Nei primi giorni di settembre finì su tutti i giornali la dichiarazione di Paolo Arrobbio, presidente dell’alessandrina Amag con cui lanciava la scalata a Gestione Acqua. “Per Amag tutelare l’acqua in quanto bene comune è una priorità assoluta” e “vista la solidità patrimoniale, sta valutando di riportare Gestione Acqua (l’azienda che gestisce il Servizio Idrico Integrato nell’area del Tortonese e del Novese) in ambito totalmente pubblico …. Riteniamo sia anomalo che invece Gestione Acqua debba gestire il servizio idrico integrato soggiacendo a logiche di natura privatistica, in quanto il socio di controllo è partecipato da un soggetto privato (IREN) che esprime gli organi delegati”.
In breve, Amag voleva salvare la partecipata di Acos e l’acqua di Novi dalle “grinfie” di Iren, azienda privata che fa i suoi interessi. Tacendo il fatto che anche Iren, a sua volta, è una partecipata pubblica.
A Novi molti sobbalzarono dalla sedia. Ma cosa vuole Arrobbio da noi? si chiedevano in Acos.
Velocemente la verità venne fuori. A ottobre spiega per bene come stanno le cose l’ex assessore Maurizio Delfino in consiglio comunale: Amag reti idriche deve a Gestione Acqua un mucchio di soldi, almeno 2,3 milioni di euro per 4 anni, che fa circa 9 milioni di euro. Questo grazie al contratto di rete che prevedeva che le società facessero investimenti sulla rete idrica, investimenti che ha fatto solo Gestione Acqua e che devono essere compensati da Amag Reti idriche. Delfino lanciò un proposta forte: visti i debiti, al limite siamo noi che ci compriamo Amag.
Dopo pochi giorni da questa dichiarazione, l’alessandrino Delfino rassegnò le sue dimissioni da assessore a Novi. Forse gli era saltata la “copertura” dei leghisti alessandrini perché aveva difeso Novi?
Comunque sia, Arrobbio non voleva comprare Gestione Acqua per salvarla dalle grinfie di Iren, ma per salvarla dai debiti. Negli stessi giorni in cui si lanciava alla scalata di Novi, Amag era alla ricerca di un socio privato per Alegas, la sua società di vendita del gas. La società era solida, solidissima, diceva Arrobbio, e con un socio privato poteva crescere ancora. Oggi si scoprono le carte: la solidissima Alegas ha 11 milioni di debiti, ed è stata venduta per 16,3 milioni a Iren.
Proprio così: Amag, che voleva salvare Gestione Acqua da Iren, ha venduto l’84% di Alegas a Iren stessa. Il socio industriale che poteva permettere a Alegas di crescere ancora, come diceva Arrobbio, si è preso la maggioranza della società dalla “solidissima” Amag che evidentemente tanto solida e in buona salute non è.
La questione è tornata giovedì sera in consiglio comunale grazie a Marco Bertoli, che ha accusato la sua maggioranza di tacere sul debito di Amag verso Acos. Per Bertoli, ma anche per Chessa, Saracino e per il gruppo Dem, bisogna esigere che venga onorato il contratto di rete.
La questione dovrebbe essere esclusivamente aziendale ed economica, e non politica come invece è. Dovrebbe essere affrontata dall’amministratore delegato di Acos Giorgio Pafumi, e dal presidente di Gestione Acqua Giovanni Gnocchi. La questione parrebbe anche semplice: c’è un contratto, e va onorato. Ma la politica leghista ci vuol mettere le mani, anche perchè all’orizzonte ci sono le elezioni amministrative in Alessandria, e presentarsi con Amag Reti indebitata fino al collo non è il manifesto per le mire elettorali leghiste. Meglio far brutta figura a Novi (una più, una meno) che disturbare i manovratori di Alessandria?
Il problema è che Pafumi e Gnocchi non devo solo rispondere ai loro sponsor politici, ma anche alla legge. Non possono certo far finta che i crediti di Gestione Acqua non esistano. Almeno, è quello che dovrebbero fare. Su questo versante, finora, Pafumi è stato silente. Ma non è una novità.
Oltre a Pafumi, chi tace, come sempre quando si tratta di interessi alessandrini, è la Lega di Novi. Alla faccia di “prima i novesi”, gli ordini di scuderia arrivano dal capoluogo. Mettiamo in fila i piaceri che i leghisti novesi hanno fatto e stanno facendo agli alessandrini con gli interessi dei novesi. Innanzitutto, la vergognosa scelta di rinunciare a gran parte dei fondi compensativi del terzo valico, grazie a cui i novesi hanno regalato 5 milioni di euro ad Alessandria per farsi un nuovo ponte, con la beffa finale di chi (ad esempio l’ex assessore Dolcino) ha spiegato che i novesi debbono essere contenti, perché sul ponte di Alessandria potranno passare pure loro.
Ma non basta: i leghisti novesi hanno rinunciato ad ogni ipotesi di rilancio dello scalo ferroviario di San Bovo, per cui la precedente amministrazione aveva già firmato accordi di sviluppo, per non disturbare gli interessi di Alessandria, che vuole rilanciare il suo scalo ferroviario. Martedì sera è stata respinta la richiesta dei Dem di inserire nella delibera di ri-adesione a Slala l’obbiettivo di rilanciare San Bovo. Si sa mai che ad Alessandria ci restano male.
Ora, i leghisti di Novi devono dire chiaramente da che parte stanno sui crediti di Gestione Acqua: vogliono fare gli interessi della partecipata di Alessandria, o quelli di Novi?
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