Ho partecipato, questo weekend, a una serie di iniziative per l’8 marzo. Venerdì sera ho assistito a un bello spettacolo organizzato dalla Consulta comunale per le pari opportunità e da numerose donne che si sono messe in gioco per parlare e far parlare di femminicidio e violenza sulle donne. Sabato ho partecipato a un’altrettanto interessante iniziativa organizzata dalla Conferenza delle Democratiche e dal gruppo consiliare del PD. Queste due iniziative mi hanno fatto sorgere una serie di riflessioni che volevo brevemente condividere.
Innanzitutto, il pubblico presente. In entrambi i casi le platee erano gremite e il pubblico era prevalentemente femminile. Mi si dirà che è un segnale molto positivo, che, per fortuna, le donne hanno voglia di mobilitarsi quando si parla di temi che le riguardano. Certamente è vero; è un segnale importante. Ma gli uomini? L’iniziativa del PD era di respiro provinciale ed era stata invitata la vicepresidente del Senato. Per un’iniziativa equivalente ma su qualsiasi altro argomento, avremmo avuto la folta presenza dei dirigenti provinciali; non così è stato sabato pomeriggio. Un segno che, ancora oggi, i temi delle pari opportunità sono considerati da molti miei compagni temi di serie B, da derubricare come “roba da donne”.
Parliamo poi dello spettacolo di venerdì. Era uno spettacolo con un tema che riguarda, certo, le donne, ma ancor di più gli uomini. Perché, diciamolo, la violenza sulle donne è un problema maschile. Loro infliggono violenza, loro confondono l’amore col possesso, loro non ammettono di non avere il pieno controllo sulle donne. E allora perché ancora oggi in molti lo relegano a tema femminile?
In generale, quindi, mi viene da chiedermi: perché temi che coinvolgono più della metà della popolazione sono ancora oggi considerati temi di nicchia e settoriali? Forse perché le rappresentanti di più della metà della popolazione sono minoranza nei luoghi decisionali, nei luoghi dove si esercita il potere? Spesso vengono criticate le norme che regolano la parità di genere con l’argomentazione che è sbagliato scegliere le persone in base al sesso e che le persone andrebbero scelte per la loro competenza e capacità. In un mondo ideale potrei essere d’accordo; nel mondo reale ritengo che purtroppo siano ancora necessarie. Perché alle donne viene sempre richiesta una “bravura”, una “competenza” decisamente superiore rispetto agli uomini; se gli uomini nella scala sociale partono da pianoterra, le donne dallo scantinato.
Mi ricordo, in una riunione, un mio compagno di partito che, riferendosi a delle proposte di candidatura, tuonò con voce decisa: “Io voglio scegliere una donna perché è brava, non perché è una donna”. Mentre lui parlava, mi chiedevo: “Se lui fosse stato una donna, avrebbe ricoperto i ruoli che invece, essendo uomo, era riuscito a ricoprire?” Mi sono risposta di no, perché alle donne non viene perdonata una cosa che invece per gli uomini viene considerata accettabile: la mediocrità.
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Cara Paola ” la nicchia ” è il grande e facile alibi sempre utilizzato quando non si vuol parlare di un problema , purtroppo. Tutto qua e fa il paio con divisivo, la stessa cosa