Terzo appuntamento con le interviste ad alcuni dei candidati alle elezioni del 25 settembre. Oggi siamo andati a porre le nostre 10 domande a Daniele Borioli, candidato alla Camera dei Deputati nel collegio uninominale Piemonte 02.
Daniele Gaetano Borioli ha 65 anni ed è nato ad Alessandria, ma vive a Valenza. La sua è una lunga carriera politica all’interno delle istituzioni. Nel 1990 è eletto consigliere provinciale di Alessandria tra le liste del Partito Comunista Italiano. Tra il 1995 e il 2005 è stato vicepresidente della Provincia di Alessandria con deleghe ai Lavori Pubblici, seguendo come assessore tutta l’opera di ricostruzione dopo la tragica alluvione. Dal 2005 al 2010 è assessore regionale ai trasporti nella giunta Bresso.
Alle elezioni politiche del 2013 viene eletto al Senato della Repubblica, tra le liste del Partito Democratico.
Attualmente è presidente dell’Associazione “Memoria della Benedicta” e della rete nazionale dei “Paesaggi della Memoria”.
Veniamo alle domande.
- Perché hai deciso di candidarti?
Le elezioni del 25 settembre non sono “normali” elezioni. Arrivano in un periodo particolare, a cavallo tra due crisi globali di inimmaginabile portata: la pandemia Covid e la guerra d’aggressione della Russia all’Ucraina. Dalla politica ho avuto molto, ed è questo il momento per cercare di restituire alla comunità qualcosa. Ho accettato per questo una candidatura difficile, molto a rischio in ragione di questa brutta legge elettorale, con l’intenzione di mettere la mia esperienza e le competenze maturate nel tempo al servizio del mio Paese
- Quali sono secondo te i principali problemi che il nuovo governo dovrà affrontare?
Ai primissimi posti, senza dubbio alcuno, la condizione drammatica di lavoratori, famiglie e imprese, quelle piccole e medie soprattutto e non certo i colossi che stanno realizzando extraprofitti, determinata dal caro bollette, che si somma all’inflazione che ha ripreso a galoppare e: a) assottiglia ulteriormente buste paga già erose negli anni, come dimostrano le statistiche che certificano come i salari dei lavoratori italiani siano gli unici, in Europa, ad essere decresciuti negli ultimi trent’anni; b) si abbatte su una miriade di imprese, di moltissimi settori, costrette o ad alzare i prezzi sino ad andare così fuori mercato,e incendiando ulteriormente l’inflazione, o a chiudere, generando nuova disoccupazione.
Subito dopo, ma non meno importante, anzi se vogliamo ancora più drammatica per la sua portata globale, è la questione del riscaldamento del clima. Stiamo provando sulla nostra pelle, in questa interminabile e caldissima primavera-estate, quale può essere la prospettiva climatica che attende la vita delle nuove generazioni sul pianeta; e stiamo misurando come la dipendenza dalle fonti fossili, e dai Paesi che le detengono, possa mettere in crisi le nostre esistenze quotidiane. Assistiamo a vasti fenomeni di dissesto climatico, ghiacciai che crollano, turbolenze atmosferiche violente e frequenti, corsi d’acqua secchi. Non abbiamo altro tempo da perdere.
Altro punto cruciale, senz’altro, dignità, sicurezza, stabilità e giusta remunerazione del lavoro, completamente parificata tra uomini e donne. Oggi, lo scarto tra il valore fondante la cittadinanza, che la Costituzione assegna al lavoro, misura uno scarto intollerabile rispetto a ciò che il lavoro è diventato, per milioni di persone, nell’esperienza concreta: precariato, sfruttamento, salari miseri o del tutto inadeguati a sostenere le più basilare esigenze di vita.
