Torniamo a parlare di lavoro

Ci sono valori che creano motivazioni, nella vita, che determinano nostre scelte per programmare obiettivi come formare una famiglia, raggiungere livelli culturali, di conoscenza, di formazione, etica. Il più importante di questi valori è il lavoro. Con il lavoro, valore fondativo della nostra Costituzione, cresce la società, si sviluppano le relazioni, si impostano obiettivi evolutivi, si soddisfano desideri.

In poche parole si sviluppa ricchezza da distribuire per creare gli strumenti necessari per una vita migliore. La politica ben conosce questo tema…o meglio conosceva. Poi sono cambiate le cose e quello che sembrava un valore intoccabile e per tanti versi considerato “sicuro” oggi vive, ormai in tanti settori, una crescente precarietà che genera frustrazione e rassegnazione.
Intendiamoci, ancora oggi esistono nel mondo politico frange importanti che si battono per arginare la crescente precarietà che genera in fasce sempre più ampie vera povertà. Sento da mesi parlare di retribuzioni orarie minime, di salario minimo per garantire a tutti quei lavoratori che, non avendo una contrattazione di categoria, sono privi di una sicurezza per quanto limitata. Si, perchè anche in questo caso la nostra Italia è fanalino di coda tra gli stati europei che già oggi retribuiscono circa il doppio di quello che da noi viene proposto e, fatto governativo di ieri sulla delibera del salario minimo, colpevolmente bocciato.
Allora mi chiedo come sia possibile che un tema di questa portata, che riguarda quasi 4 milioni di lavoratori, debba passare sotto silenzio o, peggio ancora, nel dileggio della politica incartapecorita in diatribe poco edificanti. Come è possibile che un governo non riesca a vedere la portata del problema nella sua vera dimensione rispondendo con l’arroganza del suo diniego mentre si appecora  ed ingoia i diktat di banche e oligarchie.
La mia sensazione è che fra non molto tempo qualche problema di ordine pubblico lo avremo, la fame non ha mai conosciuto confini.

Proprio in questi giorni, per parlare di cose di casa nostra, stiamo assistendo al protrarsi, ormai da diversi anni, della vergognosa vicenda dell’Ilva. La chiamo così anche se ha cambiato nome e gestore che tutti sanno essere la multinazionale Arcelor Mittal. Il gruppo è ancora di proprietà dello Stato italiano ma la maggioranza azionaria della gestione è privata. Nel corso di questi anni abbiamo assistito a balletti di responsabilità con introduzione di scudo giudiziario, poi tolto, poi rimesso. Ma di sicuro c’è che il gestore ha messo in cassa integrazione il 30% del personale “sine die”, non provvede al pagamento delle spese di gestione, interamente a carico dei contribuenti italiani e impoverendo l’intero funzionamento del gruppo, non si occupa di formazione, non assolve alle spettanze dell’indotto che vedono pagamenti arretrati, per servizi già resi, a spizzichi e bocconi.
Nelle stanze dei bottoni governativi assistiamo ad un balletto macabro che denota improvvisazione assoluta. Il ministro D’Urso sostiene che in questa situazione dove lo Stato deve provvedere a tutto sarebbe giusto che lo stesso debba riprendersi il pieno possesso del gruppo. Il ministro Fitto, spalleggiato da Meloni, respinge l’ipotesi del collega e sostiene che il privato debba continuare nonostante le difficoltà. Non solo, lo stesso Fitto fa sapere che sul piano di transizione energetica, quella che dal carbone, che ha creato grandi problemi giudiziari e industriali, porti all’elettrico nei prossimi anni con ingenti investimenti, si prevedono circa 6 miliardi, si debbano disinvestire 1,2 miliardi provenienti dai fondi del PNRR mettendo in discussione l’intero progetto. Insomma un “teatrino” che non può trascinarsi all’infinito. E’ tempo che le comunità, i lavoratori, sindacati, partiti, governo e Istituzioni, riprendano con adeguata personalità ad operare per difendere gli interessi del lavoro senza accettare scorciatoie o mistificazioni. Il problema riguarda tutti e non solo i diretti interessati. La precarietà, assunta come sistema nel mondo del lavoro, è un sicuro viatico che ci porta tutti in via della Povertà.

Costanzo Cuccuru – Referente di Novi Ligure di Azione

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