Dove vanno il teatro e la cultura piemontesi? A bagasce!

Immaginate per un attimo di tornare ad avere diciotto anni ed essere studenti di una classe quinta di Liceo Classico; immaginate anche che nella vostra Scuola (poniamo il Liceo Amaldi di Novi Ligure) esista un attivo e prolifico laboratorio teatrale, e che in collaborazione con esso abbiate realizzato in questi ultimi mesi una produzione di altissimo profilo: il Filottete di Sofocle. Sì, una tragedia greca di duemilaquattrocentoventinove anni fa, scritta da uno dei tre maggiori tragediografi che il mondo greco – e sto per dire il mondo in generale – ci abbia lasciato; peraltro, come ogni classico che si rispetti, attualissima per i temi trattati in relazione alle odierne dinamiche sociali generate dalla pandemia. Ma non è tutto: immaginate che la messa in scena dell’opera sia stata totalmente curata da voi, dalla vostra classe: la stesura dei copioni, i costumi, le musiche, gli espedienti registici… tutti compiti divisi tra voi studenti, naturalmente con il prezioso aiuto degli insegnanti e del summenzionato laboratorio teatrale. Ora, siccome questa mattina vi siete svegliati ottimisti, immaginate anche che nella vostra città (poniamo Novi Ligure) esista un teatro rimasto chiuso negli ultimi settant’anni, ma che per colmo di fortuna ha riaperto le porte poco più di un mese fa. Ebbene, quale desiderio potrebbe più spontaneamente nascervi nel cuore se non quello di mettere in scena la vostra opera proprio in quel teatro? 

Ma ecco che, siccome diciotto anni non li avete più da un pezzo, è ora di por fine alle immaginazioni e scontrarsi con la dura realtà: per un’insondabile e occulta ragione tale teatro non è per voi disponibile. È questa la situazione in cui si sono trovati gli studenti di quinta Classico dell’Amaldi, i quali per mettere in scena il loro Filottete la sera di venerdì 10 hanno alla fine dovuto chiedere ospitalità alla Confraternita di S. M. Maddalena, la quale, mostrandosi ben più disponibile e di ampie vedute rispetto alle istituzioni laiche, ha volentieri accolto un’opera teatrale – seppur profana e, data l’epoca di composizione, direi anche pagana – all’interno di un oratorio (la cui scenografia non ha per inciso nulla da invidiare a quella di un teatro). Insomma, non essendo disponibile il tempio di Melpomene si è dovuto ripiegare sul tempio del Signore. I vertici del mondo culturale novese hanno deciso che dei giovani attori e studenti, che dedicano il loro tempo e la loro fatica allo studio della letteratura, della filosofia, dell’arte, delle più alte vette della bellezza e del pensiero che l’uomo abbia raggiunto, insomma gli allievi più maturi del Liceo Classico, che è – mi si consenta di dirlo senza ombra di dileggio nei confronti degli altri studenti – un’élite culturale per la città e i dintorni, non avessero diritto di fruire di uno spazio pensato apposta per ospitare eventi di questo tipo, e di regalare alla cittadinanza un saggio della loro bravura. Sì, dico regalare perché lo spettacolo era totalmente gratuito, sia per il pubblico sia per il teatro (in quanto come detto tutta la messa in scena era a carico degli stessi studenti), che avrebbe solo dovuto contribuire con il riscaldamento e l’illuminazione della sala. Per dovere di cronaca aggiungo che al termine della rappresentazione è intervenuto un docente dell’Università Ca’ Foscari, con un commento sulla tragedia sofoclea.

Ma – diranno i benpensanti – evidentemente il nostro teatro non sarà stato disponibile per gravi e comprovati motivi. Io che sono malpensante rispondo: poco verosimile, visto che la sera successiva (sabato 11) la sala ha ospitato l’ “omaggio a Gipo Farassino”, sicuramente figura eminente della cultura piemontese, ma sulla cui eminenza non posso e non voglio esprimere alcun giudizio, in quanto dal basso della mia giovane età non avevo fino a ieri avuto il piacere di sentirlo nominare. Mi permetto solo di far notare un dettaglio incidentale e sicuramente irrilevante: il signor Farassino era iscritto alla Lega (all’epoca ancora “Nord”), e militando nelle sue fila era divenuto segretario regionale del partito, consigliere e assessore regionale e infine europarlamentare. Gli stessi benpensanti di prima obietteranno: al di là degli schieramenti politici si è voluto rendere un doveroso omaggio alla memoria di Gipo, ma io che – l’ho già detto? – sono malpensante replico: non avevo notato una tale solerzia nell’omaggiare il compianto Poppi Posillipo, che pure tanto si adoperò per il teatro Marenco, e ad oggi mi risulta non sia stato ricordato nemmeno con una menzione durante le serate d’inaugurazione. Insomma, a questo round Sofocle 0 – Gipo 1.

Volendo ampliare la riflessione sull’attenzione che a Novi viene rivolta ai giovani che praticano cultura, potrei menzionare ancora molte situazioni: il gruppo FAI giovani ancora sprovvisto di una sede a diversi anni dalla sua costituzione (ma altrimenti non potrebbe essere, visto che nemmeno la delegazione “senior” dispone di una sede…), una scuola di musica che a breve potrebbe essere sfrattata dalle caserme (attualmente di proprietà demaniale ma che lo Stato ha annunciato di voler mettere in vendita, e il Comune ha fatto sapere di non avere il denaro e/o l’intenzione di acquistarle) e un’altra che ha dovuto installarsi nei locali di una parrocchia… ma non voglio annoiare oltremodo i lettori. L’ultimo evento culturale pensato per i giovani, se la memoria non mi inganna, mi risulta essere stato il concerto di Gué Pequeño quest’estate, altra figura eminente del panorama culturale odierno, i cui testi trasudano cultura da tutti i versi, come ad esempio “Odio queste z****le in eterno, sì, che per un po’ di fama sono disposte a bere latte paterno” (cito dal suo ultimo album “Guesus”). Voglio però concludere con una nota ottimistica: forse presto aprirà a Novi un’Accademia, ebbene sì, un’istituzione omonima della celebre scuola filosofica di Platone! Peccato che al nobile sostantivo si accompagnerà il più elegiaco aggettivo “gastronomica”… .

Insomma, l’omaggio a Gipo Farassino faceva parte di un progetto intitolato “Dove vanno il teatro e la cultura piemontesi?”; alla luce di quanto detto mi sembra opportuno rispondere a quest’interrogativo mutuando una colorita ma icastica espressione dei nostri confinanti liguri: a ba**sce!

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