Credo che quando si parla di sanità sia necessario, senza trascurare le problematiche localistiche, fare costante riferimento ai due pilastri che definirei etici che sono alla base del nostro Sistema Sanitario Nazionale: l’universalità e l’equità. Se noi con la prassi terremo la barra su questi obiettivi realizzeremo quasi automaticamente un sistema efficace, di alta qualità tecnica, facilmente accessibile ai cittadini e, appunto, universale e equo, “perché ciò che è utile è anche morale”.
Ad esempio, proviamo tra la grande massa di dati che ogni anno agenzie di valutazione ci offrono ad isolarne uno che mi sembra chiarisca bene come una scarsa qualità, l’insufficienza di servizi erogati e la cattiva organizzazione incidano fortemente sull’equità e universalità del sistema, oltre a rappresentare un surplus di impegno finanziario non lieve: l’indice di attrazione o il suo inverso l’indice di mobilità.
Ovverossia il rapporto tra flussi in entrata e in uscita delle singole regioni, la cosiddetta migrazione sanitaria riferita ai ricoveri ospedalieri per acuti. Pazienti che devono migrare verso altre regioni per veder soddisfatti i propri bisogni sanitari. Questo flusso è prevalentemente diretto dal Sud verso il Nord e per l’anno 2019 è stato valutato economicamente in 5 miliardi di €, con trend in salita.
12 regioni sono in bilancio negativo, ossia le uscite superano le entrate: Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria , Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia , Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. Le altre 7 capitanate dalla Lombardia, Emilia e Romagna, e Toscana hanno un saldo positivo. Le patologie che più influenzano questa migrazione sono patologie gravi, non si può parlare quindi di consumismo sanitario: 41% patologie oncologiche, 27% le patologie croniche ingravescenti, per il 25% le patologie cardiovascolari.
I riflessi sociali di questa situazione sono estremamente importanti: disagi e angoscia dovuti al trasferimento che si sovrappongono a quelli causati dalla malattia, costi per il soggiorno degli accompagnatori, perdita di giornate di lavoro, in poche parole disagi e aumento dei costi, costi indiretti che rappresentano i 2/3 del costo totale. Questa situazione ha portato alla rinuncia a trattamenti sanitari o alla loro posticipazione, che è ancora più grave – nel 2017bper 12.2 milioni di italiani, Rapporto CENSIS 2017 -, al disinvestimento di fondi per fare fronte a spese sanitarie, insieme all’aumento costante della spesa a carico del cittadini (ticket, ecc) valutata in 37.3 miliardi di €. Appare evidente da questo pur sommario quadro che se non si creano meccanismi perequativi tra le regioni, questa situazione di ingiustizia e non – universalità (Costituzione!) permarrà, con tendenza all’aumento, gli effetti sociali saranno sempre più drammatici soprattutto per i ceti meno abbienti, come sempre. Investire su strutture, tecnologie soprattutto sulle professionalità e la formazione, questo ultimo aspetto è fondamentale. I risulti di questi anni di federalismo sanitario dovrebbero farci riflettere.
Non è un problema meramente organizzativo, è innanzitutto un problema politico, per il quale, piaccia o non piaccia, senza esasperazioni ideologiche, essere di destra o di sinistra ha un certo significato. Poi esistono altre mille criticità, ad una ad una si potrebbe parlarne.
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Un commento su “Se universalità ed equità spariscono dal sistema sanitario nazionale”
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Lo scopo è lo smantellamento della sanità pubblica in favore di quella privata.
Purtroppo questa è l’amara verità