Venerdì sera ho partecipato ad uno degli incontri sulla legalità e sicurezza organizzati dall’amministrazione comunale novese; si tratta di temi, a torto o a ragione, fortemente sentiti dalla collettività, talvolta anche particolarmente abusati e che spesso si sono trasformati in veri e propri slogan utilizzati da tutte le forze politiche.
Non entro nel merito della serata, alla quale hanno partecipato sindaco, Carabinieri e Polizia Municipale, rispondendo alle domande dei presenti. In seguito all’incontro mi sono tuttavie venute alcune riflessioni sui concetti di legalità e sicurezza che vorrei condividere su questa pagina.
Cosa si intende per legalità? E cosa per sicurezza?
Non si può, a mio avviso, parlare di legalità prescindendo dai principi della nostra Costituzione. La legalità è una condizione dove esiste una norma che deve essere applicata e fatta rispettare secondo i principi di un sistema. Il concetto di legalità non ha contenuti etici o politici: si può parlare di legalità in un sistema dove la produzione normativa è conforme ai principi fondamentali della nostra carta costituzionale.
Il concetto di sicurezza è invece metagiuridico e deriva, da un lato, dalla percezione delle persone e, dall’altro, dall’efficacia nell’applicazione delle leggi e, quindi, sul versante penale, nell’accertamento e nella repressione dei reati.
Sollecito un interrogativo: l’attuale produzione normativa è in grado di assicurare la legalità per come è delineata dai nostri principi costituzionali?
Io ritengo che la risposta sia negativa, perché la produzione normativa è spesso irragionevole e viola talvolta anche principi costituzionali.
Viviamo in un sistema saturo di leggi. Si polemizza infatti sul loro numero esorbitante, sollecitando da più parti interventi di cosiddetta semplificazione, volti, ad esempio, ad introdurre la normazione per principi generali o ad effettuare raccolte sistematiche delle norme vigenti in settori omogenei.
Oggi i caratteri classici delle leggi sono spesso stravolti: assistiamo al proliferare di leggi a carattere settoriale e temporaneo a basso grado di astrattezza, fino al limite estremo delle leggi ad personam, delle leggi retroattive, nelle quali un vero intento regolativo è pressochè assente.
La risposta legislativa è tuttavia la conseguenza dei bisogni di una società sempre più instabile e diversificata, che erode sempre di più il senso di legalità. Infatti, tante più leggi determinano tanta più illegalità.
È noto che le leggi funzionano se vengono rispettate spontaneamente e per esserlo debbono essere chiare e comprensibili le ragioni che stanno alla base dell’adozione delle regole. La mancanza in grande misura dell’osservanza spontanea delle regole da parte delle persone non consente il funzionamento della giustizia.
E’ ancora il richiamo alla nostra Costituzione a delineare la linea che divide legittimità e illegittimità.
La nostra Carta, infatti, individua norme che rappresentano una frattura rispetto al passato monarchico e fascista precedente la sua approvazione e tale frattura è evidente non solo per la tassatività della forma di Stato repubblicano adottata e per il divieto di ricostituzione del partito fascista, ma anche e soprattutto perché i principi fondamentali, come quelli relativi ai diritti di libertà, uguaglianza tra i cittadini, internazionalismo e ripudio della guerra, garanzie contro gli abusi politici sono opposti a quelli professati dal regime fascista e sottratti alla revisione costituzionale.
Questo dato della nostra Costituzione “al di sopra delle parti” è tipico in tutte le Costituzioni del pluralismo (la nostra ottenne ampio consenso nella votazione conclusiva nanti l’Assemblea costituente di 431 sì contro 62 no), al contrario di quelle di parte, deliberate a stretta maggioranza, contrarie al pluralismo e destinate a vita breve e a non durare oltre il momento della presa di potere dell’altra parte.
Un monito per tutti i tentativi di riforme costituzionali di parte ai quali abbiamo assistito (e ancora assisteremo) in questi anni su sollecitazione di varie forze politiche, forze politiche che hanno evidentemente come unica ispirazione diretta di ogni loro azione quella di andare al potere e/o conservarlo, manipolando, dopo averla fugacemente intercettata, la volontà popolare
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