Teatro Marenco, ripartiamo dal territorio

Ho seguito, in distanza, la cronaca delle riaperture del Teatro Marenco e la ridda di polemiche comparse sulla stampa locale e anche su queste pagine.
Si è detto un po’ di tutto e quindi quest’articolo non vuole essere un’ennesima presa di posizione, ma fare il punto su ciò che è stato detto e proporre delle riflessioni che possano essere utili a guardare al futuro di questo piccolo gioiello testè riportato a nuova vita.
E partiamo proprio dalla polemica iniziale, quella relativa all’ingente spesa che ha comportato la ristrutturazione, rispetto all’uso che si potrà fare della struttura.
A questo proposito il mio parere è che qualsiasi bene che abbia un valore storico, artistico e culturale debba essere tutelato, si tratta di una ricchezza che il nostro paese possiede ed è giusto conservarla e renderla fruibile, quindi la spesa è più che giustificata. 
Ricordiamoci poi che teatri come il Marenco sono stati costruiti quando la realtà sociale ed economica contemporanea era molto più povera e scarsa di risorse eppure si è riusciti a realizzare opere di gran pregio. 
Proprio in ossequio alle generazioni che ci hanno preceduto è giusto salvaguardare ciò che essi hanno realizzato, nel caso del Marenco tutto ciò è ancora più vero, in quanto originalmente il teatro è stato intitolato a Carlo Alberto di Savoia, l’estensore dello Statuto Albertino, l’antenato della nostra Costituzione, e poi a Romualdo Marenco che con il suo Ballo Excelsior ha tradotto in musica l’afflato al progresso dei suoi anni, un teatro quindi improntato al futuro fin dalle sue origini.
Anche la critica, collegata alla precedente, relativa al costo della gestione di un “teatrino” (così lo definiscono i detrattori) di 200 posti, è discutibile. Non è detto infatti che un teatro come il Marenco sia destinato a un bilancio in perdita, questo dipende dalla gestione e da come si può essere in grado, pandemia permettendo, di riportare le persone a teatro.
E a questo proposito arrivo al nucleo centrale del discorso che qualcuno ha già accennato, ma che da appassionata di teatro, vorrei approfondire.
Al di là delle chiacchiere fatte su una riapertura molto di facciata e con tante pecche, quello che allo stato attuale sembra mancare è proprio una visione relativa al futuro di questo bellissimo teatro. Manca inoltre un aggancio doveroso alla realtà locale del teatro, perché, se qualcuno non ne fosse informato, Novi è una vera “fucina” di attività teatrali e possiede un patrimonio di esperti, attori, registi, con una formazione di alto profilo, che andrebbero coinvolti nella gestione e fungere da “pensatoio” su come impostare la programmazione futura.
Anni fa Francesco Parise, Roberta Borello e Mario Chiapuzzo avevano dato origine ad un’esperienza straordinaria, il Forum del teatro, una tre giorni, che tra l’altro ebbi l’onore di ospitare presso la mia scuola di allora, la media Boccardo, un’avanguardia in provincia in merito alla laboratorialità teatrale con i ragazzi, durante la quale tutti gli operatori del settore si erano incontrati per discutere, realizzare sinergie, creare una rete di contatti.
Proprio quell’esperienza mi aveva fatto capire quanto talento, quanta passione, quante persone ci fossero a Novi in ambito teatrale.
Fare un elenco è pressoché impossibile perché sono tanti, veramente tanti, voglio però provare a citarne alcuni, scusandomi nel caso di dimenticanze. Oltre ai già citati, Parise e Chiapuzzo, voglio ricordare Valerio Binasco, Carlo Orlando, Eva Cambiale, Fausto Paravidino, Andrea Lanza, Alberto Basaluzzo, Davide Sannia, Irene Noli, Laura Gualtieri, Andrea Robbiano, Paolo Plazza, Andrea Vasone, Claudio Lauretta, Luca Bondino, Matteo Ferrari. Si tratta di professionisti impegnati in settori diversi dello spettacolo, ma tutti estremamente preziosi al fine di pensare al futuro del Teatro Marenco. 
Con l’apporto di tanti operatori si potrebbe pensare a un teatro aperto alla città, un teatro che diventi anche “scuola di teatro”, ospitando magari una sezione de I Pochi di Alessandria e una del Teatro del Rimbombo. Un teatro aperto per le prove, un po’ come faceva il maestro Ezio Bosso, per avvicinare gli spettatori alla musica, un teatro “vivo”.
Credo che che molte sarebbero le idee e le iniziative se alcune delle persone di cui ho parlato sopra entrassero in contatto e collaborassero, ma per fare questo bisognerebbe “crederci” e creare dei contesti operativi concreti e questo è un lavoro che potrebbe partire solo dall’Assessorato competente del Comune.
Voglio terminare con un parere sull’utilizzo del Marenco per i saggi teatrali scolastici, perché anche su questo punto i pareri sono stati fortemente contrastanti.
Per moltissimi anni ho lavorato con i ragazzi a scuola in laboratori teatrali che avevano come approdo finale uno spettacolo al Teatro Giacometti. So, quindi, quanta emozione producessero un palco e una platea nei miei giovani studenti, d’altra parte però so anche quanta fatica costasse mantenere i loro comportamenti nel rispetto della struttura che il Comune ci aveva dato in consegna. E con questo non voglio esprimere un giudizio negativo sugli adolescenti in genere, anzi, ma sappiamo tutti che si tratta di un’età caratterizzata da esuberanza e, a tratti, da incoscienza, quindi l’imprevisto è sempre alle porte.
Proprio per questo mi verrebbe da consigliare un uso “cauto” del Marenco per i saggi scolastici, perché una struttura appena restaurata richiede qualche cautela in più.
Il Teatro Giacometti, che è meno “delicato” in tal senso, sarebbe la sede più opportuna per ospitare le scuole, anche se so che per molti miei colleghi una rappresentazione al Teatro Marenco verrebbe considerata più “prestigiosa”.
Ambire infatti è giusto, tenendo presente però la responsabilità che ci si assume.
Con l’anno nuovo vedremo come procederà la “vexata quaestio” del Teatro Marenco, a partire dalla tardiva programmazione che dovrebbe essere presentata nel mese di marzo e che speriamo ci riservi delle piacevoli sorprese, perché, pur con tutte le riflessioni esposte, un teatro che riapre è sempre una cosa di cui dover gioire.

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Maria Angela Damilano

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