Diciamo subito che Lor Signori, da ieri, hanno tolto il disturbo. Non l’hanno deciso loro (quando mai?) ma le opposizioni. Loro hanno preferito, nel Consiglio Comunale di giovedì, una “fuga ingloriosa”.
Una settimana burrascosa
La riunione del Consiglio comunale per l’approvazione del Bilancio di previsione anno 2022 era stata convocata il 30 giugno, ultimo giorno utile – in base alla legge e al calendario – per approvare il documento contabile. Pare che qualcuno (non si dice chi, per ragioni di privacy) avrebbe voluto la convocazione per il giorno 31, allo scopo di avere ulteriori 24 ore di riflessione; evidentemente, non sono state sufficienti le 4.344 ore trascorse da gennaio. Poi, proprio all’ultima curva, la scadenza di legge è stata, nuovamente, spostata al 31 luglio; ma ormai la riunione era stata ufficialmente convocata: s’aveva da fare.
Habemus “budget” (o forse due)
In ogni caso, dopo tanto penare dei cittadini e di chi “perché non lo avete fatto voi?”, il Bilancio di previsione 2022, ossia il documento che prevede ciò che si farà durante “l’anno che verrà” (cfr. Lucio Dalla), e dopo che sono trascorsi già sei mesi dall’inizio dello stesso, era arrivato. Attraccato in porto, dopo un viaggio burrascoso che ha toccato anche i Canals of Amsterdam, pronto per essere illustrato in Consiglio comunale dal chiarissimo Assessore al bilancio; evidentemente, dopo lunga e sofferta riflessione, deve essersi accorto che, non potendo delegare altri, questa volta toccava a lui, proprio a lui.
“Fusse che fusse la vorta bbona!”, avrebbe esclamato il famoso barista ciociaro di Ceccano, impersonato dal compianto Nino Manfredi.
“L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!”
Però nelle more (da non intendersi come il nero frutto di rovo) tra la convocazione e la riunione del Consiglio comunale, le “malefiche” opposizioni (Democratici per Novi, 5 Stelle e Solo Novi, in tutto nove consiglieri su diciassette, ovvero la maggioranza in Consiglio) avevano presentato una serie di emendamenti che, di fatto, cambiavano il Documento Unico di Programmazione, propedeutico alla approvazione del Bilancio. Documento, si ricorda, senza il quale il Bilancio non può essere avallato.
Non si elencano i diversi punti che andavano a sostituire le “fulgide” intenzioni del giovin Assessore; si rammenta solo che, invece della assunzione in pianta stabile di un nuovo Dirigente per la Ragioneria (figura a cui, pare, il giovin teneva particolarmente), in alternativa le opposizioni proponevano l’assunzione di due operai e di ulteriori due vigili urbani, di cui, indubbiamente, la città necessita (basti osservare la manutenzione delle strade o riflettere sui problemi di ordine pubblico per rendersi conto della sensatezza di tale proposta). Certo che, se invece di girare per Novi, una persona passa il suo tempo tra la Svizzera e l’Olanda, non conosce la città.
Altra “chicca”: nel documento era nuovamente prevista la costruzione di un inceneritore, costruzione negata all’unanimità dal Consiglio comunale solo poche settimane or sono. Come a dire: avevamo scherzato (ovvero: se c’ero, dormivo). Il che dimostrava ulteriormente la mancanza di serietà nell’affrontare i problemi della cittadinanza.
Come diceva il buon Gino Bartali: “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!”.