La salute, insieme al complesso delle protezioni sociali è un’altra questione sulla quale siamo chiamati a imporre un salto di qualità. A cominciare dal nostro territorio, che vede tanto le strutture ospedaliere quanto i presidi per la sanità del territorio sostanzialmente ferme ad alcuni decenni fa. Lo si è visto con l’emergenza Covid, allorché la corsa agli ospedali ha finito, nella prima fase, per concorrere al dilagare dell’epidemia, anziché contribuire a contenerla; lo misuriamo con il continuo allungarsi delle liste d’attesa, nella totale assenza, da parte del governo regionale delle destre, di una programmazione incisiva e chiara, che provi a smuovere le acque stagnanti. Io non so misurare quanto questa inerzia derivi dall’intenzione di favorire i privati in ambito sanitario o derivi semplicemente da incapacità: sta di fatto che il risultato è il costante contrarsi della quantità e qualità dei servizi pubblici per la salute. Contrazione che, com’è naturale, pagano soprattutto le fasce sociali più deboli
- Gli italiani possono aspettarsi che dalle urne esca una compagine di governo stabile?
Sì, se a vincere saranno il PD, con la sua lista Democratici e Progressisti, e le forze alleate nella coalizione di centrosinistra. No, se il voto si disperderà in rivoli minori, compresi quelli, come Movimento 5 Stelle e l’alleanza tra Azione e Italia Viva, che giocano dichiaratamente la partita per acquisire non la maggioranza dei consensi necessaria per governare, ma i numeri necessari a giocare in Parlamento una linea di interposizione tra le destre e il centrosinistra, dalla quale ricavare il vantaggio di poter giocare un ruolo eccedente rispetto ai consensi ottenuti. Un gioco consueto nella politica italiana, che purtroppo la pessima legge elettorale rende più semplice
- Molti Italiani sono preoccupati per le radici storiche del partito di Giorgia Meloni. Secondo te il tema dell’antifascismo è ancora attuale oppure sono altri i problemi che sta attraversando il paese?
Io sono, per formazione, cultura, esperienze di vita (oggi presiedo l’Associazione “Memoria della Benedicta” e la rete nazionale dei “Paesaggi della Memoria”) particolarmente sensibile ai temi che riguardano la nostra democrazia e il suo futuro, la storia del fascismo, dell’antifascismo e della Resistenza; così come certamente colgo l’inquietante affollarsi di movimenti apertamente neofascisti e neorazzisti. Tuttavia, non credo che il pericolo per la nostra democrazia rappresentato dalle destre in corsa per il governo del Paese sia quello di un ritorno al fez e alla camicia nera, ai sabati fascisti e così via. Penso piuttosto al modello di convivenza e di sistema politico, istituzionale e sociale che le destre hanno nel loro disegno. Uno Stato che dispone ciò che gli uomini e le donne (soprattutto le donne) possono o non possono fare della loro vita personale, affettiva, sessuale; uno Stato che dispone inclusione o esclusione delle persone in ragione delle loro fedi religiose, dei loro orientamenti affettivi e sessuali; uno Stato che decide per le persone, e se del caso contro le persone, come affrontare il fine vita; uno Stato che include o esclude dalla cittadinanza non in ragione dell’impegno che l’essere umano, in particolare coloro che nascono nel nostro Paese e qui si formano alla nostra lingua e alla nostra cultura, mette per acquisire il diritto alla cittadinanza, ma in ragione del pregiudizio e dell’arbitrio, legati al colore della pelle, all’etnia. Mi pare un modello sociale pericoloso.
- Quali sono secondo te le riforme più importanti che il futuro governo dovrebbe avviare per affrontare le maggiori urgenze del paese?
