Alcune associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra contro l’ipotesi di innalzare la soglia di attenzione dei valori dell’inquinamento elettromagnetico. Il 24 marzo scorso la commissione parlamentare trasporti e telecomunicazioni ha formalizzato le sue proposte in relazione al cosiddetto Recovery Plan. Nel documento al punto 15 la commissione scrive “si valuti l’opportunità di adeguare gli attuali limiti italiani sulle emissioni elettromagnetiche a quelli europei”. L’Italia è il paese con il più basso limite di emissione, pari a 6 volt su metro. In Europa c’è chi arriva anche a 61 V/m.
L’Alleanza Italiana Stop 5G ha già raccolto 62.000 firme e ha iniziato lo sciopero della fame per bloccare l’aumento dei limiti italiani. “Se la manovra venisse approvata su tutta Italia verrebbe ad abbattersi un vero e proprio tsunami elettromagnetico senza precedenti, aumentando l’overdose elettromagnetica di un valore arbitrario pari a ben 10 volte più alto di quello di oggi il tutto per favorire il 5G nell’installazione di milioni di nuove antenne via terra e del Wi- Fi dallo spazio” ha dichiarato il portavoce annunciando l’inizio dello sciopero della fame.
Non esiste al momento nessuno studio scientifico che confermi la dannosità della tecnologia 5G. La tesi più diffusa, quella che il 5G veicoli il coronavirus, nasce dal fatto che esso si è diffuso a partire dalla città cinese di Wuhan e che lì c’è la rete 5G. Un nesso di causa effetto da approfondire, anche perché il covid ha fatto strage anche in paesi come l’Italia, dove il 5g ancora non c’è.
Ma perché si vuole innalzare il limite di emissione? La rete di telefonia cosiddetta “cellulare” si chiama così perché il traffico dati telefonico è gestito da tutta una serie di cellule, i ripetitori, diffusi sul territorio per dare copertura di segnale. Quando ad esempio diciamo “non c’è campo”, cioè il nostro telefono non riceve il segnale, significa che siamo fuori dalla zona di copertura dei ripetitori cellulari. Visto che questa rete cellulare deve andare a coprire tutto il territorio, minore è la potenza di emissione delle varie cellule (ripetitori, antenne) maggiore dovrà essere il loro numero per garantire copertura. Aumentare la potenza di emissione significa ridurre il numero di antenne necessarie per coprire un determinato territorio.
La domanda è: meglio tante piccole antenne o poche grandi antenne?
I vantaggi di una maggiore potenza di emissione ricadono sicuramente sulle compagnie telefoniche, che potranno spendere meno per dare copertura, dovendo gestire meno antenne. Ma i vantaggi potrebbero ricadere anche sui cittadini, perché le antenne più potenti potrebbero essere localizzate in zone meno abitate. Per contro, pur non avendo certezza scientifica sulla dannosità dei campi elettromagnetici, abitare vicino ad un ripetere più potente sarebbe meno piacevole.
Sul sito webgis della Regione Piemonte, gestito dall’Arpa, è possibile andare a consultare la interessantissima mappa di tutte le antenne attive sul territorio, così potete vedere vicino a casa vostra quale è la situazione:
Clicca qui per la consultazione della mappa
Intanto, sta facendo discutere la costruzione, in questi giorni, di una nuova antenna nei pressi del supermercato Bennet di Novi Ligure (nelle foto). Gli abitanti delle zone limitrofe sono un po’ in apprensione, dopo aver visto spuntare in pochi giorni l’altissimo palo su cui è montata. Segui il moscone su Telegram per ricevere una notifica ogni volta che viene pubblicato un nuovo articolo https://t.me/ilmoscone
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Un commento su “Inquinamento elettromagnetico, meglio poche antenne o molte?”
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Non credo ci siano tutti questi pericoli. Comunque il mio terreno potrebbe ospitarne varie ed è abbastanza lontano dalle abitazioni ma vicino alla città.