A Vyšné Nemecké, sul lato slovacco del confine con l’Ucraina, la crisi dei rifugiati appare molto diversa dalle immagini devastanti provenienti dai confini polacchi.
Ospitiamo questo reportage di Amanda Magnani, una giornalista e fotografa brasiliana, attualmente residente a Praga. Il suo lavoro, che è stato pubblicato su alcuni media internazionali, come National Geographic, Al Jazeera e BBC News Brasil, si concentra principalmente su questioni relative alla migrazione e alla giustizia climatica.
Mentre il sole splende su Vyšné Nemecké, gli ucraini che attraversano il confine – presidiati discretamente ad una distanza di 100 metri dalla polizia slovacca – vengono accolti da un’ampia gamma di volontari sorridenti, che offrono loro informazioni legali e altre disposizioni sui mezzi di trasporto, cibo, vestiti e riparo.
Essere al confine con l’Ucraina è stata una delle esperienze più intense della mia vita. Non avrei mai immaginato di arrivare così vicino a un luogo in guerra, e niente mi ha preparato per quello che ho visto in prima persona. La gente sembrava spaventata, stanca, triste. Erano anche forti e resilienti, ma molti sembravano anche essere in un posto dove potevano finalmente prendere fiato e permettersi di non essere nessuna di queste cose.
La Slovacchia è attualmente il 5° Paese con il maggior numero di rifugiati ucraini, avendone accolto quasi 315 mila che, secondo i dati dell’UNHCR, si deve considerare la più grande migrazione in quella nazione dai tempi delle guerre civili nell’ex Jugoslavia.
Gli sforzi coordinati di organizzazioni locali e internazionali, come la Croce Rossa, People in Need, Scouts e Malteser Aid Slovacchia, con il supporto del governo locale, hanno portato, in un’area del campo contraddistinta da un’infrastruttura molto organizzata, un complesso di tende per volontari, rifugi riscaldati per passare la notte e riposare, squadre sanitarie, un’area per bambini ed inoltre anche adeguati servizi igienici.
Mentre il governo slovacco ha offerto sicurezza attraverso la polizia locale e i vigili del fuoco, garantendo anche energia e gas per il riscaldamento, disponibili in alcune tende, la maggior parte degli sforzi organizzativi è invece coordinata dai volontari, che si incontrano ogni giorno per definire di volta in volta il da farsi .
“Lo chiamiamo un villaggio da sogno”, afferma Stano Biellic, un volontario slovacco e uno dei coordinatori locali dell’Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso (ADRA). “Con il supporto di tutti i volontari e con le donazioni, siamo in grado di offrire ai rifugiati cibo, riparo, vestiti e persino articoli per bambini e giocattoli”, aggiunge Biellic.
foto di apertura: Rifugiati ucraini in attesa sull’autobus dei volontari per iniziare il loro viaggio verso Praga.
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