Legge 194/78: tutto bene in Piemonte?

Per il terzo anno consecutivo, la Regione Piemonte ha approvato un finanziamento di un milione di euro destinato alle associazioni che abbiano tra le proprie finalità il “sostegno alla maternità”. In totale, 3,5 milioni di euro sono confluiti nel Fondo Vita Nascente, voluto dall’assessore Maurizio Marrone. Oltre all’utilizzo di fondi pubblici affidato a privati (con quali criteri?), è necessario ricordare la presenza di una “stanza d’ascolto” presso l’Ospedale Sant’Anna di Torino, gestita da associazioni antiabortiste. Si tratta di uno dei tanti aspetti della lotta strisciante alla legge 194/78.

Sulla rendicontazione e sulla destinazione di questi fondi sembrano esserci molte zone d’ombra, ma ciò che preoccupa maggiormente è l’ostinato silenzio della classe politica e dell’opinione pubblica. A eccezione delle solite associazioni benemerite, sembra che nessuno sia più in grado di difendere i propri diritti. Vale la pena ricordare che lo stesso assessore Marrone, nel 2020, ha proibito l’utilizzo nei consultori dell’interruzione farmacologica della gravidanza, in contrasto con quanto previsto da una circolare ministeriale.

Anche a livello governativo la situazione non è meno preoccupante. Mezzo milione di euro del Fondo Pari Opportunità, destinato al sostegno dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, verrà dirottato verso la prevenzione dell’infertilità. Un paradosso: si stanziano fondi per la prevenzione dell’infertilità e per contrastare l’interruzione di gravidanza, mentre al contempo si ostacolano la gravidanza medicalmente assistita e la gravidanza per altri.

C’è poi un altro aspetto, più elegante e più subdolo, quindi molto pericoloso. La destra, rendendosi conto che l’abolizione totale della legge 194/78 sia impossibile, sta cercando di trasformare il diritto della donna alla salute riproduttiva e all’autodeterminazione da diritto della persona a semplice concessione dello Stato. Un diritto, dunque, non più intoccabile. Ne è un esempio la cancellazione della Roe vs. Wade da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha reso l’aborto non più un diritto federale, ma una decisione demandata ai singoli stati. Un ostacolo non da poco per le donne, che potrebbero essere costrette a spostarsi in un altro stato per interrompere una gravidanza. Senza parlare dell’obiezione di coscienza, ma su questo magari torneremo un’altra volta.

E i consultori?

Con una sede ogni 36.247 residenti, il Piemonte ha una diffusione dei consultori inferiore alla media nazionale, lontana dal gold standard di un consultorio ogni 20.000 residenti.

  • La figura dello psicologo e dell’assistente sociale è quasi del tutto assente.
  • La disponibilità del ginecologo (7,5 ore settimanali) è inferiore alla media nazionale e lontana dallo standard di riferimento di 18 ore settimanali.
  • La disponibilità dell’ostetrica (27,3 ore settimanali), sebbene di poco superiore alla media nazionale, resta al di sotto dello standard di riferimento di 36 ore settimanali.

Complessivamente, il Piemonte è la regione con la minore disponibilità delle diverse figure professionali nell’équipe consultoriale.

A che punto è la notte, sentinella?

PS: I dati sui consultori sono tratti dall’Istituto Superiore di Sanità.

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Giacomo Orlando

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