Scrivere non è cosa da tutti, anzi. E il fatto che oggi molti scrivano, me compresa, non significa che possa essere fatto in modo automatico, senza un pensiero sottostante e una responsabilità né, aspetto ugualmente grave, una preparazione attenta che preveda almeno (e mi sembrerebbe il minimo) le basi di grammatica.
Quando si scrive, lo si fa sempre «per dire qualcosa a qualcuno» (Umberto Eco) e quel qualcuno io credo che meriti quel rispetto che si sostanzia prima di tutto nella correttezza dell’uso della nostra lingua. Il rispetto è parte essenziale della vita, regola i rapporti tra gli esseri umani ed è fortemente legato al ruolo che si ricopre; perciò, se io scrivo qualcosa che so sarà diffuso e letto, non posso prescindere dal ruolo che ricopro in quel momento e che inevitabilmente riveste un carattere di influenzabilità sull’altro che legge.
Questo significa che avere qualcosa da dire non è sufficiente per scrivere un articolo (quando non addirittura un libro): per quanto quel qualcosa possa essere a mio parere interessante, esso perde di leggibilità nel momento in cui, ad esempio, non metto la h alla prima persona singolare del verbo avere, o scrivo fa, terza persona singolare del verbo fare, con l’accento, o ancora il po’ si ritrova sulla testa della o un accento inopportuno. Per non parlare dell’uso corretto del congiuntivo, evidentemente sconosciuto ai più.
Ora, io stessa non sono esente da errori, non sono qui a fare una lezione di italiano per la quale non ho le competenze; il mio tallone di Achille risiede da sempre nell’uso corretto della i (efficace ed efficiente, per intenderci), motivo per cui controllo sempre di non aver preso una cantonata, anche se per errori di questo tipo esiste il correttore automatico. Nel caso di altri errori, come quelli citati più sopra, invece, significa proprio che non si conoscono le basi dell’italiano, ma se io sono solita scrivere, significa anche che leggo, e che leggo tanto (e se non è così, fate un favore all’umanità e dedicatevi ad altro che non sia la scrittura), per cui certi errori non sono accettabili e continuo a pensare che siano il frutto di una mancanza di rispetto e considerazione verso il lettore. Se quando si scrive lo si fa senza pensare a quest’ultimo, allora meglio non farlo, non abbiamo bisogno di una scrittura egocentrica e masturbatoria e lo scrivere per una testata minore o per un pubblico sparuto non ci solleva da questa responsabilità: leggesse anche solo una persona, è nostro dovere scrivere in maniera corretta.
Senza dimenticare che gli errori catturano l’attenzione proprio perché sono tali; quindi, distraggono e il contenuto rischia di passare in secondo piano, di fatto impedendo di comunicare ciò che si desidera. Io rileggo diverse volte ciò che scrivo (provate solo a pensare a quanto rileggerò questo articolo, a proposito di responsabilità) e lo faccio sempre a partire da una posizione di dubbio prima di tutto nei confronti di me stessa, poiché sono fortemente consapevole che per quanto io abbia studiato e legga continuamente, l’errore è sempre in agguato. Non penso di essere né più intelligente né più stupida di altri, mi considero in un’onesta e sincera media e so che dubitare è condizione necessaria per mantenere vivo il desiderio di apprendere e migliorare se stessi. Diffido di chi è troppo sicuro di sé, «dubito sempre di chi non dubita di niente» (R. Gervaso), e se non si tratta di eccessiva fiducia in se stessi ma di un’inconsapevolezza (termine femminile, che quindi vuole l’apostrofo dopo l’articolo indeterminativo) del proprio non sapere, allora stiamo messi peggio di quanto credessi.
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4 commenti su “Gli errori di grammatica sono come il gesso che scricchiola sulla lavagna: fanno venire i brividi.”
Comments are closed.
Daria ha espresso un concetto basilare..vuoi scrivere? Devi farlo in maniera corretta, poiché gli sfondoni e gli orrori di ortografia non si possono vedere sugli articoli di giornale,sui blog o peggio ancora nei libri di testo.
Dare la corretta interpretazione non basta,bisogna usare l’italiano in maniera impeccabile.
Un paio di osservazioni al commento di Marco Rossi.
“concetto basilare..vuoi scrivere?”
I puntini di sospensione sono tre, devono essere uniti alla parola che le precede e dopo va inserito uno spazio:
“concetto basilare… vuoi scrivere?”
“articoli di giornale,sui blog”
“non basta,bisogna usare”
Dopo la virgola va inserito uno spazio.
Ringrazio il signor Fioravante Patrone,che indubbiamente ne sa più di me, per il cortese appunto. Ci tengo però a dire che io normalmente leggo molto, ma non ho la pretesa di scrivere articoli o libri.
Mi si perdonerà quindi qualche spazio e puntino in meno.
A parte gli errori di grammatica , che tutti fanno e per questo ci sono dei programmi di correzione automatica (come detto sopra) o amici che aiutano perchè alcuni s’improvvisano scrittori ; certi termini come “masturbatoria” annullano il contentenuto benchè pratico è una caduta di stile!
Anche perchè l’Accademia della Crusca spesso ha definito nelogismi , alcuni presunti errorri per il “secondo me”.
La libertà di espressione è anche quella di sbagliare(involontariamente o no) , nessuno ci obbliga a leggere questo o quello .
Il rispetto è di chi scrive , magari di corsa , fra lavoro e facende quotidiane oppure non si è pratici nell’uso della tastiera.
Occhio allo stile per non esasperare le persone ben intenzionate e ostacolare la comunicazione libera.
Saluti
PS
I sapientoni non piacciono a nessuno