Riunioni concitate (anche dei merli di via Cava)
I “rumors” (in dialetto “patlèsi”, fischiati anche dai merli di via Cava), raccontano di riunioni concitate del drappello della maggioranza sopravvissuto. Alcuni, sensatamente, sostenevano la necessità di rassegnare dimissioni immediate, prima ancora della riunione del 30 giugno, prendendo atto (finalmente, N.d.R.) di non detenere più la maggioranza in Consiglio; altri invece, della serie puri e duri, sostenevano di resistere “per vedere fino in fondo l’effetto che fa” (cfr. Enzo Iannacci). Tutti, unanimemente, additavano il Mungitore, da loro stessi cacciato all’opposizione, come causa della situazione disastrosa, mentre Dolcino apostrofava il Mungitore ed i suoi come traditori. Altri, “scaltramente”, stavano già vergando un manifesto apposito contro il Mungitore, e altri ancora pensavano, senza esternare il pensiero per non essere redarguiti dal conducator: “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”. Il Presidente del Consiglio si domandava cosa sarebbe accaduto nella riunione pomeridiana; Assessori, lungo la via, manifestavano disagio.
Infine c’era chi, preoccupato di perdere il cadreghino (e parte del suo staff) da poco acquisito, correva (inutilmente) a blandire questo o quel consigliere dell’opposizione, per mendicare il voto che gli avrebbe garantito una boccata d’ossigeno.
C’è poco da ridere
Invece nel corso della seduta del 30 giugno, il Sindaco, forse temendo di essere “impallinato”, rompendo l’abituale silenzio, con una mossa che definiremmo “bulgara” annunciava che, considerata la proroga di legge al 31 luglio, l’approvazione del Bilancio non s’aveva da fare, rinviandola ancora una volta (tanto la città può attendere). Detto ciò, alzava le sue terga dallo scranno e, unitamente agli ilari Assessori e ai suoi (ormai pochi) Consiglieri, abbandonava la seduta. Una fuga ingloriosa.
Il Presidente del Consiglio in maniera arbitraria, violando ogni regola democratica, nonostante che in aula ci fosse il numero legale (dicesi anche di legge), dichiarava chiusa la seduta, negando il diritto di replica alle opposizioni. Un fatto gravissimo. Un grave schiaffo all’istituzione che, avrebbe (il condizionale è sacrosanto) dovuto rappresentare.
Non c’era proprio niente da ridere: fu uno spettacolo penoso, con il Presidente Poletto che si arrampicava sugli specchi.
Non è dato sapere se quella parte sia stata fatta recitare a Cabella, oppure se fosse una sceneggiata di sua invenzione; certo è che non è stata una bella parte, l’ennesimo copione mal scritto da un’apprendista regista (forse ansimante e segnato per la batosta alessandrina subita). Una prova – se fosse ancora necessario fornirne alla attenzione della pubblica opinione – che Lor Signori erano incollati alla sedia, e con un bi-adesivo assai potente.
Nonostante la ilarità manifestata da quella che fu la maggioranza, è stata un’ammissione di debolezza; una sconfitta derivata dai tre anni di traccheggiamento di una maggioranza – si fa per dire – caratterizzata esclusivamente dalla sete di potere.
E, purtroppo, ripetiamo, c’è poco da ridere … fino a ieri ci ha rimesso la città. Una Giunta imbarazzante, a dir poco. Cabella & Co., fino all’ultimo, hanno cercato di togliere l’acqua dall’imbarcazione che affondava con un cucchiaino da caffè.
Tutti a casa
Il giorno dopo la “fuga ingloriosa” le opposizioni (Democratici per Novi, 5 stelle e Solo Novi), significativamente riunite davanti al Museo nella cui sala il Presidente Poletto ha negato loro di parlare e dove avrebbe dovuto essere approvato il bilancio, indicevano una conferenza stampa dopo aver dato le dimissioni da consiglieri comunali. Non è dato sapere se l’illuminato Presidente del Consiglio vorrà prendere atto che esiste una opposizione, ma non ha più importanza. Con quell’atto le opposizioni, hanno “dimesso” anche lui, insieme al Sindaco, all’amato nipote, al giovine “perché non lo avete fatto voi”, a colui che non potrà sfoggiare la fascia tricolore (a Novi e nemmeno a Zurigo) e compagnia cantando.
Il Consiglio Comunale non c’è più, e nemmeno la Giunta. Il Prefetto nominerà un Commissario che dovrà traghettare la città a nuove elezioni.
Si chiude così una brutta pagina di Novi. Amen.
Il Malalingua
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