Dunque: il 30 giugno 2022, l’allora Sindaco, esibendo metaforicamente gli attributi, tenuti pudicamente nascosti fino a quel momento, ha inscenato una maldestra e poco elegante “performance”, proclamando solennemente che il Bilancio non si sarebbe discusso per sua “perentoria e irrevocabile” decisione.
Scelta del tutto legittima, sia chiaro, ma inelegante e, soprattutto, democraticamente scorretta, soprattutto perché, subito dopo la dichiarazione, se ne è uscito dalla sala, abbandonando l’aula consiliare, in compagnia dei suoi ilari supporter. Un “Coup de théâtre”, come direbbero i francesi, triste spettacolo.
Trattasi anche di un primato che, a giusta ragione, il Sindaco uscito potrà vantare: a Novi non era mai accaduto, dalla Liberazione in poi, che un Sindaco con la sua armata (Brancaleone) abbandonasse il Consiglio comunale, se non altro per rispetto dell’Istituzione che rappresenta … va, e meritando così il primo premio del Guinness dei primati “dàa Ture”: medaglia, personalizzata, di vero finto sughero.
Egualmente, non era mai accaduto che un Presidente del Consiglio comunale sciogliesse la seduta pur con il numero legale di presenti, nella fattispecie garantito da nove consiglieri di opposizione su diciassette. In verità, i presenti erano dieci, se si conteggia anche l’allora Presidente Poletto; nell’occasione, però, il suo voto non era indispensabile, come si dice da queste parti, contava tanto Kmè u sbìragòfù*, ovvero la sua presenza non era necessaria per garantire il numero legale.
Il suddetto, invece, avrebbe dovuto essere garante della democrazia, democrazia chenon ha garantito, chiudendo anzitempo la seduta, senza concedere diritto di replica ai Consiglieri presenti, i quali, con giusta ragione, stavano protestando, né ascoltando il Segretario generale che, sommessamente, gli faceva presente l’impossibilità di sciogliere la riunione in presenza del numero legale di convenuti.
Alcuni ritengono che Poletto sia andato in confusione, ritrovandosi solo soletto sullo scranno; può essere che i “suoi” non l’avessero avvertito della sceneggiata, come sostiene Radio Scarpa, il che consoliderebbe la teoria che costui contasse politicamente come lo sbìragòfù*.
Altri invece sostengono che, in forza del consolidato uso del detto “lei non sa chi sono io”, l’allora Presidente Poletto abbia agito di imperio, poiché la casa stava bruciando, pur non avendo lui attizzato le fiamme. Ovvero: si salvi chi può!
Un fatto è certo: dal 1995 non si era mai visto un Presidente del Consiglio comunale così sprezzante della democrazia (si ricorda che, antecedentemente a tale data, tale figura istituzionale non era prevista); non ha proprio imparato nulla dalla predecessora azzurra che ricoprì l’incarico tempo addietro …
Anche questo, dunque, rappresenta un altro primato, che potrà sicuramente rientrare nel Guinness “dàa Ture”, ma piazzandosi al secondo posto, poiché: “Ubi maior, minor cessat”. Medaglia, personalizzata, in legno fotografato.
Sempre Radio Scarpa racconta che, dopo la sceneggiata, Cabella sia andato a festeggiare con la sua ilare corte in un luogo ameno, per celebrare il suo genetliaco appena trascorso. I maligni, invece, asseriscono che i festeggiamenti siano stati dedicati alla “beffa” appena inscenata, nel convincimento di aver lasciato di stucco gli oppositori con l’alzata generale delle terga dalle poltrone. La corte sarà pur stata ilare, ma ignaradel fatto che, dopo pochissimo tempo, avrebbe perduto definitivamente proprio quelle amate poltrone. Chissà quanto si gioiva … magari, nel corso dei festeggiamenti, qualcuno ha pure alzato il gomito; ma, come si dice, ride bene chi ride ultimo. Non è dato sapere se Poletto fosse stato invitato.
