Si è aperto con le comunicazioni del Sindaco il turbolento consiglio comunale di ieri sera. Cabella, dopo aver aggiornato sulla situazione covid e centro vaccinale, ha ripreso la comunicazione che l’assessore Delfino aveva mandato al pomeriggio a tutti i consiglieri, in cui chiedeva di non rimettere in votazione la correzione della delibera sul Cit. Nel suo intervento il sindaco non ha escluso la possibilità di un’altra convocazione urgente per rimettere ai voti la delibera, se sarà necessario.
Ecco, in breve sintesi, gli interventi più significativi. Il segretario della Lega Giacomo Perocchio ha dichiarato di non sapere che significato dare al voto contrario di Francesca Chessa nello scorso consiglio.
La replica dell’esponente di Fratelli d’Italia non si è fatta attendere. «Non ho rilasciato nessuna dichiarazione ai giornali locali che me lo hanno chiesto perché volevo parlare davanti a tutto il consiglio» ha detto Francesca Chessa.
«Troppo facile farmi passare per una voce fuori dal coro quando sono scomoda, ma i miei colleghi sanno che io sono stata sempre contraria politicamente e giuridicamente a questo provvedimento, perché penso con la mia testa e sono un avvocato. Al mio collega Perocchio che dice di essere stato sorpreso dal mio voto, ricordo che fin dall’inizio di questa amministrazione, avevo detto di essere contraria a questa ipotesi di salvataggio. Spero che tra 5 minuti il moscone scriva che io sono sempre stata coerente con questa posizione». Ci scusiamo con la consigliera per il ritardo, ma il consiglio non è stato trasmesso in diretta e abbiamo dovuto aspettare la “differita”.
«Quando pochi giorni fa mi è stato detto che dovevo votare questo provvedimento – ha proseguito Chessa – ho detto chiaramente che non lo avrei fatto. Se l’attuale Lega, come il vecchio Pci, funziona in base agli ordini di partito, io appartengo ad un partito in cui nessuno mi obbliga a votare cose in cui non credo. Non voglio sentire dire che il mio voto era inaspettato, tutt’altro».
Mentre parlava Francesca Chessa, si è collegato Maurizio Delfino, chiamato dal sindaco mentre era in viaggio per Roma. «Il problema del Cit è nato durante l’amministrazione di centro sinistra e ora il centro destra sta cercando di risolverlo» ha esordito Delfino, il cui tono è diventato rapidamente impetuoso. «Ho il dossier di tutti i casini che avete fatto gli anni scorsi, dossier che tirerò fuori nelle sedi opportune». Dopo aver attaccato l’opposizione, Delfino si è concentrato sulla macchina comunale, accusata sostanzialmente di remare contro.
«Il segretario Pier Giorgio Cabella (incaricato dal sindaco Cabella stesso, ndr), il dirigente dei servizi finanziari Roberto Moro e i revisori dei conti non hanno mai dato un consiglio per il cit, anzi hanno dato consigli che noi abbiamo seguito e che loro successivamente hanno smentito. L’11 febbraio scorso in riunione i tecnici hanno detto che il Cit era fallito e che l’unica strada era chiuderlo. Io da questi tecnici non accetto consigli!» ha detto sempre più agitato l’assessore.
«Il dottor Moro prima ha detto che avrebbe fatto la gara per la vendita del Cit in un attimo e poi ha detto che non era in grado di farla e abbiamo dovuto rivolgerci ad un avvocato esterno. Non ho mai avuto nessun supporto dal segretario Cabella, mi è toccato scrivere le delibere da solo in quanto gli uffici si sono rifiutati di farlo. Non c’è nessuna collaborazione dei dirigenti con la giunta novese».
Delfino non ha risparmiato giudizi molto pesanti contro i dirigenti comunali: il parere di Moro sulla delibera «sembra la supercazzola del film amici miei» mentre quanto scritto dal segretario Cabella «è in un italiano che fatico a comprendere».
Dopo essersela presa con i dipendenti del comune, Delfino se l’è presa con Francesca Chessa affermando «non condivido neppure una parola di quanto ha detto» e ha avuto parole pesanti contro l’opposizione: «Non mettete becco in casa d’altri e non fate scenette con il carretto della giunta Cabella che trasloca (il riferimento è all’articolo del Malalingua pubblicato sabato dal vostro Moscone) ma mettetevi il cuore in pace che restiamo qui altri tre anni»
Dopo il lungo intervento di Delfino, Simone Tedeschi ha chiesto la parola per poter replicare a quanto detto dall’assessore, ma il presidente Poletto gliela ha negata to in quanto considerava chiuso il punto. A questo punto il gruppo dei democratici per Novi ha chiesto una sospensione della seduta consigliare. Alla riapertura, Tedeschi ha comunicato che «di fronte all’ennesima anomalia nella gestione della seduta, al tono maleducato tenuto dall’assessore Delfino ingiustificabile in un consiglio comunale, irrispettoso nei confronti non solo dell’opposizione, ma anche dei funzionari comunali e di membri della maggioranza stessa, ci viene impedito di replicare. Non ci resta che abbandonare la seduta, un gesto simbolico a cui non avremmo mai pensato di arrivare ma non ci sono date alternative».
Dopo Tedeschi ha preso la parola il sindaco Cabella, che ha porto le sue scuse per il comportamento di Delfino e che ha proposto di sospendere la seduta in assenza dei consiglieri Dem.
Dopo che i Dem sono usciti, ha ripreso la parola Poletto ma è stato subito interrotto da Marco Bertoli, che non ha avuto mezzi termini: «Poletto, taci un po’ che sono stufo di sentirti parlare! È stato il consiglio comunale più schifoso che io abbai mai visto, perché noi abbiamo fatto schifo. Andiamo tutti a casa che è meglio!»
Poletto ha comunque proceduto alla verifica del numero legale e visto che c’era, ha chiesto ai capigruppo se procede comunque sull’ordine del giorno oppure aggiornare la seduta.
Solo Luciano Saracino, tra i consiglieri rimasti, si è espresso a favore della prosecuzione: «continuiamo con le interpellanze di Poletto e della Lega, gli altri mi mandiamo a cagar… a casa!» (frase detta a 1.24.35, se volete andare a controllare).
Visto però che tutti erano a favore della sospensione, tra cui Lucia Zippo, che ha detto «con un clima di questo genere meglio rimandare, ma se volete andare avanti mi fermo», alla fine il consiglio è stato sospeso dopo due ore di lavori senza aver trattato neppure uno degli argomenti all’ordine del giorno.
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