Il comune di Arquata Scrivia ha ordinato alla curatore fallimentare della Iciesse (ex Subalpina) di Arquata Scrivia la rimozione, entro tre mesi, delle lastre di amianto presenti nel sito industriale abbandonato di via XXV Aprile.
Dietro a questa decisione del sindaco c’è la lotta caparbia di un arquatese, Gianni Freggiaro. È stato lui ad inviare un esposto all’Arpa che su sua richiesta ha effettuato un sopralluogo e ha constatato la presenza di coperture in amianto in condizione di degrado avanzato e quindi pericolose per l’ambiente e le persone.
L’Arpa, dopo il sopralluogo, ha inviato la sua relazione al comune che ha dovuto disporre l’ordinanza di rimozione.
Sono passati 13 anni da quando hanno chiuso i battenti della Iciesse di Arquata, meglio nota come Subalpina. Una fabbrica chimica costruita nel 1945 nel posto peggiore, sulle sponde del fiume e tra le case, che ha lasciato dietro di se una lunga storia di inquinamento.
Gli arquatesi, e in particolare gli abitanti del rione posto intorno a via XXV aprile, devono convivere da anni con una fabbrica abbandonata e mai bonificata, nonostante le numerose sentenze del tribunale che sono cadute nel vuoto.
Soprattutto ci devono convivere Gianni Freggiaro e la sua bambina: la loro casa è la più vicina allo stabilimento, a pochi metri.
Dopo l’esposto di Freggiaro, nel novembre scorso i tecnici dell’Arpa hanno provveduto ad eseguire un sopralluogo nel sito ed hanno riscontrato una situazione di estrema pericolosità relativamente alle coperture di amianto del complesso.
I tecnici hanno analizzato le coperture di 3 capannoni pari ad una superficie totale di 6000 metri quadrati (circa un campo da calcio) e hanno verificato che si tratta di lastre di amianto in condizioni di degrado avanzato, con evidente rischio di dispersione di particelle dannose nell’atmosfera.
La relazione dell’Arpa è stata inviata al comune che la scorsa settimana ha emesso un’ordinanza di bonifica del sito. Non è la prima volta che viene ordinato al curatore fallimentare della Iciesse, l’avvocato Sanzo di Milano, di intervenire.
L’ordinanza firmata dal sindaco Alberto Basso concede al curatore fallimentare tre mesi di tempo per la rimozione della copertura di amianto di due capannoni, e un anno di tempo per la messa in sicurezza della copertura di un terzo capannone.
In caso che la proprietà non ottemperi alle disposizioni di bonifica, sarà il comune di Arquata a dover intervenire, per poi rivalersi sulla proprietà procedendo alla denuncia ai sensi dell’articolo 650 del codice penale.
«Casa mia confina su tre lati con la fabbrica abbandonata – ci ha detto Freggiaro – e da anni conduco la battaglia per la bonifica del sito. Lo faccio sopratutto per mia figlia, perché non debba crescere respirando polvere di amianto e tutte le altre porcherie che sono abbandonate nel sito».
Freggiaro ha più volte sollecitato il comune di Arquata ad intervenire, e ha presentato innumerevoli richieste di intervento. «Questa per me è una piccola vittoria – ha aggiunto Freggiaro – ma la battaglia è ancora lunga: ora il comune sorvegli affinche la proprietà intervenga, oppure provveda a denunciarli e ad intervenire. La salute dei cittadini è il primo compito di un sindaco, spero che Basso lo tenga presente».
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