I sassolini nelle scarpe

Un vecchio detto popolare dice: “Un po’ per uno in braccio alla mamma”. Potrebbe essere, in parole povere, la sintesi dell’alternanza: della democrazia, sconosciuta al de-caduto Poletto (si auspica che, nella caduta, non si sia fatto male). 

Infatti nel – non tanto – lontano 2019, grazie ad un colpo di fortuna (si usa questo termine per evitare volgarità) derivante da soli 300 voti di differenza (150, in realtà), Cabella ha avuto l’opportunità di sedersi in braccio alla mamma, intesa come la poltrona del Major. A scalare, i Minors sono andati ad occupare poltrone, poltroncine, seggiole e persino gli scagnetti. Una sorta di “Bur, bur, chi ciapa”,secondo i commenti dell’epoca, in quanto i posti erano limitati, ragion per cui qualcuno è rimasto seduto sullo scalone di Palazzo Pallavicini, i gradini più bassi, in attesa di tempi migliori; da qui lo scaturire di vari “mal di pancia” degli esclusi. Naturalmente c’è stato chi, nell’entourage comunale, si è subito affrettato a salire sul carro del vincitore, per pentirsi (repentinamente) qualche settimana fa, avendo sentore che la barca rischiava de “finì in sci schêuggi”, come direbbero i genovesi.

Non è dato sapere se la sera della “grande e travolgente” vittoria il novello (non certo per età, ma per la sua prima volta) Sindaco fosse particolarmente contento; già in allora i maligni sostenevano non lo fosse. Dal giorno successivo, e per ordini superiori”, è stato vietato citare gli sconfitti, da quel momento considerati nemici e non avversari. Anzi, è stata adottata una sorta di conventio ad excludendum a causa della quale chi era in odore di vicinanza, anche lontana, con quelli che c’erano prima, andava emarginato, escluso, “ghigliottinato”.

Bisognava cancellare ogni traccia del passato: ciò che era stato fatto precedentemente andava cassato, ivi comprese le etichette delle bottiglie di acqua minerale usate durante le riunioni. Qualche “maître à penser”, auto-proclamandosi il Robespierre dàa countrò da Ture, era convinto di aver preso la Bastiglia; ma era solo una pastiglia (forse inebriante, certamente effervescente). Il fardello, indubbiamente, era pesante; ne era ben conscio il neo-eletto Sindaco, se non altro per indiretta e pregressa esperienza. 

lllo tempore aveva assistito, quotidianamente, alle performance di un Sindaco (con la S maiuscola e grassettata) che prendeva decisioni, assumendosi grandi e gravi responsabilità, mentre lui, Cabella, all’epoca ricopriva una rispettabilissima carriera di concetto, atta a certificare la legittimità di tali decisioni. Per la precisione, tra lui e quel Sindaco c’era anche un suo superiore, il Segretario generale, di cui svolgeva funzioni di Vice, appositamente insignito per fornire le suddette certificazioni. Inoltre, all’epoca si narrava che Cabella avesse affinità politiche con tale Sindaco, sebbene, successivamente, abbia cambiato idea con triplo salto mortale carpiato ed avvitamento, come hanno mostrato le recenti performance.

Con ciò non si vuole sostenere che il ruolo in allora ricoperto da Cabella non sia stato importante, ma cosa è assumersi responsabilità amministrative e politiche, altra certificarne la legittimità: si tratta di ruoli diversi.
Infatti una cosa è dover rendere conto del proprio agire ai cittadini ed incontrarli per strada – parrà strano, ma i novesi fermavano quel Sindaco, e lui, nonostante l’aspetto riservato, parlava con loro, riceveva critiche e non solo consensi, assumendosene sempre le responsabilità -; un’altra era starsene – ci si conceda il termine – barricati in ufficio dietro la scrivania, in mezzo alle scartoffie (magari polverose).
Sia chiaro: il lavoro di funzionario di alto livello è importante; dignitosissimo; ma, come ripetutamente espresso, un conto è governare una città in qualità di Sindaco, sottoponendosi al giudizio degli elettori, un altro è curare questioni burocratiche, pur importanti, districandosi nella selva di leggi e leggine in vigore (che, si ripete a memoria di tutti, ma in particolare all’ex Presidente del Consiglio comunale, vanno rispettate “a prescindere”, come ammonisce Totò). 

