Per noi Europei, l’idea di una guerra nel nostro interno proprio non la concepivamo, nemmeno ci passava l’ipotesi per l’anticamera del cervello che potesse accadere.Quelle che si combattevano al di là dei nostri confini erano lontane, le immagini apparivano come uno documentario al cinematografo e le seguivamo con un certo distacco se non con sufficiente supponenza. Le vittime, sopratutto i civili, che ora ci fanno tanto orrore, ci inducevano si ad un esecrabile turbativa ma nemmeno più di tanto, per la durata dell’estensione dei fotogrammi.
Ci disturbano più i flussi immigratori degli sfollati, che fuggono dai teatri di guerra, con i loro drammi, la disperazione, la miseria. Testimoni viventi degli effetti collaterali della nostra cattiva coscienza nel voler nascondere l’ipocrisia con la quale non si vuole prendere atto che sono la conseguenza estrema nell’appropriazione di risorse. Non destò molto sdegno, appena un poco di indignazione, la preclusione dei paesi dell’est di farsi carico degli sfollati dalla Siria, sopratutto la cattolica Polonia, che li costrinse all’addiaccio. Una moltitudine di questi sventurati, facendogli patire il freddo e la fame in pieno inverno, delimitandone i movimenti con il filo spinato, e ora che si sentono minacciati pretendono protezione e solidarietà.
Non c’è che dire, siamo una grande società democratica, ma con molto egoismo. Se poi in gioco c’è il tornaconto economico, siamo diabolicamente privi di scrupoli, comunque sempre nel rispetto delle regole democratiche; regole, nella forma (la sostanza è tutt’altra cosa) nelle quali siamo diventati dei geni nell’aggirarle a nostro uso e consumo, fino al punto da giustificare la guerra. Nella realtà ci intrighiamo nei paesi dell’est dal crollo del muro di Berlino, approfittando della dissoluzione del vecchia Unione Sovietica, abbiamo spostato l’organizzazione militare Nato fino ai confini dell’attuale Federazione Russa. Con una guerra molto cruenta abbiamo determinato la dissoluzione della vecchia Jugoslavia con i terribili bombardamenti su Belgrado. Naturalmente con armi intelligenti che prima di colpire si accertano della natura dell’obbiettivo?
L’appetito vien mangiando come si suol dire: c’è l’Ucraina, piene di ricchezze e risorse di ogni genere, non sia mai che la lasciamo sotto l’influenza di quel barbaro di Putin che non ne capisce le potenzialità. Basta creare le condizioni e il gioco è fatto. Niente di più facile: lasciamo intravedere i benefici del sistema democratico, il tenore di vita pieno di prosperità, consumismo e di libertà è allettante. E’ sufficiente trovare il personaggio adatto che si presta a far da riferimento , cosciente o meno, questi non mancano mai. Il potere e la ricchezza ha un grande fascino. Si manda avanti il braccio armato del sistema capitalistico, che li riempe di armi in modo da dargli la sensazione di sicurezza e potenza. Li incitiamo, li addestriamo, facciamo manovre congiunte, gli garantiamo la sicurezza, facendogli intravedere l’alleanza. Gli promettiamo di tutto e di più sul lato socio economico. Chi può rinunciare a tutto questo? Sopratutto se si viene da una condizione secolare di arretratezza economica. Questi sono gli antefatti e se non li capiamo non possiamo capire quello che sta accadendo. Purtroppo si è sottovalutato il terzo incomodo, declassato a comparsa che, contro ogni previsione reagisce, con un colpo di testa, in modo cruento.
Scandalizzati, inorriditi da tanta brutalità, ma come si permette di invadere un paese libero e democratico? Come può mettersi contro la civiltà occidentale? Tutti compatti e scandalizzati nel biasimo: è unanime definirlo un pazzo criminale? Anche nel linguaggio diplomatico non ci facciamo mancare niente. Adesso come la mettiamo? C’è un dettaglio non da poco: forse non era stato prevista una simile reazione, da un nano economico? Un nano economico, ma non si sapeva che possiede una consistente forza militare e un grandissimo quanto terrificante arsenale nucleare di fronte a cui anche la straordinaria e spregiudicata forza del braccio armato deve fare i conti. Non è la stessa cosa di fare i forti con i deboli? E men che mai con chi ti può fare male davvero.
