Sarà in scena fino all’11 giugno al Carlo Felice di Genova l’opera buffa in tre atti “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti su libretto di Giovanni Ruffini, con la partecipazione dei solisti dell’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale dell’Opera Carlo Felice Genova diretta da Francesco Meli.
Don pasquale sarà interpretato da Omar Cepparolli e Davide Maria Sabatino (7, 9, 11), il dottore Malatesta da Nicola Zambon e Francesco Samuele Venuti (7, 9, 11), Norina da Maria Rita Combattelli, Angelica Disanto (7, 10) e Silvia Caliò (8, 11). Maestro concertatore e direttore d’orchestraFrancesco Ivan Ciampa, la regia è di Andrea Bernard.
La leggenda narra che la composizione di Don Pasquale sia avvenuta in soli undici giorni. Quale che sia la verità, è accertato che il lavoro fu terminato in tempi brevissimi. Donizetti arrivò a Parigi nell’autunno del 1842 su invito del Théâtre Italien e si mise al lavoro con Giovanni Ruffini, letterato mazziniano rifugiato all’estero per scampare alla pena capitale. Il soggetto fu tratto da un’opera di qualche decennio precedente, Ser Marcantonio di Stefano Pavesi su libretto di Angelo Anelli. Durante la stesura del libretto il compositore impose modifiche radicali al testo di Ruffini, che proprio per questo motivo si rifiutò di firmarlo (sulla partitura originale compare invece la firma di Michele Accursi, anch’egli ex mazziniano rifugiato a Parigi, e in questa fase mediatore tra Donizetti, Ruffini e il Teatro). La prima si tenne il 3 gennaio successivo, l’opera ottenne discreto successo e venne ripresa appena un mese dopo anche al Teatro alla Scala.
Uno degli aspetti più accattivanti del soggetto è che vengono ripresi diversi stilemi della commedia d’arte italiana del Settecento, per poi essere elaborati in una nuova ambientazione e con una assai più specifica caratterizzazione psicologica e giungere quindi ad una narrazione da romanzo ottocentesco. La trama ruota attorno al personaggio di Don Pasquale, scapolo ricco e anziano che prende moglie pur di non lasciare la propria eredità al nipote Ernesto. Quest’ultimo infatti vuole sposare Norina, giovane vedova poco abbiente, invece che una ricca signora. È grazie alle trame del Dottor Malatesta, che architetta un matrimonio improbabile coinvolgendo la furba Norina, che i due giovani innamorati potranno infine sposarsi senza essere diseredati. Il cuore pulsante dal quale si sviluppa l’intera drammaturgia dell’opera è l’ambientazione borghese. La vicenda si svolge nella Roma di inizio Ottocento; Don Pasquale è un borghese, nella sua cultura i soldi rappresentano lo status sociale e determinano nel profondo la sfera identitaria della persona. La controparte a Don Pasquale è Ernesto, che non si rispecchia affatto nel valore borghese del denaro e vuole seguire i sentimenti anche a costo di intaccare il proprio status e quello dello zio di conseguenza. Norina vive meno contrasti, l’amore che desidera è anche il mezzo che le permetterà di raggiungere la ricchezza che non ha mai avuto. Il Dottor Malatesta agisce super partes come vero regista – a tratti quasi indifferente agli affetti in gioco – muovendo gli altri personaggi a proprio piacimento nell’affermazione di una propria superiorità intellettuale. L’arco narrativo si compie in un lieto fine amoroso che però è anche il definitivo disinganno di Don Pasquale nel suo sogno borghese, ed ha per questo un sapore agrodolce.
La linearità solo apparente della trama si inspessisce proprio grazie alle molte sfumature di caratterizzazione dei personaggi, che si delineano in modo chiaro sin dal primo atto per poi articolarsi ulteriormente. Sul piano musicale emerge a pieno la maturità di Donizetti – Don Pasquale è il suo penultimo titolo – che con una maestria senza pari passa da espressioni di grande leggerezza e malizia alla più sconsolata malinconia. Con Don Pasquale Donizetti raggiunge una propria vetta stilistica che lascia spazio al comico e al tragico, al riferimento alla tradizione (in particolare alla musica di Rossini) e all’elaborazione del proprio linguaggio musicale.
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