, materia prima fondamentale per l’industria elettronica. Senza coltan, addio ai nostri smartphone, ai nostri computer e cose simili. L’80 per centro del coltan arriva da miniere a cielo aperto in Congo, dove lavorano in condizioni inumane torme di dannati, quasi sempre bambini. L’estrazione del coltan, a mani nude, porta a danni permanenti alla salute. Chi lavora nelle miniere di coltan, muore presto, molto presto, anche perché le medicine non ci sono e il “sistema” è governato da bande di miliziani armati, che diventano ricchissime commercializzando il minerale ai colossi dell’elettronica con una estrazione a costo praticamente nullo.
Quando sento parlare di coltan, capisco subito che mi si sta spiegando il problema della distribuzione delle ricchezze, del benessere. Il “mio” benessere, che ha per prezzo la vita dei bambini dannati delle miniere del Congo, e non solo.
È il problema che il vescovo Viola ha reso chiarissimo ai nostri studenti con l’esempio dei 100 panini.
Questi, un tempo, erano i temi della sinistra. Erano gli argomenti con cui, da sinistra, si spiegava che il problema era quello della distribuzione delle risorse, dello sfruttamento di una esigua parte della popolazione mondiale ricca ai danni del resto del mondo. Un tema ormai abbandonato, o meglio, non più mainstream, come si dice oggi. Ormai, a parlare di questi temi sono rimasti solo i preti, come Don Livio Vercesi, che è stato a lungo missionario in Africa e che spesso ci riporta alla mente questi problemi.
A sentire il vescovo c’era il “ghota” del mondo politico locale, che ormai è composto in maniera praticamente esclusiva da persone di destra. Persone che, dopo avere preso “mazzate” (in senso politico) per oltre un’ora dal vescovo, si sono affollati per farsi un selfie con lui. C’erano sul palco accanto a lui la presidente di Acos Maura Laveroni, e il vicepresidente Alessio Butti, che finalmente si è visto che faccia ha, e non è poco.
Non me ne voglia il vescovo se non riesco a resistere alla tentazione di buttarla in politica. Lui, da buon francescano con i saldali ai piedi, ha le spalle larghe e so che non patisce se lo si tira un po’ per la giacchetta (o meglio, in questo caso, per la tonaca). Peccato che – almeno questa è la mia impressione – che le sue parole siano cadute nel vuoto della mente di alcuni politici, che sono pronti comunque, già fin da oggi, a spiegare che «questi vengono qua e hanno il cellulare più bello del mio» (come ha detto recentemente Luisa Baruffa, capogruppo della Lega, in consiglio comunale a Novi).
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