La torre, seduta 5

Buonasera Dottore, come vede oggi sono in anticipo. Seguo puntualmente il cliché del paziente che alterna sentimenti di amore e odio alla terapia, uno schema kleiniano 2.0 che oggi si può tradurre con la frase: «Oggi ci sono.. domani chissà.. e chi se ne frega della serietà».

Non so se anche lei lo nota, però mi pare un atteggiamento davvero radicato nella società moderna abituata da un po’ di tempo a correre alla ricerca costante di non si sa bene cosa per poi finire immancabilmente a ritrovarsi nell’insoddisfazione.

Terapeuta: «Questa considerazione mi sembra il riflesso della sua solita parte depressiva che troppo spesso emerge non le pare?».

Forse ha ragione Dottore, faccio ancora un po’ fatica a tenere sotto controllo questa parte di me, però mi creda, in linea con quanto è emerso la volta scorsa, voglio provare a dimostrarle che sto continuando a fare progressi.

A questo riguardo oggi vorrei raccontarle un episodio che mi è accaduto poche settimane fa. In una tranquilla serata infrasettimanale, ho sentito il consueto silenzio che avvolge il centro storico lasciare il posto a un brusio che lentamente cresceva. Incuriosita mi sono messa in punta di piedi e mi sono accorta che quel rumore proveniva dalla biblioteca civica, dove un nutrito gruppo di persone aveva preso posto a sedere all’interno della sala conferenze.

Dopo poco mi sono resa conto che alcuni oratori stavano parlando di me.. E sa qual’è la cosa stupefacente? Parlavano di un grande progetto per il mio futuro e quello del parco. A quel punto mi è apparso tutto più chiaro: le transenne e gli scavi attorno a me iniziati nell’ultimo periodo avevano un loro significato!

Terapeuta: «Non rischierà di trovare finalmente un po’ di fiducia nel prossimo e magari, già che c’è un po’ di speranza verso il futuro?».

Non mi fraintenda, dal discorso che ho ascoltato, ho compreso che nel giro di un anno ci saranno alcune cose importanti ancora da definire e quindi ci sarà ancora un po’ da trattenere il fiato prima di che io possa sentirmi davvero tranquilla che tutto vada in porto. Lei tuttavia ha pronunciato due parole che fanno risuonare in me alcune corde emotive importanti: fiducia e speranza. A titolo personale posso dirle che l’ultimo secolo non mi ha dato grandi motivi per avere fiducia e speranza.

Lei mi insegna che le relazioni buone si creano attraverso la presenza nel tempo: beh in più di 50 anni ho visto solo persone avvicinarsi per poi sparire. Ho visto iniziative e progetti fallire, decennio dopo decennio.. Anche se si dice che “la speranza sia l’ultima a morire” posso confessare che nel mio caso è ridotta ad un flebile lumicino sul punto di spegnersi.

Terapeuta: «Vogliamo tornare al punto di partenza oggi? Mi sembra che in questo passaggio lei stia smarrendo quel senso dell’umorismo condito da ironia che la contraddistingue».

Ha ragione, si dice che l’ingrediente base della resilienza sia un buon quantitativo di senso dell’umorismo; forse mi sto dimostrando ancora una volta succube della nostra cultura novese doc, da sempre impregnata di pessimismo o magari mi sto facendo condizionare da alcuni commenti fortemente critici che ho sentito pronunciare a margine dell’incontro in biblioteca quella sera, che detto sinceramente, hanno smorzato non poco il mio entusiasmo.

Sa cosa le dico però in ultima battuta? Che voglio confidare sul fatto che l’amministrazione comunale sia molto motivata a supportare il progetto fino alla fine, garantendone la buona riuscita… Perché molte chance di vincere di nuovo le elezioni dipenderanno da questa partita, il cui fischio di inizio ha appena smesso di echeggiare nell’aria.

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Alessandro Zaccheo

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