Sono passati due anni. Che fine ha fatto lo “shuntino” di Cabella?

Andiamo un poco indietro nel tempo, ai primi mesi di mandato del sindaco Cabella. Il 13 settembre il sindaco, accompagnato dall’assessore Marisa Franco, va a Roma per cercare di mantenere fede a quanto promesso in campagna elettorale: il ripristino dello shunt del terzo valico e lo spostamento della stazione ferroviaria dal centro città. 
A Roma i due politici novesi incontrano Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rfi e avanzano “formale richiesta di ritornare al progetto originario del tracciato, previsto nell’area del basso Pieve, esterno all’abitato cittadino, meglio noto con l’appellativo di Shunt. Nel corso dell’incontro, l’Amministratore Delegato di RFI ha rappresentato l’impossibilità di ritornare ad un nuovo percorso ferroviario, stante lo stato attuale di avanzamento dei lavori nelle opere previste nella zona di competenza territoriale di Novi Ligure” (dal comunicato stampa del comune del 19 settembre 2019). 

Per non tornare a Novi con un pugno di mosche, Cabella e Franco chiedono a Gentile di realizzazione un nuovo tracciato che permetta comunque di evitare il passaggio dei treni in centro città. In sostanza, un mini-shunt che passi a piano di campagna nel basso Pieve, invece che in trincea, al di sotto del livello del terreno, come era previsto lo shunt. 
Due mesi dopo, l’11 novembre, in consiglio comunale va in discussione una mozione presentata dal presidente Oscar Poletto che chiede all’amministrazione di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, cioè lo spostamento della stazione e il ripristino dello shunt. 
La proposta di Poletto viene sonoramente bocciata: 15 voti contrari, solo uno favorevole, il suo. Ma la richiesta di Poletto non è una pensata solitaria del presidente del consiglio comunale: dietro di lui ci sono pezzi da novanta di Forza Italia, tra cui il geometra Dario Ubaldeschi (promotore da sempre dello spostamento della stazione ferroviaria dal centro di Novi) e Maria Rosa Porta, recentemente nominata vice-presidente di Gestione Ambiente.
La posizione di Poletto fa arrabbiare la sua maggioranza. Il segretario della Lega Giacomo Perocchio gli risponde a muso duro: «È vergognoso che Poletto dica che non stiamo rispondendo agli impegni presi in campagna elettorale. Lui è presidente del consiglio comunale perché ha ricevuto la nostra fiducia, ora noi non abbiamo più la sua. Ne trarremo le conseguenze». 
Sono i primi attriti in quella che si dimostrerà la maggioranza più litigiosa della storia del consiglio comunale novese. 
In consiglio, Cabella relaziona sull’incontro romano con Gentile, del suo netto no al ripristino dello shunt e della nuova idea presentata a Roma, il nuovo binario a piano di campagna. 
Alla fine della discussione il consiglio approva una risoluzione che consiste “nel presentare a Rfi la richiesta di realizzare un tracciato aggiuntivo, vale a dire un passante ferroviario esterno di alleggerimento al fine di limitare la frequenza dei passaggi dei convogli ferroviari sulla linea all’interno della città” (dal comunicato stampa del Comune del 19 novembre). 
Al tempo, per molti osservatori la proposta del nuovo binario “di campagna” rappresenta solo una via d’uscita politica, che permette al centro destra di salvare la faccia, di non rimangiarsi le promesse elettorali, che erano irrealizzabili già alla loro nascita. 

Facciamo ancora un passo indietro. Il progetto originario del terzo valico ferroviario prevede l’interconnessione con la linea storica Genova-Torino dopo Novi, con un tracciato (il famoso shunt) lungo 7 chilometri che attraversa il basso Pieve. Le amministrazioni di centro sinistra chiedono a gran voce l’eliminazione dello shunt per due motivi precisi. Il primo, risparmiare al territorio novese i lavori di costruzione dello stesso, salvaguardando il territorio. Il secondo, porre le basi del rilancio dell’enorme scalo ferroviario di San Bovo, che verrebbe bypassato dallo shunt e quindi tagliato fuori da ogni possibile ipotesi di sviluppo. Le ferrovie accettano le richieste di Novi, anche perché significa risparmiare i costi di costruzione dello shunt stesso. Ma i risparmi devono essere condivisi: dal mancato investimento dello shunt nascono i fondi compensativi. Quei fondi che il centro destra cittadino ha accettato vengano dirottati in gran parte sulla costruzione del nuovo ponte di Alessandria. 
Sulla proposta di eliminazione dello shunt nasce la contro-proposta del geometra Ubaldeschi. Invece che eliminare lo shunt, eliminare la linea storica che attraversa la città, liberando spazi enormi e riallacciando il tessuto urbano, diviso in due dal passaggio della ferrovia (eliminando così anche i sottopassi). Due visioni diametralmente contrapposte: da un lato il no allo shunt e spostamento del traffico ferroviario sulla linea storica, connessa con il nuovo tracciato con un “salto di montone” in corso di costruzione nei pressi della Fabbrica Novi, dall’altro l’uso dello shunt come nuova linea novese ed eliminazione del tracciato storico. 
Il sindaco Cabella inventa la “terza via”. Sì al mantenimento della linea storica, ma anche sì ad un piccolo shunt nel basso Pieve. Possiamo chiamarla la linea “cerchiobottista”? 
Parafransado il vecchio detto, l’idea di Cabella avrebbe permesso a Novi di perdere – invece che salvare – capra e cavoli, mantenendo il passaggio dei treni in centro città ma devastando anche il basso Pieve con una nuova linea ferroviaria. Un progetto assurdo, che il sindaco ha fatto approvare al consiglio comunale. E poi? 

Sono passati due anni. Due anni di silenzio da parte di tutti. Il consiglio ha impegnato la giunta a presentare il progetto. Che fine ha fatto? 

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