Odiare o insultare: la sottile linea tra libera opinione e discriminazione

Il 9 febbraio di quest’anno, la nota associazione per la promozione dei diritti umani nel mondo “Amnesty International”, ha pubblicato i risultati di un sondaggio da loro svolto circa l’aumento delle manifestazioni d’odio sulla piattaforma “X” (ex Twitter), contro persone appartenenti alla comunità LGBTQ+. Il sondaggio ha preso come riferimento 11 associazioni per i diritti della comunità, e 7 tra i maggiori attivisti presenti sulla piattaforma.

Dal sondaggio è emerso che ben il 60% dei rispondenti ha notato un chiaro aumento delle manifestazioni d’odio nei confronti della propria comunità, e che il restante 40% non ha notato differenze rispetto a prima, mentre nessuno ha segnalato una diminuzione di tali comportamenti. Sia Amnesty International che le associazioni prese in esame lamentano la mancanza di una qualunque presa di posizione da parte della piattaforma per limitare o abolire tali comportamenti. L’obbiettivo principale dell’imprenditore che ha rinnovato la piattaforma, Elon Musk, era di creare un social network privo di alcun tipo di censura, nel quale ognuno potesse esprimere la propria opinione. Il dibattito in questione è molto simile a quello che si è creato nel nostro paese circa la pubblicazione de “Il mondo al contrario”, “libro” firmato dal generale Roberto Vannacci. 

Tra manifestare un’opinione e discriminare qualcuno esiste tuttavia una differenza abissale che, in una società moderna, non dovrebbe lasciare spazio ad alcun dibattito. 

Basti pensare a quelli che sono i valori fondamentali dell’Unione Europea, ovvero:  Dignità (art 1-5); Libertà (art. 6-19); Uguaglianza (art. 20-26); Solidarietà (art. 27-38); Cittadinanza (art. 39-46); Giustizia (art. 47-50). Chiunque compia una qualsiasi azione che violi tali principi, viola i principi fondamentali della comunità nella quale vive. Un’opinione equivale ad un’interpretazione personale, che si trasforma in insulto quando lede i sentimenti, la dignità o l’onore di una o più persone. Sostenere che gli omosessuali e i disabili non siano persone normali (citando testualmente il candidato della Lega alle europee) è un’esternazione che mira chiaramente a minare la dignità di queste persone, posizionandole implicitamente in una categoria sociale che sarebbe in qualche modo inferiore a quella presso la quale si colloca chi sostiene tale pensiero. Stando a quelle che sono semplici definizioni, oggettive e innegabili, è quindi facilmente dimostrabile che questa “filosofia” non esprime alcuna opinione, quanto piuttosto insulta e denigra chi appartiene alla categoria oggetto dell’insulto, che si configurerà quindi di matrice razzista, omofoba, sessista, ecc.

Lasciare che qualcuno possa liberamente esprimere tali pensieri bigotti, retrogradi e denigratori, significa ledere i diritti di chi è oggetto dell’insulto, e non dovrebbe quindi essergli permesso di farlo in uno Stato o in una comunità che si definisce democratica. La nostra Costituzione, e quella Europea, non lasciano alcuno spazio di interpretazione a riguardo sull’argomento (da Codice Civile: l’onore di una persona riguarda la sua dignità personale, il suo valore nonché la buona reputazione di cui gode nella società in cui vive), e viene quindi naturale chiedersi se e quando riusciremo a far pagare a chi diffonde tali ideologie di carattere discriminatorio, tramite l’applicazione del semplice diritto, quelli che si configurano come veri e propri reati.

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Fabio Ruggiero

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