Le “meline” del centro destra novese

Non si tornerà sul clamoroso flop di colui che aveva ricoperto la carica di Presidente del Consiglio durante gli anni bui della Giunta di centrodestra, il quale, durante la prima riunione del nuovo Consiglio, aveva letto una carta che non era l’ordine del giorno ufficiale, bensì qualcos’altro di non meglio specificato (forse la convocazione per l’assemblea di condominio).

Non si parlerà neppure della vibrata denuncia dal sapore dolciniano, secondo la quale in città mancano i servizi igienici pubblici, a cui si dovrebbe rispondere con una frase tanto cara ad un ex Assessore al bilancio, che ripeteva instancabilmente alla allora minoranza di sinistra: “Perché non li avete fatti voi?”. Forse, in tre anni di governo del centrodestra, uno straccio di cesso si sarebbe potuto costruire: sarebbe stata una piccola opera, anzi piccolissima, non certo paragonabile al (loro) amato ponte sullo stretto di Messina.

Il passato, per fortuna, è passato. Se si guarda al presente non si può che registrare l’attivismo della minoranza di centrodestra novese (a volte nemmeno completa, cfr. la nota a margine), la quale presenta emendamenti procedurali in cui vorrebbe vietare, o quantomeno stigmatizzare, che un Consigliere comunale eletto non possa rinunciare alla carica, per offrire il proprio contributo civico in un’azienda partecipata. 

Parrebbe proprio si voglia far perdere tempo alla massima assise cittadina per ritardare il governo della Città. Se la faccenda potrebbe aver senso politicamente parlando, non ne ha, invece, dal punto di vista formale e giuridico. A proposito di questioni politiche: si rammenta che nella precedente legislatura il Consigliere Dolcino, per legge, si era dimesso per assumere la carica di Assessore al commercio (forse in virtù del fatto che, in precedenza, preparava caffè in piazza del Maneggio) e che, dopo la” brillante performance”, si era dimesso (spintaneamente?) ancora una volta, per poi (miracolosamente) assumere un incarico in un’azienda partecipata comunale (non è dato sapere se per andare a preparare i caffè).

L’ultima trovata della minoranza è stata quella di contestare l’operato della Presidente del consiglio, “rea” di non aver concordato con i Capigruppo l’ordine del giorno del Consiglio comunale; il Presidente, invece, ne ha facoltà, e pare proprio non sia scritto da nessuna parte che l’ordine del giorno debba essere concordato. Non ci si ricorda se il suo predecessore agisse nella maniera oggi richiesta dalla minoranza consiliare; si ricorda invece perfettamente l’episodio in cui la minoranza non era stata neppure considerata, pur in presenza del numero legale in aula, episodio da cui era scaturita la ormai celebre debacle della Giunta Cabella il 1° luglio 2022. Dunque, da che pulpito? 

Peraltro risulta incomprensibile l’atteggiamento conflittuale (per essere gentili) dell’ex Presidente del Consiglio nei confronti dell’attuale, quasi volesse insegnarle a svolgere il ruolo che lui, anticipatamenteha perduto. Considerate le performance dell’ex (ci perdoni se insistiamo citando che Egli è ex) nei tre anni in cui ricopriva la carica, l’attuale Presidente, da lui, non ha proprio niente da imparare.

Un altro dubbio sorge spontaneo: la minoranza consigliare vuole continuare a fare “melina”, ovvero traccheggiare (da dizionario: indugiare, prendere tempo per rimandare una decisione) su questioni irrilevanti, se non, addirittura, inconsistenti? Cui prodest? No “prodest” di certo alla Città!

In realtà, tra le delibere che la Presidente aveva inserito nell’ordine del giorno, ce n’era una riguardante il riequilibrio dei conti di bilancio che doveva, per legge, essere approvata entro il mese di luglio. Il tentativo di traccheggiamento era forse teso a ritardarne l’approvazione? In tale delibera, per esempio, si parlava della spesa per realizzare in tempi brevi un certo numero di asfalti su alcune vie cittadine in stato di degrado. Era forse questo l’obiettivo nascosto? Una sorta di ostruzionismo strisciante?” A pensare male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca” (Cfr. G. Andreotti).

Potrebbe persino essere un atteggiamento comprensibile, motivato dalla sonora sconfitta elettorale: un disastro per chi, dopo un’attesa di circa settanta anni, si era illuso di aver conquistato – come si diceva ai tempi – il Palazzo d’inverno, ma che, in realtà, è stato sfrattato anzitempo per scarsa capacità di governare e tenere unita la propria maggioranza. Egualmente, si può comprendere la delusione di chi ha tentato, per ben quattro volte, di diventare Sindaco, ma è rimasto, per altrettante volte, fuori dalla … Porta. 

C’è solo da sperare che, dopo il caldo afoso, con l’arrivo della frescura autunnale Lorsignori riflettano e si rendano conto che l’attuale modo di procedere ha il fiato corto, e che la politica del “tanto peggio, tanto meglio”, può durare quanto “un sogno di una notte di mezza estate”.

Ruggine

In casa centrodestra, in ogni caso, si confermano le ruggini di antica memoria: mentre nell’atrio di Palazzo Pallavicini si svolgeva una conferenza stampa convocata dai quattro Consiglieri di Forza Italia e Lega, al piano nobile del Palazzo si svolgeva la conferenza dei Capigruppo, assenti i quattro suddetti poiché “feriti nell’onore”, ma ben presente il Mungitore, eletto nella lista di Fratelli d’Italia. Il quale, poi, nella seduta del Consiglio, più volte si è differenziato dagli altri Consiglieri di centrodestra, votando a volte a favore, a volte astenendosi, sulle delibere. Significativo infine l’abbandono dell’aula consigliare da parte dei “quattro” sulle variazioni di bilancio Ci asteniamo dal commentare l’accaduto… i comportamenti parlano da soli.

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