Per comprendere cosa si intenda con il termine “Psicologo di base” riferiamoci al più noto medico di base o di famiglia, il Medico di Medicina Generale (MMG), colui che si occupa della nostra salute fisica, a cui chiediamo un parere ad ogni pelo che tira (perché è così, lo sanno bene i nostri medici) e che ci consiglia su come comportarci districandosi tra impegnative, visite, ricette, nuovi farmaci, ostacoli e burocrazia sanitaria.
Ancora oggi, per molti il medico di base è anche colui al quale esternare i malesseri dell’anima, trascurando il fatto che non è formato a un ascolto competente, proprio, invece, della figura dello psicologo. Il quale, però, e questa è una premessa centrale, per prendersi cura della sofferenza psichica, e quindi dei pazienti che portano una domanda in questo senso, deve anche essere specializzato in psicoterapia.
Chiarito questo, trasliamo il concetto “di base” dal medico allo psicologo, che quindi dovrebbe lavorare a fianco del medico, magari supportandolo proprio in tutte quelle situazioni cliniche che vanno al di là del puro disturbo organico, perché al nostro medico noi chiediamo veramente di tutto, dalla posologia dell’antibiotico alle strategie per dimenticare un amore perduto, fino alla marca della tinta più adatta per i nostri capelli! Ecco, a molti quesiti potrebbe rispondere lo psicologo, che facilmente non saprà nulla di tinte né di antibiotici, ma di ansia, paure, depressione, momenti di difficoltà, abbandoni, salti evolutivi, angosce e crisi esistenziali ne sa certamente di più. E, soprattutto, ha (o dovrebbe avere, no: deve avere) la capacità di ascoltare senza giudicare, facoltà per esercitare la quale ha studiato e che non tutti hanno di default solo perché svolgono professioni apparentemente similari.
Le due figure, quindi, pur avendo la stessa aggettivazione, hanno una funzione differente. Nell’ambito della cura della salute psichica, lo “psicologo” è colui che, come dicevamo, è psicoterapeuta (non è counselor, non è coach, né tantomeno amico, parrucchiere o prete), sa ascoltare le sfumature del racconto del paziente, sa coglierne gli elementi critici, analizzarli e ricollocarli nella sua storia in modo che siano più consonanti, o comunque meno disturbanti, accompagnandolo in un pezzo del suo percorso di vita, donandogli quegli strumenti necessari a proseguire poi da solo. Una definizione forse un po’ romanzata, ma di fatto questo è ciò che facciamo e farlo in prima battuta (è qui sotteso il termine “primario”) significa poter intervenire precocemente sul dolore mentale, comprenderne le concause e l’impatto sulla vita del paziente che, costruendo la relazione con noi, ci permette di definire quali possano essere i suoi bisogni e le risposte più adatte in termini psicologici. Farlo insieme al medico garantirebbe un lavoro migliore, quello che prevede di prendersi cura della persona nella sua totalità corpo-mente, nei suoi aspetti fisici e psichici che non sono scindibili.
Certo, salute e malattia dipendono da molti fattori ma la dimensione psicologica è imprescindibile, in quanto guida il modo soggettivo con cui ognuno affronta l’esistenza, ancor più nell’attuale scenario in cui la pandemia ha amplificato il peso dei problemi psicologici, ma anche la nostra consapevolezza sull’importanza degli stessi. In Italia non esiste una legge o una normativa che disciplini la professione dello psicologo di base, tuttavia la senatrice Paola Boldrini (PD) ha firmato il DDL n.1827/2020, un’iniziativa parlamentare dal titolo “Istituzione dello psicologo di cure primarie”, che prevede che ogni ASL istituisca il servizio di psicologia di cure primarie, appunto, nel quale lo psicologo si occupa della presa in carico della persona, al fine di garantirne il benessere psicologico; di intervenire per prevenire e diminuire il peso crescente dei disturbi psichici della popolazione; oltre che di organizzare l’assistenza psicologica a domicilio e realizzare “l’integrazione con i servizi specialistici di ambito psicologico e della salute mentale di secondo livello e con i servizi sanitari più generali”. Capite bene che non esistendo una legge nazionale che disciplini ruoli e funzioni dello psicologo di base (o delle cure primarie), non possiamo che affidarci ad alcune proposte di legge, nazionali e regionali, che hanno provato a dare una risposta e che hanno definito lo psicologo di base come una figura che collabora con il MMG, offrendo assistenza psicologica primaria per poi indirizzare, qualora servisse, i pazienti verso altri specialisti. Come potete vedere, utilizziamo termini diversi per dire la stessa cosa, ma che riecheggiano di metodologie differenti pur avendo lo stesso obiettivo, ossia la cura della persona. Provo a fare chiarezza: il DDL sopra citato parla di psicologo delle cure primarie, che nella sostanza è la stessa cosa dello psicologo di base, solo che si riferisce ad un servizio interno alle ASL, mentre con il secondo termine se ne ipotizza la presenza nello studio del MMG. Razionale e obiettivi sono gli stessi, cambiano le modalità, e non è un aspetto secondario. Infatti, ritengo che questa funzione non possa essere esercitata da un professionista privato, essendo quest’ultima una condizione che andrebbe inevitabilmente a inficiare la funzione stessa, poiché lo psicologo avrebbe tutto l’interesse a prendere in carico i pazienti, senza contare che, a seconda del tipo di specializzazione, avrebbe un approccio specifico che non è detto sia il più adeguato in tutte le situazioni. Perciò è forse più adeguato il termine di “psicologo delle cure primarie”, o comunque si tratta di avere in mente cosa intendiamo quando usiamo questi termini, perché non siano solo contenitori di buone intenzioni anche un po’ confuse.
Di fatto, penso debba essere una figura psicologica di accoglienza, valutazione, ascolto, sostegno e terapia garantita dal nostro SSN, non costretta all’interno di servizi già esistenti, ma in una struttura trasversale aperta e accessibile a tutta la popolazione, localmente, volendo, anche collocata presso gli studi dei medici di base. Una sorta di stazione ferroviaria nella quale decidere insieme quale sia il treno da prendere dopo aver valutato bisogni, risorse, tempo, costi e desideri sui luoghi da visitare. Temo che il paragone non sia casuale ma evidenzi un certo ritardo in entrambi i campi, ferroviario e psicologico.
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