I Comuni alle prese con la formazione delle liste di leva militare: un obbligo formale insensato

In questi giorni, molti Comuni italiani stanno procedendo alla formazione delle liste di leva per i giovani nati nel 2008, adempiendo a un obbligo di legge che persiste nonostante la sospensione del servizio militare obbligatorio dal 2005. La normativa che disciplina questa prassi è il D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, integrato dalla Legge 31 maggio 1975, n. 191, che stabilisce l’obbligo di registrazione dei giovani cittadini nelle liste di leva. Si tratta di un adempimento formale che coinvolge tanto i giovani quanto i loro genitori o tutori, senza però alcuna implicazione concreta in termini di reclutamento.

Chi è soggetto all’obbligo

Tutti i cittadini nati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2008, residenti o domiciliati legalmente nei Comuni italiani, devono essere iscritti nelle liste di leva. L’obbligo si estende anche ai giovani apolidi residenti in Italia. Se un giovane non provvede personalmente alla domanda di iscrizione, il dovere ricade sui suoi genitori o tutori. In mancanza di un’iscrizione spontanea, i Comuni procedono d’ufficio a includere nelle liste i giovani per i quali si reputi necessaria la registrazione.

Le sanzioni per chi non si iscrive

Il mancato adempimento a questo obbligo può configurare il reato di sottrazione alla leva, come previsto dal citato D.P.R. In teoria, le pene per chi non si iscrive includono sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, anche la segnalazione per violazioni normative. Tuttavia, è importante notare che queste sanzioni hanno oggi un valore puramente simbolico, data la sospensione effettiva del servizio militare.

Nonostante ciò, l’obbligo legale rimane, e i Comuni devono procedere con la raccolta e la gestione delle informazioni, appesantendo così il loro carico amministrativo.

Un adempimento senza senso pratico

La formazione delle liste di leva, in un contesto in cui il servizio militare obbligatorio è sospeso da quasi vent’anni, appare a molti come un esercizio burocratico inutile. Si tratta di un carico di lavoro aggiuntivo per le amministrazioni comunali, già gravate da numerosi altri adempimenti, che devono dedicare risorse umane e materiali a un compito senza alcuna ricaduta pratica.

Con la sospensione della leva, la necessità di mantenere aggiornati questi elenchi risponde a logiche ormai superate, che non tengono conto della realtà attuale. Sarebbe forse il momento di rivedere questa normativa e liberare i Comuni da un onere che non produce alcun beneficio concreto per lo Stato o per i cittadini.

(immagine di apertura generata dall’IA)

Una risposta a “I Comuni alle prese con la formazione delle liste di leva militare: un obbligo formale insensato”

  1. Avatar Roberto
    Roberto

    L’art. 52 della Costituzione lo conoscete?
    Il servizio di leva è solo sospeso e la malaugurata ipotesi di mobilitazione è sempre attuabile. Essere preparati non significa dover fare la guerra, bensì essere credibili in termini di deterrenza. La deterrenza che sin’ora ci ha assicurato la NATO.

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Moscone

Un commento su “I Comuni alle prese con la formazione delle liste di leva militare: un obbligo formale insensato

  1. L’art. 52 della Costituzione lo conoscete?
    Il servizio di leva è solo sospeso e la malaugurata ipotesi di mobilitazione è sempre attuabile. Essere preparati non significa dover fare la guerra, bensì essere credibili in termini di deterrenza. La deterrenza che sin’ora ci ha assicurato la NATO.

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