Le parole per stare bene

Qualche giorno fa ho chiesto ai volontari dell’Associazione I.R.I.S. InsiemeritroviamoIlSenso di scegliere una parola che descrivesse l’anno che stiamo per lasciare: “speranza” è stata la più citata, seguita da serenità, condivisione, gratitudine, pace, comprensione, calma, rispetto, coraggio, forza, abbraccio e perseveranza.

E poi: caparbietà, pazienza, energia, disponibilità, introspezione, consapevolezza, delicatezza, empatia, accoglienza, malinconia, rinascita, essere, tranquillità, incontro, ascolto, gentilezza, frangibilità, equilibrio, bello esserci, compassione, parola, collaborazione, armonia, salute, allegria, volontà, semplicità, resilienza, partecipazione, lacrima, amore, sorriso, amicizia, sostegno, bambini, buona volontà, indifferenza, entusiasmo e tenerezza.

Tante parole diverse per esprimere singolari e differenti sentimenti, sensazioni e ricordi di quest’anno che giunge al termine portando via con sé il bello e il brutto che abbiamo vissuto, con la speranza (eccola qui di nuovo) nel cuore che il 31 dicembre tracci un limite che il brutto non riesca a oltrepassare.
Sappiamo che non è così, ma siamo altrettanto consapevoli di dover essere protagonisti delle nostre scelte, non completamente, certo, ma per buona parte, con un grado di libertà differente a seconda delle situazioni. Ed è questa una responsabilità cui non dobbiamo sottrarci, soprattutto nell’attuale momento storico, nel quale domina l’incertezza e la sicurezza delle nostre esistenze è messa a rischio a livello globale.
Io non sono per natura pessimista, tutt’altro, mi pongo sempre da un punto di vista di osservatore non giudicante, è una deformazione professionale, guardo e rifletto e quello che vedo è che stiamo perdendo di vista noi stessi, la potenzialità dell’essere umano, quella buona, quella che si basa su due parole cardine che ho imparato a conoscere in questo 2024, segnando in me un cambiamento profondo: perdono e gratitudine.
Il perdono è un valore universale e una dimensione esistenziale per l’essere umano e gli effetti benefici del perdono sulla salute e sulla qualità di vita sono ormai ben documentati. Pensate che «il perdono migliora il funzionamento del sistema cardiocircolatorio, immunitario, nervoso e anche il benessere psicologico, oltre a consentire relazioni più soddisfacenti con gli altri, maggiore produttività sul lavoro e, in generale, una vita più serena e appagante»(fonte: G. Bormolini e R. Milanese, “Perdonare se stessi e gli altri”, ed. Messaggero, Padova 2023).
Perdonare se stessi, mi soffermo su questo aspetto che più mi preme, permette di assumere uno sguardo più sereno e libero da pregiudizi e credenze limitanti consentendo di accedere a quello spazio esistenziale fondamentale per la nostra crescita, che è quello della gratitudine, ossia la capacità di apprezzare le cose che abbiamo e le persone che ci circondano, andando oltre una visione concentrata solo o soprattutto sul negativo, sulle difficoltà e le mancanze, certo inevitabili ma che non dovrebbero essere tali da oscurare gli aspetti buoni.
Si tratta di vedere le cose sotto una luce diversa, perché la gratitudine è uno strumento potente per il nostro benessere, proprio come il perdono, due valori che divengono risorse di cura per la nostra salute psicofisica.

Perciò sono partita in questo scritto dalle parole di I.R.I.S.
Primo, perché credo fortemente che il volontariato sia un’attività di gratitudine quotidiana nei confronti della vita e delle persone, prima di tutto da parte di chi la mette in essere, oltre a essere convinta che sia quello spazio esistenziale che avrà un ruolo sempre più centrale e necessario in questa vita così incerta.
Secondo, perché io sono profondamente grata a questa Associazione, e non mi riferisco a ciò che fa quotidianamente per pazienti e familiari cui si rivolge, mi sento di considerarlo ovvio, ma parlo di ciò che I.R.I.S. ha fatto per me.

Quindi, grazie al Direttivo di cui ho la fortuna di far parte, Alessandro, Anna B., Anna G., Chiara, Elena, Marina Michela e Stefania, per avermi accompagnato a costruire benessere in condivisione, per avermi messo di fronte a me stessa insegnandomi la pazienza, la pacatezza e la possibilità di guardare con benevolenza i miei lati più criticabili, sapendomi perdonare e da lì iniziare un percorso di rinnovamento. Grazie a tutti i responsabili dei Servizi, Anna G. e Anna Gu., Luciana, Rita, Sonia e Vilma, Anna e Fernando per avermi fatto conoscere la passione per il proprio fare ed essere e la dedizione all’altro, con la disponibilità costante a mettersi in gioco sempre, anche nei momenti di stanchezza e scoramento inevitabili.
Grazie ai “bibliotecari” della BiblioIris, che si sono lanciati con me in questa avventura (loro sono il mio paracadute!) leggendo, giocando, ridendo e commovendosi insieme. Grazie a tutti i volontari, non posso nominarli singolarmente, ma loro lo sanno, per avermi dimostrato che ne vale sempre la pena, questa vita ne vale la pena, le persone ne valgono la pena, anzi, tutto ne vale la gioia.
Grazie per la fiducia e l’affetto, per la stima e la comprensione benevola e accogliente anche nei confronti dei miei lati e momenti peggiori.
Grazie per aver costruito una casa accogliente nella quale sempre poter tornare: «Certi posti hanno la capacità di trattenere le emozioni, proprio come fa un essere umano con il respiro. Poi le lasciano andare molto lentamente, e chi è in grado di percepirle le assorbe in ogni cellula del suo corpo. Ti fanno sentire a casa per sempre» (F. Ozpetek, “Come un respiro”, Mondadori, Milano 2020).

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Daria Ubaldeschi

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