Il Giorno della Memoria è un importante momento storico che dovrebbe farci riflettere su cosa siamo stati e su cosa vogliamo essere; altrimenti, è una data di pura ipocrisia, avviluppata in belle parole a livello di intenzioni.
In Italia, venne istituito con la legge 211 del 20 luglio 2000, anticipando le Nazioni Unite che, con la risoluzione 60/7 nella riunione plenaria del 1º novembre 2005, istituirono la Giornata Internazionale della Memoria, che ricorre ogni anno il 27 gennaio.
Venne scelta la data del 27 gennaio, che rappresentava la liberazione nel 1945, da parte dell’esercito sovietico, del campo di sterminio di Auschwitz e quindi la fine dello sterminio del popolo ebraico e dei deportati di ogni dove.
Le atrocità commesse dai nazisti andarono oltre ogni più mostruosa immaginazione. Intere comunità furono cancellate in quella che venne chiamata la “soluzione finale”. Fu il martirio, l’olocausto, di un’intera popolazione.
Venne realizzato lo sterminio del popolo ebraico con una fredda quanto efficiente metodicità imprenditoriale, con la razionalità dell’efficienza dei tedeschi, utilizzando metodi industriali.
Delle vere entità imprenditoriali di soppressione sistematica degli umani, come se fossero della comunissima merce di trasformazione.
Parlare dell’orrore di quel periodo storico può essere superfluo; in ogni epoca, la crudeltà degli umani è sempre la stessa e tende a una maggiore mostruosità.
Le innovazioni tecnologiche, il cosiddetto progresso, consentono strumenti di morte molto più efficienti che si prestano a distruzioni di masse in tempi brevissimi. La storia del genere umano è segnata da un lungo fiume di sangue che non risparmia nessuno.
È dimostrato che ricordare gli orrori non serve a sminuirli o a impedirli; prova ne abbiamo che, in quest’epoca, il popolo ebraico è diventato carnefice, non facendo tesoro della sofferenza subita, e non allevia questa realtà il distinguo che non tutto il popolo è consenziente, così come non tutto il popolo tedesco era a sua volta consenziente.
Ciò sta a dimostrare che il genere umano si comporta a seconda delle condizioni in cui si trova e che gli aspetti umanitari sono una prerogativa di convenienza, di egoismi e di ipocrisia. Se non si rimuovono le cause, come ebbe a scrivere lo scrittore Primo Levi: “Il lager è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano”.
E cosa sono gli eventi allucinanti e terrificanti che si svolgono nel cuore dell’Unione Europea e nel vicino Medio Oriente, dove le carneficine sono diventate consuetudine e rimaniamo silenti, con indifferente assuefazione se non belligeranti? Ci siamo mobilitati per porre fine a queste barbarie? C’è forse un’opinione generalizzata che si organizza per rimuovere le concezioni in modo pacifico?
Finché ciò non avviene, siamo nelle mani di fanatici governanti che, annebbiando il cervello delle masse con elettrizzanti retoriche, ci spingono verso l’abisso.
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