Carta canta, villan dorme

Il 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia, simbolo della Rivoluzione francese, il Consiglio Comunale di Novi ha discusso, ancora una volta, l’ormai “annosa” questione del CIT, per la modifica della decisione assunta il 3 maggio, frutto della Rivoluzione novese del buon senso.
Come avrebbe detto il compianto Nino Manfredi: “Fusse che fusse la vorta bbona?!!”
La vicenda si trascina da quando è stata approvata, per il rotto della cuffia, la delibera, proposta dall’Assessore competente, con parere sfavorevole dei tecnici responsabili: Segretario generale, Ragioniere Capo e Revisori dei conti. Tra le altre affermazioni, si diceva che si volevano vendere una buona parte delle azioni complessive del CIT e non solo quelle di proprietà del Comune di Novi, che, invece, erano nella disponibilità del Sindaco (pro-tempore). Tale documento era stato approvato con sette voti favorevoli, l’astensione dei Democratici, il voto contrario della consigliera Zippo; questi ultimi avevano garantito il numero legale. Il tutto con l’assenza (diplomatica) dei consiglieri di “Solo Novi” (di cui il Mungitore è capogruppo) e l’assenza (altrettanto diplomatica) della consigliera Chessa (all’epoca, ci assicurano, schierata con Forza Italia).

Da allora, sulla vicenda Cit, la confusione è stata dilagante.
Non si annoieranno i lettori replicando i racconti sulle diverse marce e retro-marce effettuate (introdotte dal buon senso dell’Amministrazione Cabella), ma è bene ricordare gli sfoghi – con impatto partecipativo, come direbbe il Sindaco – dell’Assessore competente contro tutti, o quasi tutti.
Fatto sta che la delibera dapprima sembrava corretta, poi che dovesse essere modificata; infatti è stata portata in Consiglio Comunale e bocciata da tutte le opposizioni, che avevano garantito il numero legale, ma anche dalla consigliera Francesca Chessa (passata nel frattempo a Fratelli d’Italia, dove, ci assicurano, è ora stanziale), e con l’assenza (nuovamente diplomatica) dei consiglieri di “Solo Novi”.
La delibera è tornata successivamente in Consiglio, ma l’Assessore competente prima ha scritto e poi, concitatamente in diretta, via web, affermato, che non occorreva più votarla, in quanto andava bene così come era stata formulata, mentre il Sindaco decisionista, con fare stranamente dubitativo, affermava che, forse, avrebbe dovuto tornare in Consiglio. Un quesito sorge spontaneo: ma allora, chi aveva inserito all’ordine del giorno del Consiglio la delibera? Forse un burlone?
Era il 21 giugno, ossia oltre un mese e mezzo dall’inizio della querelle; intanto, sindacati e lavoratori del CIT attendevano una qualche decisione, aspettandosi fra l’altro di essere convocati dall’Assessore – che invece non li ha ricevuti almeno fino al 14 luglio perchè, a suo dire, non aveva visualizzato una e-mail Pec – (ovvero Posta Elettronica Certificata, sistema che consente di inviare e-mail con valore legale, equiparandole ad una raccomandata con ricevuta di ritorno, N.d.R.). Almeno, un tempo, si potevano incolpare le Poste …

Dal 21 giugno u.s. è trascorso, di nuovo, quasi un mese, con la variante che, per il CIT, è stata presentata una istanza di fallimento da parte di terzi, tutt’oggi pendente in Tribunale. 
Il Presidente del Consiglio ha poi convocato una riunione il giorno 14 luglio con il seguente o.d.g.: “Bando di gara a doppio oggetto per la cessione CIT S.p.A.”. 
Se è vero che la confusione regna sovrana, a noi pare che qualcosa non quadri: chi se ne intende, afferma che i Bandi di gara non sono di competenza del Consiglio comunale, bensì dei Dirigenti, affermazione dottamente confermata dall’Assessore Delfino, il quale, addirittura, aveva negato (forse esagerando), all’epoca, che i Consiglieri comunali potessero anche solo esaminare in Commissione consiliare il bando, se non altro per accertarsi che fosse stata inserita la clausola sociale per la salvaguardia del posto di lavoro dei dipendenti dell’azienda di autotrasporto. 
Tale clausola, evidentemente, è di fondamentale importanza per i lavoratori, tanto che il Sindaco aveva assicurato, persino in sede prefettizia (secondo le dichiarazioni dei Sindacati), che sarebbe stata inserita; ma invece, pochi giorni or sono, l’Assessore Delfino ha comunicato che non poteva essere introdotta. Al contrario, nella vicina Ovada l’operazione è stata fatta … 

