Venerdì mattina Marco Bertoli, sulle colonne di Panorama di Novi, ha chiesto la testa di Oscar Poletto. Stesso giorno, altro giornale: sulle colonne de La Stampa Luciano Saracino ha chiesto la testa del vicesindaco Diego Accili.
La tesi che sta alla base delle differenti richieste di Bertoli e Saracino è però la stessa: Fratelli d’Italia oggi è la seconda forza di maggioranza, e non ha nessun posto di rilievo, mentre Forza Italia che ha un solo consigliere (Poletto), ha vicesindaco, assessore e presidente del consiglio comunale.
Dal punto di vista degli equilibri politici, il ragionamento di Bertoli e Saracino può avere un fondamento. Ma dal punto di vista elettorale ne ha molto meno. Il centro a destra ha vinto, nell’ordine, grazie a voti della Lega (4256), di Forza Italia (1224), di Fratelli d’Italia (505) e della lista di Avanti Novi (167). In termini molto pratici, per ogni voto portato a Cabella da Fd’I, Forza Italia ne ha portati 2/3 e la Lega 9/10.
Si tratta solo di decidere se hanno più peso i voti dei cittadini, o le evoluzioni post-voto degli eletti.
Da quando si è seduto sulla poltrona di primo cittadino, Cabella ha dovuto più preoccuparsi per gli equilibri politici dei suoi, che ad amministrare la città.
A pochi mesi dalle elezioni, il primo problema: Saracino, eletto nella Lega, esce dal gruppo per fondare il gruppo di Fratelli d’Italia, ma a norma di regolamento finisce nel gruppo Misto.
Passa poco tempo ed arrivano le dimissioni “per motivi personali” di Irene Lasagna, anche lei della Lega. Poco tempo ancora, ed ecco che Bonvini (subentrato a Lasagna), Sabbadin e Bertoli escono dalla Lega e fondano “solo Novi”, dichiarandosi forza di interposizione tra maggioranza e minoranza. Già qui ci sarebbe da ridere: in tutto il resto d’Italia i consiglieri o sono di maggioranza o di opposizione, solo a Novi si sono inventati quelli che stanno nel mezzo. Ma del resto, il motto della città è “in novitate vivam”.
Ora l’ultimo problema, anche Francesca Chessa lascia Forza Italia e va a far gruppo con Luciano Saracino.
Ma perché la maggioranza novese è così ondivaga e litigiosa?
I novesi hanno dato mandato ad una persona di governare la città: è il sindaco e si chiama Gian Paolo Cabella. Prima di governare Novi, deve governare la sua maggioranza. È evidente che non ci riesce, ma l’impressione è che Cabella non ci provi neppure, a governare i suoi.
Da qualunque parte lo si guardi, Cabella non appare davvero un uomo risoluto e di polso, capace di imporsi ai suoi litigiosi sostenitori in forza della sua autorevolezza (da non confondere con l’autorità). Ma è proprio questo che deve fare un sindaco.
Come si suol dire, non è stato il medico ad ordinare a Cabella di candidarsi (anche se le malelingue dicono che sia stato il nipote, che è appunto medico). Non era obbligato a farlo e lo ha fatto di sua spontanea volontà, forse contando di non essere eletto. Una candidatura di bandiera andata “male”, che lo ha portato sullo scranno più alto di Novi.
L’attuale sindaco ci sta abituando all’ “understatement”. Se era prassi nelle consigliature precenti (la mia memoria non mi permette di andare più indietro del sindaco Mario Angeli) che nel dibattito in consiglio comunale l’ultima parola spettasse sempre, su ogni punto in discussione, al sindaco, con Cabella questo metodo è finito. Il primo sindaco di destra di Novi parla poco, proprio se deve, tirato per i capelli. Basti pensare ad uno degli ultimi consigli, quando Bertoli lo ha vivacemente sgridato perché non parlava abbastanza dialetto, e lui ha fatto finta di nulla.
Addirittura, la scorsa settimana, Francesca Chessa ha tenuto una conferenza stampa a Novi con il sindaco di Casale. Quello di Novi, non pervenuto. La cortesia istituzionale – perlomeno – avrebbe voluto la sua presenza.
È giunto il momento che Cabella si decida a fare il sindaco. Non può imputare alla litigiosità della sua maggioranza la scarsa capacità amministrativa, ma invece l’esatto contrario. È la litigiosità della sua maggioranza ad essere effetto, e non causa, del sua inazione.
Come nella favola di Esopo, diventata la poesia di Giuseppe Giusti che tanti abbiamo studiato alle elementari, ci troviamo di fronte al Re travicello, che “Calò nel suo regno con molto fracasso; le teste di legno fan sempre del chiasso: ma subito tacque, e al sommo dell’acque rimase un corbello, il Re Travicello”.
Insomma, mi permetto di dare un consiglio a Cabella, che continua a sembrarmi in fondo un buon uomo, capitato per uno scherzo del destino a svolgere un lavoro a cui forse non ambiva. Con ogni probabilità, questo sarà il suo solo mandato da Sindaco, quantomeno vista l’età, ma ciò comunque gli permetterà di iscrivere il suo nome nell’albo dei sindaci di Novi, assieme a quello, ad esempio, di Armando Pagella, a cui lui afferma di ispirarsi. Per non sfigurare troppo in quell’elenco, in cui rappresenta il primo sindaco di destra della città dopo i podestà fascisti, cominci a governare partendo dalla sua coalizione. Li sieda intorno un tavolo (Bertoli compreso), batta i pugni sul tavolo e ricordi che il sindaco è lui, per volontà democratica dei novesi. Metta fine a questo teatrino, indegno ancora più visto la difficile fase che la città sta vivendo, per non essere ricordato dai novesi come il Re travicello della poesia, assediato dal gracidare delle rane nello stagno.
E attenzione, cari novesi: nella favola, dopo il Re travicello, arriva il serpente.
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