Morti sul lavoro, indignarsi non basta

La morte di Satnam Singh riaccende i riflettori sul tema degli infortuni sul lavoro. Lasciato al bordo di una strada a morire con il braccio amputato. Siamo nel 2024 è mai possibile che avvenga tutto ciò?

Indignarsi certo, manifestare perché no, ci vuole un po’ di drasticità:  non siamo di fronte ad un imprenditore, siamo al cospetto di gente che umilia l’altro, che non considera suo simile chi è un prestatore d’opera.

Voglio essere drastico: gli va tolta l’azienda e va mandato a lavorare in una miniera a vita – se ce ne sono ancora – perché noi italiani pensiamo di essere furbi, di poterla sempre sfangare, siamo il popolo di “chissenefrega”.

Quando dico che è anche una questione culturale intendo proprio questo; si è datori di lavoro certo perchè hai un capitale e lo metti a rischio ma, senza i tuoi collaboratori non vai da nessuna parte: è una questione di civiltà, di educazione, di legalità. Ed è qui la dimostrazione del guadagno facile speculando su chi ha meno, ma ha bisogno del tuo denaro, anche se misero, per migliorare la sua condizione di vita, pensando a momenti migliori.

Il lavoro nero e irregolare lo si può intercettare alle origini, basta volerlo: abbiamo leggi, contratti, addetti alle verifiche ed ai controlli, la possibilità di incrociare dati.

Il Presidente della Repubblica fa appello solenne affinchè queste morti non avvengano più. Passato qualche giorno, tutto come prima: i migranti continuano a lavorare nei campi a 4 euro l’ora ,senza contratto, senza permessi, senza una casa; sotto gli occhi di ognuno di noi, compresi gli organi preposti alle verifiche e ai controlli! 

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Silio Simeone

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