La Provincia di Alessandria ha detto no al progetto di installazione di 20 torri eoliche in val Borbera. Il progetto Monte Giarolo che prevede l’installazione di venti torri eoliche alte 200 metri sull’Appennino della Val Borbera nel territorio dei Comuni di Albera Ligure, Cabella Ligure e Fabbrica Curone è stato bocciato da Enrico Bussalino, presidente leghista della Provincia di Alessandria. Questo non significa che non si farà, però.
In una riunione a San Sebastiano Curone svoltasi martedì scorso il presidente Bussalino ha dichiarato che «dopo una disamina del progetto e degli adempimenti richiesti agli amministratori locali, condotta dei tecnici provinciali Elena Biorci e Paolo Platania abbiamo unanimemente ritenuto, allo stato di valutazione attuale, il progetto devastante per il territorio e di fatto irricevibile» (La Stampa, 8/12/23).
La proposta è stata fatta dall’azienda bresciana “15 Più Energia”, e prevede la produzione di circa 150MWh. Dalla metà di novembre i documenti sono disponibili per la consultazione pubblica. Lo trovate qui https://va.mite.gov.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/9514/13966
Paragonando, a titolo di esempio, il progetto previsto per la Val Borbera con il progetto di campo fotovoltaico in progetto a Novi Ligure lungo la strada Novi Pozzolo, per produrre la stessa energia occorrerebbe un campo fotovoltaico grande 171 ettari. Senza contare il fatto, estremamente rilevante, che l’eolico produce energia anche quando il sole non c’è.
Senza entrare nel merito del progetto che riguarda il nostro territorio, una riflessione più generale però occorre farla. Da un lato siamo tutti convinti che occorra liberare il nostro pianeta dall’utilizzo delle sorgenti fossili il più presto possibile. La nostra aria è sempre più inquinata, e queste risorse sono sempre più costose e comunque le stiamo consumando ad una velocità troppo grande.
Secondo le stime del World Energy Outlook 2015 dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), agli attuali tassi di produzione, il petrolio si esaurirà in 53 anni, il gas naturale in 54 anni e il carbone in 110.
Per liberarci dalla dipendenza dalle fonti fossili, ci sono tre strade.
La prima è il ricorso alle fonti rinnovabili: eolico, fotovoltaico e idroelettrico.
La seconda è il ritorno alla energia nucleare.
La terza è smettere di consumare energia alla attuale velocità.
Ovviamente non sono strade esclusive, vale a dire che possono essere percorse contemporaneamente.
Per il progetto eolico in Val Borbera è nato un comitato di cittadini che si oppone al progetto, così come ogni volta che si costruisce un campo fotovoltaico qualcuno – giustamente – dice che nei campi bisogna coltivare, e che non vanno sottratti all’attività agricola.
Per i fautori della “strada nucleare”: pensate a cosa succederebbe se si decidesse di costruire una nuova centrale, o di rimettere in funzione una di quelle spente negli anni ’80.
Gli oppositori del progetto in Val Borbera hanno fatto presente quali sono i danni che gli impianti provocherebbero. Per portarle su nei monti occorrerebbe costruire delle strade, le pale dovrebbero essere installate su robuste basi in cemento armato, occorrerebbe scavare un elettrodotto per portare via l’energia elettrica prodotta e infine deturperebbero il panorama e le pale andrebbero a intercettare le rotte migratorie degli uccelli.
Tutto vero. Ovvio che servano delle infrastrutture.
Siamo però di fronte ad un problema già visto più volte. Se da un lato siamo tutti favorevoli alle energie rinnovabili, tutto cambia quando si tratta di realizzarle vicino a casa nostra.
Gli americani hanno coniato una parola nuova per questa situazione. Si chiama sindrome di Nimby, un acronimo che sta per “Not In My Backyard”, che tradotto in italiano significa “Non nel mio cortile”. Questa espressione viene utilizzata per descrivere l’atteggiamento di persone o comunità che, sebbene possano sostenere in teoria determinati progetti o iniziative, si oppongono quando tali progetti vengono proposti o sviluppati nelle loro immediate vicinanze o nella loro comunità.
Per indicare la degenerazione estrema della sindrome Nimby, si utilizza l’acronimo Banana che sta per “Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything” (ltraduzione: non costruire assolutamente nulla in alcun luogo vicino a qualsiasi cosa”).
Per completezza riportiamo anche esiste anche la sindrome di Pimby, che sta per per “Please In My Back Yard” (Prego nel mio cortile) per indicare quei casi in cui una comunità viceversa richiede l’installazione sul suo territorio di opere di interesse pubblico. È il caso di Trino Vercellese, dove il sindaco chiede che nel suo territorio venga costruito il deposito nazionale di scorie nucleari.
Insomma, l’eolico ci piace, ma non in Val Borbera.
Dopo tante sindromi anglofone mi viene in mente un vecchio proverbio nostrano: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
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Un commento su “Eolico, Nimby e Banana”
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Caro Andrea, diciamo che mischiare un po’ tutto non fa chiarezza. Partiamo dall’eolico della Val Borbera: come sottolinei nel tuo articolo non è tanto l’impatto delle pale che preoccupa quanto le infrastrutture che si dovranno creare per realizzarle (disboscamento, espropri, asfalto e cemento). Questo su un territorio come la Val Borbera, dove ho la fortuna di abitare da più di un anno, che è stato definito come tra i primi in classifica come densità di frane; il solo Comune di Cantalupo viaggia intorno al 90% di territorio in frana. Inoltre da anni e con fatica si sta cercando di incentivare il turismo sostenibile (vedi la struttura di Boscopiano) allo scopo di salvaguardare quel poco che è rimasto di quasi intatto nella nostra provincia.
Più complesso è l’affare Trino: entro il 2025 dobbiamo riprenderci le “nostre” scorie che momentaneamente sono stoccate all’estero. La centrale di Trino è già di per se realizzata in un territorio a sismicità elevata e nei pressi (Saluggia) si trova un deposito di materiale liquido proveniente dalle vecchie lavorazioni della centrale stessa. In occasione di una delle tante alluvioni che hanno interessato la nostra regione si corse il rischio che il deposito ne venisse coinvolto: il premio Nobel Rubbia affermò che se fosse successo ci saremmo trovati di fronte ad una catastrofe “planetaria” (rivedere le registrazioni). Credo che non sia tanto auspicabile nonostante la spinta del sindaco di fratelli d’italia che venga realizzato proprio lì il deposito che dovrebbe contenere il 95% delle scorie prodotte in Italia. La cosa potrebbe anche fare riflettere sull’opportunità di continuare ad insistere sul nucleare.