Siamo nel passaggio tra un anno e l’altro, in transito tra ciò che conosciamo poiché vissuto e ciò che ancora non sappiamo cosa e come sarà. Se a livello reale non è certo un giorno a fare la differenza, lo è a livello psicologico, nel rispetto di due riti ampiamente riconosciuti e condivisi: fare a Capodanno ciò che si vorrebbe fare tutto l’anno, ma solo per amore di rima, e stilare l’immancabile lista dei buoni propositi, “da domani”, che peraltro è pure lunedì, quindi un momento ancor più propizio.
Di questi due riti è il secondo quello cui ci dedichiamo con maggiore impegno, più che altro al fine di mettere a posto la nostra coscienza in una sorta di bonifica finale. E non importa se tali propositi verranno immancabilmente disattesi, ciò che conta è averli fatti con la convinzione che proprio questo nuovo anno, a differenza di tutti gli altri, sarà diverso (siamo tanto bravi a mentire a noi stessi). E se questa volta provassimo a guardare al passaggio da un’altra prospettiva? Se invece di pensare a ciò che vorremmo avvenisse “da domani”, pensassimo a ciò che è stato “ieri” e, anziché pensare a ciò che vorremmo avere/essere, ci concentrassimo su ciò che dovremmo lasciare andare?
In fondo, ciò che siamo e saremo dipende strettamente da ciò che siamo stati, e identificare ciò che non desideriamo più ci avvicina di un passo a provare a trasformarci nella versione migliore di noi stessi (che potrebbe sembrare un buon proposito ma è in realtà, almeno per me, un dovere sociale e personale). Proviamo allora a pensarci; io mi limiterò ad alcuni suggerimenti di per sé banali ma proprio per questo troppo spesso trascurati.
Lasciamo andare la paura di sbagliare: è inevitabile fare errori, meglio guardare ad essi come a dei segnali che ci indicano ciò che non funziona aiutando a modificarci.
Lasciamo andare il dipendere dal giudizio altrui, tanto non possiamo controllare i pensieri degli altri; piuttosto concentriamoci sui nostri e sulla loro evoluzione.
Lasciamo andare il bisogno di cambiare gli altri e dedichiamoci a noi stessi, che è ciò su cui abbiamo potere. E se vogliamo che qualcosa cambi, ricordiamoci ancora di partire da noi: proviamo ad essere di buon esempio invece di predicare bene per poi razzolare male.
Lasciamo andare autocommiserazione e lamentazioni, perché non sono altro che ladri di energia vitale, sia della nostra che di chi ci circonda (e che prima o poi si stuferà di noi, con molta ragione). Lasciamo andare le aspettative, pensiamo di più al nostro oggi cercando di concretizzarlo in qualcosa di utile e gentile per noi e per gli altri.
Lasciamo andare il più possibile le tristezze, quelle che ci creiamo da soli in una sorta di corto circuito psicologico che non ha altro risultato che isolarci dal mondo.
Lasciamo andare la rabbia, che non fa che allontanarci mentre abbiamo così tanta necessità di vicinanza, condivisione e comprensione reciproca: non ci serve il conflitto ma il confronto, non lo scontro tra monologhi ma il dialogo.
Lasciamo andare i rancori e gli egoismi, l’arroganza e la maleducazione, ma soprattutto lasciamo andare il reiterato “sono fatto/a così”, giustificazione ingiustificata di ogni nostra nefandezza o disagio. Lasciamo andare la confusione e proviamo a costruirci uno spazio di silenzio nel quale cominciare davvero ad ascoltare tanto la nostra interiorità quanto le voci sommesse degli altri intorno a noi.
Lasciamo andare i se e i ma e proviamo a vivere come se questo fosse l’ultimo anno, e ogni giorno l’ultimo giorno, della nostra vita: cosa faremmo realmente?
Buon Anno.
PS: Lasciamo andare la spazzatura gettata ovunque lungo le strade della nostra Novi e riponiamola con cura negli appositi contenitori (sì, questo è un buon proposito).
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