Qualche giorno fa il mio amico Andrea Vignoli ha lanciato sulle pagine de “Il Moscone” un dibattito su “Novi fa schifo”. Andrea, prendendo spunto da un articolo comparso su “ L’inchiostro fresco” a firma Gian Battista Cassulo, che descrive la nostra città come una landa desolata ove trionfano incuria e sporcizia e ciò a causa della deprecabile scelta anni or sono di non consentire l’insediamento a Novi Ligure dell’Outlet, in critica al contenuto dello stesso, invita ad avanzare soluzioni e proposte, rilevando che forse oggi mancano sui nostri territori imprenditori coraggiosi, come ci sono stati in passato.
Non ritengo qui di entrare nel merito della scelta fatta a suo tempo nel favorire l’insediamento dell’Outlet a Serravalle Scrivia piuttosto che a Novi Ligure, perché ormai, a questo punto, la discussione è assolutamente sterile e improduttiva.
Concordo con Andrea sul fatto che non si faccia un grande servizio al nostro territorio parlandone male e facendone cattiva pubblicità e che sia necessario studiarne la storia, le caratteristiche e le peculiarità.
A fronte di persone che ne parlano male ci sono anche riferimenti positivi della città, come ad esempio quello di Fiammetta Merlo, una giovane tortonese, laureata in Scienze dei Beni culturali, che qualche mese fa dalle pagine di “Destinazione Monferrato” ha scritto a proposito della nostra città “un gioiello chiamato Novi Ligure: Monferrato sì, ma non come te lo immagini”, aggiungendo “famosa per le biciclette e il cioccolato, incastonata tra alcuni dei paesaggi collinari più belli dell’Alto Monferrato, Novi Ligure è una città il cui passato è oggi tangibile soprattutto grazie ai caratteristici palazzi del centro”, tratteggiando in modo garbato e invitante la descrizione della città, della sua storia, delle sue bellezze e delle sue specialità gastronomiche.
Novi è davvero un gioiello, anche se oggi fatica a trovare una sua dimensione: oggi la nostra città si dibatte tra una vocazione turistica ed enogastronomica, collegata al glorioso passato dei suoi campioni del ciclismo, e un ritorno al suo passato industriale.
Ma è proprio vero che mancano imprenditori che vogliano investire sul nostro territorio?
La nostra città ha una posizione geografica strategica ed è facilmente raggiungibile dai grandi centri del Nord-Ovest, sicché mi viene difficile pensarlo.
E’ tuttavia compito della politica locale intercettare tali imprenditori e favorirne la collocazione sui nostro territorio in un’ottica di modernizzazione della città, tenendo conto che viviamo in una realtà che cambia a velocità supersonica.
Gli enti territoriali possono infatti oggi utilizzare strumenti normativi ad hoc – partenariati, programmazione negoziata – per attuare politiche di sviluppo economico del territorio, programmando interventi differenziati che impattano sull’economia locale e sulla coesione sociale.
Uno dei ruoli fondamentali dell’ente locale è proprio quello di sostenere e aiutare lo sviluppo del proprio territorio: dal suo punto di osservazione privilegiato l’ente locale è in grado di raccogliere le istanze, individuare le varie dinamiche territoriali, condizionandone e veicolandone il divenire, trasformarle in progetti finanziabili, intercettando le fonti di finanziamento.
In questo modo si creano le basi per la crescita e lo sviluppo del territorio nel suo complesso, favorendo, nel contempo, qualità urbana, con la riqualificazione di spazi e strutture, garantendo anche convivenza civile e sicurezza.
Partendo dall’analisi del nostro territorio, perché non si comincia a cambiare prospettiva, iniziando a considerare l’Outlet (che non dimentichiamo è il primo d’Europa) come una risorsa dalla quale può trarre vantaggi anche il nostro centro storico?
Ad esempio, le strutture ricettive presenti in zona sono ancora molto insufficienti per i fabbisogni dell’Outlet che in certi periodi dell’anno deve trasferire i propri clienti in alberghi a Milano.
Da qui l’istanza del territorio: realizzare strutture ricettive adeguate che possano ospitare numeri consistenti di persone.
Se poi la struttura ricettiva fosse collocata nel centro storico o a ridosso dello stesso e ci fosse una continuità nella relativa fruizione (che accordi commerciali opportuni potrebbero assicurare), avremmo un centro frequentato tutto l’anno, con sicuro aumento di locali di ristorazione e con la possibilità di riqualificazione di strutture oggi semi abbandonate.
Novi perderebbe così la sua immagine di “landa desolata” della quale purtroppo in qualche sera tutti abbiamo avuto la percezione.
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3 commenti su “Novi alla ricerca della sua dimensione”
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Fa pensare come per certa gente novi sia solo il centro storico, quando in periferia i disagi sono da terzo mondo, le strade colabrodo, tubazioni dell’acqua che scoppiano, interruzioni di elettricità, traffico insostenibile, criminalità, abbandono di rifiuti, potrei andare avanti ma sono sicuro che neanche ricordando a certa gente le condizioni del palazzetto dello sport riuscirei a togliergli dalla testa l’idea che il problema di novi sia non avere una maxi struttura in grado di ospitare degli ipotetici turisti.
Novi è morta, dovete mettervelo bene in testa e la colpa cari miei sognatori è solamente nostra che non siamo stati in grado di far sentire la nostra voce davanti a delle amministrazioni senza urege.
Hai dimenticato la moria delle vacche e l’invasione delle locuste. Non pensi di esagerare? Forse non stai parlando di Novi ma di altre città che effettivamente hanno questi problemi.
Cara Patrizia, sono perfettamente d’accordo con te. La città ha delle potenzialità che dovrebbero essere riconosciute, ma, visto qualche commento, manca proprio la cultura da parte di certi novesi per rendersene conto.
Spesso i proprietari degli immobili commerciali non si rendono conto che il commercio nei centri storici è generalmente in crisi e gli affitti vanno ridimensionati. Poi vanno imitate alcune iniziative studiate per rivitalizzare il passaggio di turisti come “Le vetrine in luce ” di Gattinara (città del vino come Novi Ligure) che prevedono altresì sgravi fiscali per chi aderisce alle iniziative.
Sarebbe Interessante, poi, se il Collegio san Giorgio fosse venduto dalla Curia a qualche catena disposta a farne un residence di lusso. Pare che il “turismo altospendente” sia in crescita nella nostra zona come testimoniano gli imprenditori del Gavi (la cui produzione maggiore è nel territorio di Novi)
Non dobbiamo dimenticare che il nostro “Petrolio” è la cultura e la nostra offerta enogastronomica.
Da anni a Novi si aspetta un museo civico che possa completare l’offerta culturale del museo dei Campionissimi . La volontà politica c’è, bisogna superare le pastoie burocratiche e le reticenze di certi dirigenti dell’amministrazione e tutto si può fare. Anche far rifiorire Novi. L’associazione “Laboratori d’arte” ,di cui faccio parte, come, penso, tutte le associazioni culturali della città sarebbero liete di collaborare a questo risveglio. Buon lavoro,