Abbiamo dimostrato tutta la nostra forte determinazione contro paesi deboli, vedasi l’aggressione all’Iraq, alla Libia, al sistematico bombardamento, fino alla dissoluzione dell’ex Iugoslavia, l’Afghanistan, tranne darsela a gambe quando cominciava a mettersi male. Lasciandoci comunque dietro milioni di vittime. Per quelle civili è stato approntato un’apposita frase, che racchiude tutta l’ipocrisia della brutale considerazione umana: “sono danni collaterali”.
Questa volta è diverso: l’avversario incute un certo timore, possiamo sbraitare e approntare tutte quelle manovre per una guerra per procura ma la sostanza non cambia. Anche la guerra per procura non è esente da rischi; rischi che per cause imponderabili possono sfuggire a qualsiasi controllo e trovarci, nostro malgrado, nel sentiero dell’auto distruzione.
Dopo aver attizzato il fuoco ci troviamo di fronte al dilemma di cosa fare. Continuare a credere che gli interessi anglo americani siano anche i nostri, o cercare una soluzione negoziata? Altrimenti c’è da pensare che non sappiamo che pesci prendere ? E’ questo è terribile, come è irresponsabile alzare il livello dello scontro con la continua immissione di armi.
Continuaremo ad illudere gli Ucraini, con lo scopo di spingerli ad una resistenza a oltranza che alla fine determinerà migliaia di vittime tra le forze combattenti e migliaia e migliaia di vittime collaterali oltre a milioni di profughi di cui già si vedono le conseguenze?
Si ha la sensazione che per l’Ucraina la resistenza sia diventata un problema di orgoglio, di libertà e incitamento, spinta verso l’abisso dall’ambizione dei confinanti; per la Federazione Russa potrebbe essere una questione di sopravvivenza del loro mondo. Per cui se la questione si sviluppa in questi termini, o ci fermiamo e si arriva al compromesso o ci infiliamo diritti nel tunnel dell’olocausto. Alla fine le ostilità si fermeranno, la Crimea dovrà pagare lacrime e sangue e noi con loro si dovrà ingerire il rospo. La Federazione Russa ingloberà tutta la fascia del territorio che costeggia il mar Nero, e consentirà alla parte rimanente del territorio una limitata autonomia. Sarebbe saggio che il galvanizzato presidente, che passa da una conferenza all’altra ritornasse con i piedi per terra, e i nostri grandi strateghi della guerra per procura lo consigliassero alla moderazione e lo aiutassero a trovare una via d’uscita onorevole, in modo di limitare i danni. Nessuno entrerà in guerra coscientemente per aiutarlo. Sarà sostenuto fino a che la guerra si manterrà sul piano convenzionale, con la speranza di dissanguare la Russia.
Finite le ostilità, si presenterà la realtà del dopo con la lista del conto. La comunità Europea si verrà a trovare con un potenziale vicino con il quale dovrà convivere, incattivito, non sarà facile normalizzare i rapporti di buon vicinato; il quale a differenza del nostro territorio, confina con le popolazioni asiatiche che sono popolosissime, basta mettere insieme Cina e India per capire le proporzioni. A questi paesi può vendere di tutto e di più ed acquistare tutto quello che vuole. Non si tratta di voler sostenere come tifoso uno o l’altro ma capire le ragioni, obbiettive , senza mitigare le soggettive dietro la classica ipocrisia di chi lancia il sasso e nasconde la mano. Stavolta non è sufficiente servirsi dell’informazione partigiana, non serve eroicizzare azioni vere o presunte, bisogna prendere responsabilmente coscienza della realtà e cercare la soluzione per porre fine all’assurdo limitando danni e conseguenze.
(la foto di apertura è stata inviata dall’account ufficiale Telegram di Vladimir Zelenskiy)
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