Il tema della realizzazione di un Museo civico, negli anni è spesso tornato alla ribalta. Mi rendo conto che l’Amministrazione comunale, insediatasi da poche settimane, abbia ben altro a cui pensare: ci sono urgenze molto importanti, meritevoli di massima attenzione ed iniziative puntuali.
Tuttavia, l’esperienza insegna che è sempre bene progettare, anche in assenza di risorse, in modo da essere sempre pronti a partecipare a bandi e/o concorsi, grazie ai quali si potrebbero tradurre in realtà “sogni nel cassetto”: ne è specifica testimonianza l’esperienza del Museo dei Campionissimi.
In tale occasione, le norme europee stabilivano che i fondi a disposizione erano finalizzati a progetti per lo sviluppo del settore turistico, considerati i processi di deindustrializzazione e le aree siderurgiche dismesse. Una norma che pareva scritta proprio per l’area ex Ilva di via Ovada; nello specifico, i fondi europei potevano essere spesi soltanto in quell’area, pena la perdita degli stessi. Pertanto ritengo che progettare, stimolare idee innovative, elaborare percorsi, non sia una perdita di tempo, bensì una delle prerogative fondamentali di qualunque Amministrazione comunale moderna.
Stimolato dall’articolo pubblicato sul Moscone sabato scorso, espongo alcune considerazioni che potrebbero portare alla costituzione di un Museo civico diffuso.
- Il nostro pregevole centro storico, con la sua “galleria d’arte all’aperto” rappresentata dai palazzi dipinti, caratteristica pressoché unica nel basso Piemonte, è e può essere uno dei motori per rilancio del commercio e del turismo. Di ciò bisogna essere consapevoli: senza una forte valenza turistica pare assai difficile pensare ad un rilancio del commercio, oggi in crisi (basta passeggiare lungo le vie del centro per rendersene conto).
- Il Teatro Romualdo Marenco può e deve essere parte di tale processo e la sua programmazione deve essere volta ad attirare ed accogliere anche spettatori provenienti da fuori città. La stessa storia del teatro è motivo di grande attrattiva, a condizione che non lo si consideri un “contenitore” entro il quale rappresentare e finanziare le proprie produzioni, siano esse teatrali o musicali.
Ad esempio, la struttura potrebbe divenire sede del Festival Marenco e del relativo Concorso, con miopia dimenticati negli ultimi anni; però la vecchia impostazione dovrebbe essere superata, rivista e riorganizzata, diretta, ad esempio, alla valorizzazione dei giovani musicisti emergenti, proprio nel solco tracciato molti anni fa dallo stesso illustre Romualdo Marenco e coinvolgendo nel percorso gli oltre settanta Conservatori musicali italiani. Egualmente, per la prosa si dovrebbe guardare al mondo degli artisti teatrali emergenti, naturalmente senza trascurare la stagione teatrale tradizionale.
- In questo contesto si potrebbe inserire la costituzione del Museo civico diffuso, che dovrebbe trovare la sua sede principale al piano nobile di Palazzo Pallavicini (nonché nell’ammezzato e al piano terra, ove potrebbero essere ubicate Reception e Ufficio informazioni). Palazzo Pallavicini effonde storia cittadina: fino a pochi mesi fa è stato sede dell’Amministrazione comunale e, a partire dalla fine del 1700, cuore pulsante della Città non solo dal punto di vista amministrativo, ma anche culturale, storico e sociale. Innumerevoli sono stati gli atti amministrativi compiuti nelle sue stanze, colà si sono “consumati” secoli di storia novese.
Fino al 1985-86, nel Salone di rappresentanza si sono svolte le sedute del Consiglio comunale e sono state assunte decisioni importanti. Il Palazzo è stato, fino a pochi mesi or sono, sede del Gabinetto dei diversi Sindaci o dei capi dell’Amministrazione, succedutisi dalla fine del 1700; nel salone citato si sono svolti importanti convegni e congressi, quali, ad esempio, il XII Congresso Subalpino del 1909, in cui si decise di apporre, sotto lo stemma comunale, la dicitura “IN NOVITATE VIVAM”; nel 1859 il VII Congresso nazionale delle SOMS del Regno di Sardegna; nel 1915, invece, il Congresso fondativo della Croce Rossa novese. Sempre a Palazzo Pallavicini, il 27 aprile 1945, il Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale novese prese possesso del Municipio, segnando ufficialmente la fine del fascismo in città.
Non ultimi, Girardengo e Coppi venivano festeggiati in tale salone dopo le loro vittorie, così come Tonina Torrielli, dopo le sue varie affermazioni canore. Inoltre, non vanno dimenticate le significative lapidi poste nell’androne del Palazzo medesimo.
Per tali motivazioni, sarebbe delittuoso se Palazzo Pallavicini non divenisse il fulcro del Museo civico cittadino, dimenticando la storia vissuta al suo interno: il Palazzo è parte fondamentale della storia novese.
