“E venne il giorno della Libertà”, l’ultimo libro di Lorenzo Robbiano

Incontriamo Lorenzo Robbiano e parliamo delle sue montagne di libri, giornali, carte e del suo nuovo libro “E venne il giorno della Libertà”, in uscita per le Edizioni Epokè. Il 21 aprile verrà presentato ufficialmente presso la Biblioteca civica di Novi nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile.

Ma quanti libri hai?
“Non lo so, non sono catalogati, ma ti assicuro che nel mio caos, ci capisco. Ma poi ci sono tanti altri documenti nel mio personal computer, quelli, a modo mio, li ho catalogati”.

Quanti libri hai scritto finora? Questo è l’ultimo?
(Sorride sibillino, cosa più unica che rara) Replica, “… in ordine di tempo è l’ultimo…”. Non proviamo a chiedere se ce ne sarà un altro, tanto non risponderebbe. 
“Sono più di venti i miei libri, mi pare. Senza contare quelli che ironicamente chiamo i miei “samizdat”, piccole pubblicazioni stampate in poche copie e mezzi, riservate a parenti e amici”.

Come nasce “E venne il giorno della Libertà”?
“In primo luogo nasce dal mio amore per Novi. Se non tutti, una buona parte dei miei libri sono dedicati alla città dove sono nato e vivo da oltre …tanta anni. In realtà, questo come altri, nasce da molto lontano. In particolare, quando i miei figli erano piccoli li portavo alle diverse celebrazioni del 25 aprile, ogni volta mi chiedevo se quelle manifestazioni fossero efficaci per loro, se sentir parlare di caduti, di battaglie, più o meno epiche, avesse un senso per loro. La cosa non mi convinceva. Sia chiaro non è che non bisogna celebrare quei fatti, tutt’altro, ma la domanda che spesso mi facevo era se un giovane, in quel caso dei bambini, potevano essere coinvolti da quei discorsi spesso retorici”.

Mi pare di capire che il taglio del libro è quindi diverso?
“Con il tempo mi sono accorto che i miei figli erano molto più interessati a sapere come vivevano le persone durante quegli anni, la vita che facevano i loro nonni, peraltro di classi sociali e con esperienze di vita, anche politicamente, del tutto diverse. Mi stupiva la loro curiosità quando mi chiedevano il significato di un monumento o di una targa viaria. Nel libro c’è anche una parte documentale, ma che ho utilizzato a supporto della parte principale della pubblicazione. Un racconto”.

Capito, ma ora parlami del libro, non tenermi sulla corda.
“Nella parte principale ho cercato di raccontare cosa era successo a Novi durante il ventennio fascista, come vivevano le persone, le angherie che subivano, magari perché avevano posato un fiore rosso sulla tomba di un’antifascista caduto. Le purghe all’olio di ricino e così via. Ho cercato di raccontare, nei limiti del possibile, come si è formata la Resistenza in città e sui monti. Le feste per la Liberazione di Novi, con le ragazze che lanciavano i fiori ai partigiani che sfilavano per le vie di Novi e i ragazzi che “facevano casino”. Guarda caso i maschietti facevano casino, perché finalmente potevano farlo, prima dovevano sfilare vestiti da balilla.
E’ stata una lunga ricerca, difficoltosa anche perché, com’è facile comprendere, nel ventennio esistevano solo le voci ufficiali, chi non era allineato con il regime non poteva avere mezzi di espressione. Pensa che gli oppositori al regime, per farsi sentire, scrivevano volantini su carta velina duplicati con la carta carbone. Succedevano cose che la grande maggioranza dei novesi non sapeva e non mi riferisco soltanto agli arresti e alle torture. A Novi esisteva una clinica partigiana clandestina, un campo di internamento degli zingari, come venivano classificati dal regime, ma c’era anche chi protestava, lasciando sulla porta di ingresso della caserma della G.N.R., in occasione dell’anniversario della marcia su Roma, un enorme cacca, dedicata al Duce”.

L’intervista è terminata, mentre ci congeda dice che pensa di essere riuscito a riportare nel libro la localizzazione in città degli insediamenti fascisti e nazisti nonché i primi focolai di Resistenza. Leggeremo.

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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