La scritta è sempre visibile, ancorché deturpata. A due passi da via Girardengo, se avete voglia di andare a controllare di persona. “Onore alla Russia”. Boh. C’è davvero qualcuno che parteggia per il prepotente che picchia il debole? Che “onore” ci sarà mai nel bombardare città scarsamente difese, scuole e ospedali? Ma ci saranno dei filo-russi, a Novi?
Però, anche nella tragedia, simili scervellati inducono a fare qualche ipotesi. In fin dei conti, che ne sappiamo noi? La mano è anonima, non ha lasciato firme. Potrebbe essere chiunque, e dunque proviamo un po’ a ragionarci intorno. Ecco, potrebbe essere uno stalinista. Uno di quei comunisti come ce n’erano una volta, con falce e martellino appesi alla catenina. No, ripensandoci, non ce lo vedo un nonagenario che esce dalla casa di riposo nottetempo con la sua bella bomboletta spray ad inneggiare alla Russia, che poi sarebbe l’Urss.
Escluderei anche un leghista. No, non pensate male: è vero che hanno la querela facile, ma le mie riflessioni sono più serie, di ordine squisitamente linguistico, lessicale, grammaticale. Insomma, quella frase l’ho letta in tutti i modi, dal principio alla fine e dalla fine al principio. Ho tentato un approccio semantico, l’analisi critica del testo, la ricerca di citazioni metaletterarie: niente, non ho ravvisato neppure un errore, neppure un banalissimo “Rusia” che farebbe quasi tenerezza. Ma che indicherebbe senza fallo una certa origine … E poi, come è noto, lo stesso Salvini si è rivelato granitico nell’ergersi a difensore dell’Ucraina, al punto di sacrificare tutte le magliette e le felpe con stampato il faccione di Putin, o l’immagine di Putin e Salvini abbracciati, o di Salvini che stringe la mano a Putin. Anche nell’invio di armi a Kiev, il leghista si è distinto, chiedendo di non lesinare con le casse di fionde e cerbottane.
L’unica ipotesi seria, a questo punto, rimane l’incapacità di intendere e volere: sì, un mattoide, uno schizofrenico turbato dalle notizie che tv e giornali ingigantiscono irresponsabilmente (riflettete, invece, sulla sobrietà del rito moscovita, che commina quindici anni di galera a chi prova anche solo a pronunciare la parola guerra).
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