Può un disegno di un bambino destare scalpore in tutta una città e anche oltre? Certamente, se pensiamo a quanto successe alle scuola media Manzoni di Tortona 50 anni fa.
La forza del tratto, l’immaginazione dell’artista, il colore, la provocazione? Nulla di artistico attorno al disegno di A.S., un 15enne di Villaromagnano che frequentava al tempo la terza media, e che scatenò un putiferio tale che si organizzò anche un convegno, con ospiti illustri tra cui Umberto Eco. La sua insegnante, addirittura, venne processata per diffusione di immagini oscene.
Ma cosa ritraeva quel disegno? Veniamo ai fatti, come vengono riportati dalla cronaca dell’epoca.
La professoressa Maria Vescovo, docente di arte della scuola media Manzoni, il 9 febbraio 1971 assegna alla classe 3°C un compito in classe abbastanza normale: fare un disegno sul tema “una notte ho sognato…”.
Il problema è che i sogni dell’alunno (che oggi è un affermato imprenditore) non sono così innocenti come quelli dei bambini, ma del resto a 15 anni si fanno già certi pensieri… Il ragazzino disegnò “una camera ed un letto sul quale due persone di sesso diverso erano in posa inequivocabile; una didascalia a «fumetto» rendeva note le loro impressioni”. Il fumetto conteneva un esplicito riferimento ad un rapporto sessuale mercenario.
La professoressa, forse, non se la sente di tarpare le ali all’espressione artistica e appende i disegni degli alunni, compreso quello “osceno”, nel corridoio della scuola.
Apriti cielo! Gli altri scolari ridono, i professori inorridiscono, se ne parla in tutta la città, anche perché la scuola Manzoni aveva già fatto discutere un paio di mesi prima, quando aveva organizzato un corso di educazione sessuale per docenti e genitori.
Pochi giorni dopo il fatto, il preside Carlo Lugano convoca il consiglio di dei docenti, per discutere del caso. Il disegno è osceno, oppure no? Dopo cinque ore di discussione si mette ai voti: per 25 insegnanti il disegno è osceno e non andava esposto, per 32 invece la professoressa ha agito correttamente, nel rispetto della libertà di espressione dell’alunno.
Il putiferio è tale che interviene la legge, con un magistrato che ordina una indagine. Una squadra di agenti di polizia giudiziaria viene mandata a scuola a sequestrare il disegno incriminato.
La professoressa e l’alunno finiscono a processo. La corte d’appello di Torino concede il perdono giudiziale all’alunno, ma rinvia a giudizio la professoressa. Deve rispondere del reato di pubblicazione oscena, per il quale il codice penale prevede una pena variante dai 3 mesi ai 3 anni di reclusione.
Del fatto se ne parla in tutta Italia, non solo a Tortona. La Cgil chiede l’assoluzione per la professoressa, e diffonde un volantino con cui spiega che «volere l’assoluzione di Marisa Vescovo significa volere che non si torni indietro». Anche “il Manifesto” e il Partito di Unità Proletaria considerano il processo «come un momento importante di crescita del movimento operaio, cittadino, studentesco e non solo tortonese: un avvenimento che riguarderà essenzialmente lo spazio di democrazia reale a disposizione di ciascuno nella scuola e fuori della scuola per costruire una società alternativa».
Solidarietà anche da Avanguardia operaia e dai Collettivi Comunisti.
Che tempi andati, quando di fronte a casi simili la società scendeva in piazza… Oggi, ci limiteremmo a qualhe post sui social. Ma andiamo avanti con la storia.
La Cgil, per sottolineare l’importanza del processo, convoca alla sua vigilia un convegno dal titolo: «La reazione autoritaria nella scuola, nella famiglia e nella società di fronte alle proposte di pratiche didattiche liberatorie». Fra i relatori avrebbero dovuto esserci il Umberto Eco, il professor Raffaele Laporta, la dottoressa Franca Mussa Ivaldi e l’onorevole Giorgio Bini del Pci; ma solo quest’ultimo, alla fine, si presenta.
Il processo si svolge due anni dopo, nel dicembre del 1973. Moltissimi i testi chiamati a deporre. Il disegno osceno, o come titola “il Piccolo” di Alessandria, il “pornodisegno”, è rimasto in bacheca 24 ore. È stata la vice preside Franca Pensa Pavero a rimuoverlo, dopo averne parlato con l’insegnante di religione don Giorgio Goggi e il professor Pierino Fornasari. Depone anche il povero alunno, che spiega che il fumetto con la frase oscena è stato aggiunto dopo, a sua insaputa. La professoressa spiega di non essersi accorta del contenuto del disegno, perché lo ha visto una volta sola, e conteneva solo il letto.
«Ho visto l’elaborato abbozzato – spiega l’insegnante – il ragazzo voleva disegnare un “bel letto”, poiché era di famiglia disagiata e dormiva su una branda. Ho attribuito a questa situazione il suo “sogno”. Non avevo elementi per pensare che il ragazzo facesse qualcosa da turbare i suoi compagni. Se avessi visto l’opera terminata ne avrei discusso con lui il perché, senza per questo punirlo, soltanto a fine educativo-didattico. Invece, finito il disegno, senza che io lo esaminassi, lo ha affisso, come era consuetudine. Soltanto quando sono stata interrogata dal giudice ho visto il disegno terminato».
Viene anche interrogato il bidello, Renato Falcin, per capire se qualcuno può aver aggiunto particolari osceni al disegno dopo la fine delle lezioni. Don Goggi dichiara al giudice che il disegno dopo che è stato staccato, è stato messo nel suo cassetto. Viene chiamato a deporre anche Franco Nozza, direttore di un quotidiano milanese (presumibilmente Il Giorno) che afferma di aver intervistato una signora di Castelnuovo Scrivia che il disegno lo aveva visto, ma non a scuola.
La questione non è da poco. Se il disegno è stato fatto uscire dalla scuola, e mostrato in giro, allora anche altri devono rispondere del reato di diffusione di immagini oscene.
La professoressa Vescovo è difesa da due legali: l’avvocato Fracchia, che è anche onorevole per il Pci, e l’avvocata Guidetti Serra. Per il primo difensore, non è possibile sostenere con certezza che la professoressa conoscesse il disegno, così come non c’è prova che lo stesso non sia uscito dal cassetto di Don Goggi.
Per Guidetti Serra la condotta della professoressa è stata giusta: «per la libertà didattica e il diritto di libera espressione del discente, il disegno, anche se osceno, doveva essere affisso, poi l’insegnante avrebbe dovuto discuterne con l’alunno»
Al termine del processo la professoressa viene assolta per insufficienza di prove. I suoi legali presentano ricorso, vogliono la piena assoluzione, che arriverà dalla corte di appello di Torino nel 1976.
Ma c’è anche un’altra teoria, sotto questa storia di 50 anni fa. La scuola Manzoni è al centro del mirino per le sue posizioni troppo libertarie. Quando decide di organizzare i corsi di educazione sessuale, c’è chi decide che occorre fare qualcosa per fermare i professori troppo progressisti. Il disegno viene strumentalizzato, anche con l’aggiunta di particolari che lo rendono più esplicito. Insomma, una campagna montata ad arte, sulla pelle del ragazzo e della professoressa, per screditare le idee più progressiste.
Il preside Carlo Lugano, di idee profondamente progressiste definito da un giornale locale “il preside più amato e odiato d’Italia” per le sue idee innovative quali il corso di educazione sessuale e l’abolizione degli esami di riparazione a settembre, morì ancora prima di vedere assolta la sua professoressa. A Tortona, c’era chi diceva che morì di crepacuore per le polemiche.
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