- Un museo diffuso. Palazzo Pallavicini, dunque, potrebbe essere il capolinea di un percorso nella storia della città, che si snoderebbe lungo le vie cittadine (attraverso la conoscenza dei palazzi dipinti, degli edifici religiosi, del Teatro, dei monumenti, della Torre e del parco Castello, ecc.); un altro capolinea potrebbe essere il Museo dei Campionissimi, la cui struttura recuperata porterebbe a parlare, in un Museo civico diffuso, anche della storia industriale ed operaia della città (a tale proposito si potrebbe anche segnalare l’ubicazione delle filande, che, per tutto il XIX secolo, hanno costituito lo sviluppo economico di Novi).
Il contenuto delle stanze al piano nobile di Palazzo Pallavicini, naturalmente, è tutto da studiare; confido nel fatto che molti novesi potrebbero contribuire con idee e materiali, come già accaduto in altre circostanze, quali ad esempio il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. L’Archivio storico cittadino e la Biblioteca civica costituiscono una autentica miniera di documenti utili per ricostruire possibili percorsi; queste due importanti realtà potrebbero essere implementate grazie a donazioni dei novesi (donazioni di cui, necessariamente, occorre citare sempre l’origine); per quanto concerne la parte documentativa cartacea e fotografica, questa, se digitalizzata, potrebbe essere messa a disposizione di studiosi e visitatori.
- Tanto per iniziare. Sarebbe importante costituire un comitato promotore ed uno scientifico, entrambi scevri da protagonismi e personalismi, che elaborino un progetto preliminare, a cui successivamente dare impulso realizzativo. In questo ambito, sarebbe altresì importante coinvolgere insegnanti e studenti delle Scuole superiori; dai ragazzi, in particolare, per la valorizzazione della storia cittadina potrebbero arrivare idee innovative grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. In tempi brevi potrebbe essere bandito un concorso nelle Scuole cittadine, dall’ipotetico titolo “IL MUSEO CIVICO CHE VORREI”, indirizzato ad ogni ordine e grado di scuola; in particolare, le Scuole superiori potrebbero perseguire la ricostruzione della storia cittadina attraverso ricerche nell’Archivio storico e nella Biblioteca civica e altre fonti presenti in città, sempre rigorosamente da citare. I lavori potrebbero poi essere resi pubblici (con mostre e convegni), creando un primo momento di coinvolgimento dei cittadini, proprio a Palazzo Pallavicini.
Ultima considerazione: occorre utilizzare i fondi per la rigenerazione urbana. Potrebbe essere occasione per lanciare un progetto molto ambizioso e che, per tale ragione, non può essere improvvisato, ma che deve utilizzare tutte le risorse disponibili in città, coinvolgendo l’intera cittadinanza e, in particolare, le attività del settore commerciale e turistico nonché le realtà culturali. Bisogna rendere consapevoli tutti i settori della unicità storica di ogni città, e che tale unicità costituisce elemento di forza per la rinascita di ambiti economici disparati. Infatti, non ci si può illudere che per rilanciare commercio e turismo sia sufficiente allestire un nuovo arredo urbano o promuovere una qualche iniziativa estemporanea: non si vogliono sottovalutare tali interventi (purché non abbiano caratteristiche insignificanti, o, peggio, volgari), ma essi tendono ad avere risultati molto fugaci. Nulla vieta che privati cittadini, con proprie risorse, possano organizzare eventi.
Si può pensare che quanto espresso appartenga alla categoria dei sogni; a ridimensionare i sogni si è sempre in tempo, ma solo stimolando i sogni nascono le idee forti. Senza la forza del sogno si realizza solo l’effimero.
Lorenzo Robbiano
P.S.: le fotografie sono tratte dalla pagina ufficiale del Comune di Novi Ligure e dalla pubblicazione Monumenti di Novi; l’immagine del Teatro R. Marenco dalla collezione della Fondazione del teatro stesso.
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Un commento su “La storia di ogni città è unica. Alcune idee per un museo civico diffuso”
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La mia è banalmente per ringraziare Lorenzo Robbiano di rinverdire un idea che ritengo essenziale per un rilancio della città, che nel programma delle liste che mi sostenevano nella candidatura a Sindaco era al centro dell’attenzione.
Magari meno ricca di approfondimenti culturali e storici e più ricca di elementi che attraverso il marketing turistico territoriale ridurrebbe minore quell’effetto che talvolta la più nobile espressione culturale causa su un movimento turistico di maggiori dimensioni.
In pratica vestendola di attraenti “abbellimenti” ed “emotive esperienze” potendo così favorendo la creazione di un prodotto di consumo condiviso da grandi masse.
Certo è che se in un ambiente modernamente predisposto per il turismo ci si ponessero le potenti capacità della storia raccontata da voci come quella di Renzo sarebbe un ulteriore occasione per lasciare qualcosa di significativo ricordo nei visitatori.
In pratica una volta tanto il sacro ed il profano si dovranno mettere d’accordo.