Come si dice: carta canta, villan dorme. Ovvero, per i più colti: verba volant, scripta manent.
Riassumendo: l’Assessore aveva affermato che la delibera del 3 maggio non doveva essere modificata, ma il Sindaco aveva paventato delicatamente il contrario, e infatti la delibera è tornata in Consiglio. Il Sindaco ha poi dichiarato – ripetiamo, anche in sede prefettizia – che nel bando sarebbe stata inserita la clausola di salvaguardia sociale, ma l’Assessore in commissione ha negato si potesse fare. Allora, delle due, una! Anche perché, se è vero che il diritto è interpretabile, è altrettanto vero che non è un elastico.
Or dunque, Lor signori non potrebbero mettersi d’accordo prima, evitando pessime figure pubbliche (per usare un eufemismo) all’Istituzione (con la “I” maiuscola), ovvero al Comune di Novi?!!

La sera del 14 luglio, nella seduta del Consiglio comunale, erano presenti sette consiglieri di quella che fu la maggioranza, più cinque Democratici per Novi e una Cinque Stelle.Assenti, ancora una volta, (diplomaticamente) i tre consiglieri di “Solo Novi” e la attuale consigliera di Fratelli d’Italia, Francesca Chessa.
La delibera, nuovamente, non era corredata dall’assenso dei tecnici responsabili, il che non è proprio un dettaglio. L’Assessore Delfino in tale sede ha ribadito che non può essere inserita la clausola di salvaguardia sociale per garantire il posto di lavoro ai dipendenti del CIT, dichiarando, secondo una testata giornalistica, che: “In un modo o nell’altro, i lavoratori della società saranno tutelati”. Quali siano i “due modi” da lui immaginati, però, non è dato sapere, anche in considerazione dei continui cambiamenti di posizione: il Sindaco afferma una cosa, l’Assessore un’altra. Parrebbe proprio una sorta di braccio di ferro tra il nominante e il nominato.
Vale, a maggior ragione, il detto contadino: “Carta canta, villan dorme”, anche nella versione dotta sopra riportata.

Sta di fatto che i Consiglieri Democratici hanno abbandonato la seduta, facendo mancare il numero legale, invece garantito nelle sedute precedenti, e dissentendo (come nelle sedute precedenti) dalla impostazione della delibera, considerata la continua assenza di buona parte della maggioranza che non garantisce la stabilità d governo. Assenza che non può essere attribuita a mal di pancia fisiologici, bensì politici, manifesti ormai da mesi (per non dire da sempre), e che nessuno, Cabella in primis, ha saputo lenire (che sia una questione di trippa?).
Forse sarebbe stato il caso, nei giorni addietro, di sedersi intorno ad un tavolo, cercando una soluzione ragionevole per salvaguardare tutti, in primo luogo i lavoratori, ma anche i Consiglieri che hanno votato le delibere precedenti contro il parere dei tecnici. 

Ci scusi la franchezza, signor Sindaco, ma il problema è tutto interno a quella che fu la sua  maggioranza, intesa come i Consiglieri eletti due anni fa (oggi in ordine sparso) e gli Assessori da lei nominati (oggi con qualche conflitto di impostazione). E’ lei, in quanto capo in testa, eletto dai cittadini, che deve dipanare la matassa, se ci riesce, anche se ne dubitiamo. Altrimenti … ne tragga le ovvie conseguenze.

Il Malalingua

Ultima ora. Il tribunale ha stabilito che per il Cit dovrà farsi il concordato preventivo, cosa che l’assessore Delfino aveva detto che bisognava evitare. Arrivederci alla prossima puntata.

E a me, niente?

P.S. Nel frattempo, anche il rappresentante novese nominato in SRT, la Società che gestisce le discariche dei rifiuti, è (l’ennesimo) appartenente a Forza Italia (pare che in questo partito non ci siano più iscritti privi di incarichi). Sarà anche per questa ragione che Francesca Chessa è passata a Fratelli d’Italia?

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