Sono costernato. Ho sentito una dichiarazione di Landini, capo del maggiore sindacato italiano, la Cgil, – cui sono iscritto- secondo la quale per riportare la pace in Ucraina bisogna sì condannare fermamente l’invasione russa, ma non bisogna inviare armi ai resistenti. Dice: la guerra non si ferma con la guerra.
La Cgil fu protagonista nella lotta contro il fascismo anche di atti di violenza per poter riconquistare la libertà. Organizzò gli operai perché con ogni arma, dai fucili da caccia, ai mitra sottratti al nemico anche uccidendolo, difendessero le fabbriche, per impedire che le truppe tedesche e repubblichine le distruggessero e le trasferissero in Germania.
Alla manifestazione pacifista di Roma, che perora le stesse parole d’ordine, è protagonista anche l’Anpi: associazione nazionale partigiani d’Italia, a cui sono iscritto. Sono morti quasi tutti , perché dalla guerra di liberazione, di cui furono protagonisti, sono passati più di 70 anni. Ma chi lodevolmente vuole continuare a tenere vivi i loro valori e il loro coraggio sa bene di cosa si è trattato. Si è trattato di combattenti armati che non aspettavano altro che gli Stati in lotta contro il nazismo inviasse loro bombe, pistole, mitragliatori. E accusarono di tradimento un generale che decise per un certo periodo di tempo di sospendere queste forniture.
Riscattarono l’onore dell’Italia perché non attesero che la libertà fosse donata dagli eserciti alleati, ma perché anche loro contribuirono all’impresa versando la propria quota di sangue.
Perché la libertà, la democrazia se non te la conquisti non le sentirai mai tue e non sarai mai libero, non sarai in grado di perdonare né il nemico né te stesso. Calamandrei scrisse: non per odio, ma per dignità.
È una scappatoia retorica quella di invocare, al posto della guerra partigiana del popolo ucraino, l’intervento dell’Onu. L’Onu non ha eserciti capaci di opporsi alle truppe russe e comunque Putin ha il diritto di veto e può impedire ogni iniziativa di questo genere.
Non sono certo originale nel ricordare che se a Hitler si fosse reagito subito con durezza quando invase la Cecoslovacchia, forse non avremmo assistito alla sua espansione guerrafondaia.
È chiaro a tutti che gli ucraini stanno combattendo anche per noi? Indipendentemente dalle loro convinzioni politiche?
Non vorrei che tale cautela fosse dovuta ad una inveterata diffidenza nei confronti della Nato o da un effetto condizionato per la “simpatia” che suscitava in molti di noi la vecchia Unione Sovietica
Persino Salvini – che pure ha goduto dell’amicizia del tiranno russo- dopo essersi dichiarato contrario all’invio di armi a chi è stato invaso, ha dovuto fare marcia in dietro.
Sono più di 50 anni che faccio politica e di errori ne ho visti tanti e alcuni li ho anche condivisi, ma devo dire che certe posizioni nel mio campo, in quello progressista, non cessano di stupirmi.
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