Caro Mauro, in tempi cupi è necessaria l’utopia

Caro Mauro, come sempre complimenti per la tue parole. Penso che le nuove idee di cui parli debbano oggi per prima cosa tentare di salvare il salvabile, che sarebbe pur sempre un progresso. 

Il clima, ad esempio; anche i più sciocchi dei negazionisti non possono ormai negare che il disastro c’è, che la mano dell’uomo è stata fondamentale e forse abbiamo passato la linea di non ritorno. Dobbiamo rinegoziare il nostro stile di vita, che per decenni orgogliosamente l’occidente ha dichiarato non negoziabile, compiendo un terribile errore di prospettiva: continuare a pensare che miliardi di uomini sarebbero sempre vissuti con una ciotola di riso, alcuni anche con meno di una ciotola di riso e che il progresso consistesse nel produrre solo e sempre più superfluo: il mito della crescita, a cui si contrapponeva l’altro mito, quello della rivoluzione. Abbiamo tragicamente confuso il valore con il prezzo, per cui oggi un cashmirino griffato vale mille volte un litro d’acqua, la cui mancanza oggi ci angoscia e poi usiamo l’acqua potabile per pulire i nostri water. Come nota Peter L. Berger in Le piramidi del sacrificio, Einaudi Nuovo Politecnico, pag.21, “Prima garante del movimento verso l’obiettivo mitico [il progresso] è la capacità dell’uomo di imporre un controllo sempre maggiore sull’ambiente naturale e su quello sociale”. Questo scriveva Peter Berger agli inizio degli anni 70! Profetico direi, e qui emerge il suo essere insieme teologo e sociologo.

Dove abbia condotto questo controllo sull’ambiente e sul sociale lo abbiamo davanti agli occhi: devastazione ecologica, diseguaglianze mai così ampie, sacche di povertà assoluta, diritti negati, guerre. Non auspico nessuna decrescita felice et similia. Non abbiamo bisogno di decrescite, ancorché felici, ma di crescite, crescite nuove e felici. E non possiamo certo buttarci alle spalle i progressi tecnologici e scientifici di questi ultimi secoli. Di questi tempi l’antiscientismo ha un certo successo. Se a questa aggiungi la fine tragica dell’illusione comunista e la vittoria a tutto campo dell’ideologia neo-liberista, il quadro è completo.

Le idee nuove che tu auspichi dovranno essere idee in grado di produrre un salto culturale non solo nella classe politica ma nella società intera, forse prima nella società e poi trasmesse alla politica. In fondo i politici ce li scegliamo noi e le grandi fonti di formazione e proposta come l’Accademia o la Chiesa ad esempio, non riescono più ad assolvere a questo compito. Le proposte devono salire da quelle che il Prof. Mori definisce le associazioni intellettuali di volontariato, dalla cosiddetta società civile. 

Solo se l’etica, “l’etica della responsabilità”, che richiede al politico di informare le sue decisioni mirando “alle conseguenze più umane possibili” tornerà a guidare la politica questo salto sarà possibile. Significa aprirsi, allargare lo sguardo, “coltivare la propria umanità” come comune denominatore nei confronti dell’altro, e spesso rinunciare al proprio ego. Il resto, le scelte politiche, verrà di conseguenza.

A proposito di idee nuove, prendi ad esempio due grandi problemi dei nostri giorni: big data e intelligenza artificiale. Due temi per ora riservati, volutamente, a ristrette conventicole, complessi, difficili. Appeal sul grande pubblico: zero. Ma decisivi in un prossimo futuro.

Se questi due temi non entreranno in una agenda politica chiara e aperta e in un dibattito etico pubblico potrebbero diventare un grosso problema per la vita di ciascuno di noi, come invece rappresentare un grande progresso. 

Peter Berger – è chiaro che io apprezzo molto questo autore- nella sua venticinquesima tesi in apertura del saggio citato, scrive, ripeto, nel 1974: Abbiamo bisogno di un nuovo metodo per affrontare i problemi di etica politica e di trasformazione sociale, compresi quelli relativi alle politiche di sviluppo. Per esso occorrerà associare due cose di solito separate: analisi realistica e immaginazione utopistica. Ciò a cui mira in definitiva questo libro è appunto questo: cominciare fare qualche passo verso un utopismo realistico”

Ancora, come sempre in tempi cupi, è di nuovo necessaria l’utopia, o forse più semplicemente la ricerca di nuovi significati per il mondo in cui vorremmo vivere. 

Con amicizia Mino

Immagine in alto: Makis E. Warlamis, Utopien 04

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Giacomo Orlando

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