Per esempio, un conto è essere medico, un altro è essere Consigliere comunale, carica a cui non corrispondono pieni poteri, e sostituirsi al Sindaco per “meriti” dinastici; nel nostro ordinamento non esiste il Sindaco-ombra e neppure l’ombra del Sindaco.
Un conto è essere studente universitario ed ambire, legittimamente ed ambiziosamente, al ruolo di Assessore; in qualità di studenti si può essere cacciati per non aver risposto adeguatamente durante un esame, ma si può tornare all’appello successivo, mentre come Assessori si perde la poltrona, in quanto i Consiglieri comunali (detto con benevolenza) silurano a causa delle mancate risposte durante il Consiglio (e non è detto ci sia la prova d’appello). 

Sempre per citare un esempio, il Sindaco cui ci si riferisce, del quale si può fare nome e cognome – Armando Pagella – pubblicamente assurto da Cabella quale suo mentore (dichiarazione del giorno 4 giugno 2019 presso il Museo dei Campionissimi, N.d.R.), fu eletto per ben cinque volte. Nel 1963 governò per soli due anni (a causa della morte del suo predecessore, e non per rovinosa caduta); fu poi rieletto nel 1965 e nel 1970, ma anche nel 1975, e pure nel 1980. Governò la città per cinque, dicesi cinque, legislature, ventidue, dicesi ventidue anni, concludendo sempre positivamente le consigliature, ivi compresa l’ultima. Durante i suoi mandati non venne mai spedito a casa, né si assistette, in quel lungo periodo, ad alcuna traumatica interruzione di legislatura, che è pur sempre una sciagura per una città. Novi, in quegli anni, diventò punto di riferimento per tutto il territorio, giocando un ruolo importante a livello provinciale e, di certo, non “regalò” quattrini ad altri Comuni (capisci a me!).

Il Sindaco Pagella agiva con spirito di servizio, e come lui i suoi Assessori e Consiglieri; è sempre riuscito a mantenere coesa la sua maggioranza, che non era propriamente bulgara, come qualcuno, ad esempio Poletto, potrebbe sostenere. Anzi, si trattava di una maggioranza composta da più partiti, che esprimevano posizioni anche diverse, né tantomeno mancavano tensioni all’interno dei partiti stessi; certo, il nervosismo non era manifesto come abbiamo tristemente constatato dal 2019 in poi. 

Inoltre, non c’erano i social, usati negli scorsi tre anni ad abundatiam, forse nella convinzione che tutto potesse iniziare e finire dentro lo schermo di uno smartphone (selfie compresi); esisteva però Radio Scarpa, sicuramente sottovaluta da Cabella & Co, che, in una città piccola come Novi, può diventare micidiale (C.V.D.). 

C’era invece, e assai forte, etica e senso di appartenenza, contenimento dei toni; sacro rispetto dell’Istituzione Comune, rispetto decisamente scomparso negli ultimi tre anni. Ad esempio: la fascia tricolore veniva indossata al momento dell’inizio di una cerimonia o di una manifestazione ufficiale, ma non per passeggiare (narcisisticamente?) mentre si raggiunge il luogo della cerimonia stessa. Attenzione, non si tratta di una mera questione di stile, l’uso della fascia è regolato dalla legge (conoscendola!): ignorantia legis non excusat.

C’era altresì una capacità del capo dell’Amministrazione comunale di governare politicamente la situazione, nonché capacità di ascolto dell’avversario, mai vissuto come nemico, con il quale si intavolavano fino a notte inoltrata discussioni anche aspre; ma poi, dopo avere a lungo dibattuto, magari si andava tutti insieme a mangiare un piatto di agnolotti alla Tavernetta, senza timore di essere a vicenda contaminati. 

Mai il Sindaco di cui si sta parlando ha abbandonato l’aula con il suo seguito, mai l’opposizione è rimasta sola in aula; nuovamente, non è solo una questione di stile, ma di rispetto dell’Istituzione che si rappresenta, a meno che non si pensi di aver vittoriosamente assaltato, dopo la Bastiglia, anche il Palazzo d’Inverno e di poter cambiare tutto, come era stato dichiarato nel 2019: non è andata così.

Qui da noi è successo invece che il Sindaco allora in carica se ne è andato, sbattendo simbolicamente la porta, dal Consiglio Comunale, e che il Presidente del Consiglio ha negato la parola all’opposizione: due atti decisamente esecrabili.

La sosta a Palazzo Pallavicini è durata fin troppo a lungo. Il 1° luglio l’allora Sindaco, tutto compreso nell’atto di portare pasticcini all’Hôtel de Ville, pregustando i festeggiamenti, non ha notato il cartello posto all’ingresso che recitava: “Divieto di sosta. Rimozione forzata”.

Il Malalingua

P.S.: Ci si scusa, ma era dalla primavera del 2019 che si sopportavano fastidiosi sassolini nelle scarpe; ora, finalmente, è stato possibile toglierli.

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