Perequazioni? No, unità aziendale!

La complessa questione delle perequazioni tariffarie relative al servizio idrico si è riaffacciata prepotentemente sulla scena dopo la recente decisione del giudice di rigettare la causa di Gestione Acqua. Debbo dire che non rappresenta necessariamente una sorpresa; anzi, sarebbe stato sorprendente il contrario. Nel seguito, spiegherò il motivo di questa affermazione.

Esiste un’Autorevole istituzione territoriale che comprende i comuni della provincia di Alessandria, incaricata della gestione del ciclo idrico completo in questa Provincia. Tra i suoi compiti principali, vi è la determinazione delle tariffe applicate in quest’area. Tuttavia, per ragioni prevalentemente locali, all’interno di questa “ATO”, così si chiama, troviamo ben tre aziende che vi operano. Tale situazione rappresenta indubbiamente un’anomalia, in quanto ciascuna azienda presenta costi operativi e di investimento propri, che, rapportati al volume di acqua venduta, risulterebbero naturalmente in tariffe differenti.

Dove risiede la contraddizione? Nel desiderio di ottenere il massimo vantaggio da entrambi i mondi: unificare le tariffe all’interno dell’ATO, ma al contempo mantenere tre aziende operative, ognuna con
una dimensione territoriale distinta, programmi di ammortamento differenti, costi operativi ed esterni diversificati e volumi di vendita contrastanti. Inevitabilmente, questa situazione porta a tre diversi livelli tariffari, indipendentemente dal metodo utilizzato per determinarli.

Allora, cosa ha pensato la politica in merito a questa questione? Avrebbe potuto e dovuto considerare l’opzione di unificare velocemente le tre aziende in un’unica entità, normalizzando efficienza, efficacia e produttività, ma questa sarebbe stata ostacolata da interessi locali, nomine mancate e via dicendo. Così ha optato per l’invenzione delle perequazioni tariffarie. Questo meccanismo ha lo scopo di garantire un
equilibrio tra i costi sostenuti e i ricavi ottenuti dalle aziende che gestiscono il servizio idrico all’interno della stessa ATO. In pratica, trasferisce una parte dei ricavi dall’azienda in una posizione più vantaggiosa a quella in una posizione meno vantaggiosa, bilanciando le condizioni economiche tra le aziende e assicurando un trattamento equo per gli utenti in tutti e tre i settori.

Tuttavia, questo sistema richiede un algoritmo di calcolo “accettato”. In altre parole, prima di chiedere un intervento giudiziario, è necessario che un’autorità competente decida quale metodo utilizzare per determinare la perequazione tariffaria. Chi dovrebbe assumere questo compito? L’ATO, il Contratto di Rete (un’altra creazione burocratica-politica che si intreccia con le funzioni dell’ATO) o
forse le stesse aziende, attraverso una deliberazione congiunta sull’algoritmo di calcolo da adottare?
Questo rimane un punto aperto. Quello che è certo è che un’autorità incaricata di prendere decisioni
definitive deve essere presente, altrimenti non ci sarà mai un giudice in grado di sostituirla.

Insomma tutto questo è un problema solo politico. Mi rivolgo ai sindaci di Novi e Alessandria, due persone di valore e validi amministratori. Dite alle vostre aziende di lasciar perdere le controversie legali e cercate un accordo. Ma soprattutto, superate al più presto questa frammentazione aziendale inutile e dannosa, dando vita a un’unica azienda d’ambito. Iniziate questo percorso senza indugi. Il tempo è prezioso, e l’unità aziendale rappresenta la soluzione più logica ed efficiente per tutti.

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Giorgio Bologna

2 commenti su “Perequazioni? No, unità aziendale!

  1. Ma i cittadini novesi devono sempre pagare per tutti?
    Un tempo, Novi aveva i migliori servizi e le tariffe meno esorbitanti in Piemonte. Grazie a una azienda municipalizzata che metteva gli interessi dei cittadini proprietari in primo piano. Non solo acqua e gas, anche i rifiuti qui erano trattati responsabilmente, vedasi la discarica, poi abusata da decine di cicale foreste mentre noi facevamo le formiche, pagavamo ed eravamo autosufficenti.
    Poi abbiamo cominciato a dare agli altri: genovesi, torinesi, emiliani, tortonesi, alessandrini. Comandano tutti, qui. E cominciò la discesa della qualità delle prestazioni, e la salita dei costi.
    Credo che i novesi prima o poi si stancheranno di fare “l’albero dei plocchi”
    Non sapete cosa significa? fatevelo spiegare da qualche parvenu che pretende di insegnare il dialetto.

  2. Condivido quale provocatorio spunto il Suo articolo.
    “ Che epoca tragica quella in cui governanti mal vedenti governano dei cittadini ciechi. “
    W. Shakespeare
    PS : che mi scusera’ per la parafrasi

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