Al termine dei festeggiamenti, rientrati alle “maisons”, “loro” saranno stati certamente soddisfatti di averlo messo in saccoccia a quei quattro gatti (che, in realtà, erano nove e avevano il coltello dalla parte del manico – ma “loro” non se ne erano accorti -).
Il mattino successivo, però, il risveglio è stato brusco ed amaro. Mentre l’allora Sindaco intendeva festeggiare nuovamente il suo compleanno con tanto di pasticcini, i nove abbandonati in Consiglio, ma non certo sedotti dalle parole dell’allora Sindaco, e sicuramente assai inca … volati, si sono recati dal Segretario Generale a dimettersi, facendo saltare il “baracchino”. Come si dice, hanno “staccato la spina”. Eh già … perché loro rappresentavano la maggioranza del Consiglio comunale, anche se l’alloraPresidente non se ne era accorto! È la democrazia, ragazzi!
E non se ne erano accorti neppure l’allora Sindaco, né il nipote, allora Consigliere comunale, né tantomeno il fido scudiero Pino Dolcino, già Consigliere comunale, il quale, poche ore prima della sceneggiata, apostrofava il Mungitore come traditore, chiedendogli di rassegnare le dimissioni.
Dolcino ed il suo ispiratore sono stati presi sul serio: volevano beffare, e invece sono stati beffati. Si potrebbe concludere qui, ma c’è poco da scherzare, purtroppo.
Prima di abbandonare la nave che stava affondando, Giampaolo Cabella ha rilasciato un comunicato nel quale, in sostanza, diceva: volevamo fare (non ce ne siamo accorti, N.d.R.), ma non ci hanno lasciati lavorare. Sul lavoro fatto o meno negli anni scorsi ci sarebbe molto da dire, ma ci sarà tutto il tempo per tornarci sopra, comunque ci permettiamo, da subito, di dissentire.
“La politica è l’arte del possibile, la scienza del relativo”, affermò Otto Bismarck, non certo un progressista; la politica è l’arte della mediazione, secondo il pensiero di Camillo Benso, conte di Cavour. Fin dagli albori l’allora maggioranza di centro-destra non ha saputo mediare, anzi, della mediazione non ha mai voluto sentir parlare, ritenendosi,evidentemente, auto-sufficiente, qualcuno addirittura pensava di essere onnipotente ed onnisciente.
Si ritorni un attimo alla questione del Bilancio di previsione: a forza di sentir declamare dall’allora giovin Assessore “Perché non lo avete fatto voi?”, le opposizioni lo hanno preso sul serio e hanno elaborato sensate proposte; ma anche queste, evidentemente, non sono state gradite, ragion per cui l’allora Sindaco ha deciso di abbandonare il Consiglio, per non discutere e confrontarsi, voltando le terga (segno di sfida?) alle opposizioni.
E la sfida è stata accettata. Dunque, chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
Infine, va segnalato un altro primato (senza medaglia, sono terminate) che il Sindaco uscente può vantare: in settantasei anni di democrazia novese, non era mai stata interrotta la legislatura; lui c’è riuscito.
L’ultimo chiuda la porta.
* Nota: contare come lo sbìragòfù, ovvero nulla, come il fante nel gioco del “goffo”.
Cosa farò da grande
Per l’instancabile vacanziero che deteneva, pro tempore, i cordoni della borsa del Comune, il tempore è scaduto. Può ora dedicarsi, dopo i viaggi a Zurigo e ad Amsterdam, ad una rilassante vacanza in Grattarina, impegnandosi nella lettura del libro “Cosa farò da grande”, con sottofondo della omonima canzone di Gino Paoli.
Il Malalingua
P.S. Chiediamo per un amico: se un Consigliere comunale, in quanto tale, è stato eletto in Provincia, decadendo dalla prima carica, decade anche da quella di Consigliere provinciale?
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Un commento su “La spina staccata”
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Che dire… Unicuique Suum …