Senza dubbio l’introduzione del salario minimo, l’abrogazione delle parti del Jobs Act lesive dei diritti dei lavoratori, il potenziamento del sistema per le politiche attive del lavoro, la correzione delle storture del reddito di cittadinanza e introduzione del meccanismo di impiego dei percettori nel campo dei servizi di pubblica utilità nei periodi di in occupazione, il rafforzamento degli strumenti a contrasto delle morti e degli infortuni sul lavoro; una normativa che renda conveniente per i cittadini consumatori l’utilizzo delle fonti energetiche e di calore rinnovabili, finanziamenti agli enti locali e potenziamento dell’autonomia fiscale e impositiva dei sindaci, in particolare finalizzate a sostenere con incentivi la conversione green delle attività produttive e commerciali locali, a calmierare il costo delle bollette derivanti dal funzionamento dei servizi pubblici locali, a cominciare da quelli scolastici; una legge che blocchi l’ulteriore consumo di suolo, e sostenga invece la bonifica, il recupero per finalità produttive o di servizio, o di rinaturazione, dei suoli urbani o peri-urbaniutilizzati e compromessi dai precedenti processi di sviluppo e abbandonati (caserme, aree logistiche, aree urbane degradate, aree industriali, commerciali e artigianali sottoutilizzate o dimesse), riforma del fisco improntata al rafforzamento del principio di progressività, che agganci al criterio di progressività il valore dei patrimoni immobiliari, riforma del catasto finalizzata non a incrementare il prelievo fiscale sul bene “casa” ma ad adeguare e attualizzare il valore degli immobili, stabilendo una franchigia per la prima casa di abitazione; investimenti nel trasporto ferroviario, attraverso un programma intensivo di riattivazione ed elettrificazione delle linee ferroviarie secondarie, riutilizzo degli scali merci sottoutilizzati e/o abbandonati, riporto modale da gomma a ferro del trasporto merci; sostegno alla formazione universitaria, anche mediante la detraibilità fiscale integrale del costo per gli affitti, definendo tetti di reddito familiare per l’accesso e per il valore delle locazioni, moltiplicazione degli ITS (istituti tecnici superiori biennali post-diploma) collegati in particolare alle specificità delle produzioni o dei servizi locali); riforma della legge elettorale in senso proporzionale, diritto di voto ai sedicenni, introduzione del principio della sfiducia costruttiva, che impone l’indicazione e l’accordo delle forze parlamentari su una proposta di governo e di presidente del consiglio alternativo per l’ammissibilità delle mozioni di sfiducia al governo in carica, introduzione nei regolamenti parlamentari di un meccanismo che disincentivi il passaggio dai gruppi di elezione ad altri gruppi (modello tedesco: se un eletto esce dal gruppo per il quale è stato eletto non può che collocarsi nel misto per tutta la rimanente parte della legislatura)
- Se sarai eletto, quali sono i temi del nostro territorio che porterai a Roma, e che cosa da Roma riporterai qui?
Le questioni territoriali stanno, in gran parte nei contenuti elencati prima. Ne specifico alcune. La salute, che vede sostanzialmente il nostro sistema territoriale fermo ad alcuni decenni fa: ospedali vecchi, assoluta carenza di case della salute, inadeguato collegamento tra servizi sanitari e servizi sociali; sulle politiche per la salute si esercita certamente il ruolo costituzionalmente previsto della Regione, ma quando le inefficienza, le inadempienze e le obsolescenze, mettono a rischio i principi stessi della sanità pubblica quale diritto universale dei cittadini, lo Stato non può ritrarsi dall’intervenire per ripristinarne l’esigibilità. I trasporti e la logistica. La provincia di Alessandria è stata a lungo uno dei cuori pulsanti e, al tempo stesso un crocevia del triangolo industriale italiano. Le stazioni ferroviarie (a cominciare da quella del capoluogo) e gli scali merci sono stati snodi essenziali per i processi di crescita economica e sociale del Nord-Ovest. Oggi quegli snodi sono diventati “periferia”: basta vedere lo stato di abbandono della stazione ferroviaria principale di Alessandria (con i vani commerciali in grandissima parte vuoti), servita pressoché solo da treni regionali, e la totale dismissione degli scali merci, del capoluogo e di Novi San Bovo. In compenso le autostrade che servono il nostro territorio sono ormai un vero e proprio “inferno” di traffico pesante, che genera intasamenti, insicurezza, inquinamento: mentre gran parte delle linee ferroviarie minori sono sottoutilizzate o dimesse. L’obiettivo della conversione green passa per una radicale rovesciamento del “paradigma” affermatosi negli ultimi anni: va rilanciato il trasporto locale su ferro, disincentivato il trasporto su gomma, gli scali di Novi e Alessandria, insieme a Tortona-Rivalta Scrivia, devono diventare piattaforme di riferimento per i traffici generati dal sistema dei porti liguri e intercettati dal trasporto ferroviario: abbiamo accolto con senso di responsabilità “nazionale” i sacrifici territoriali imposti dalla realizzazione del “Terzo Valico”: non possiamo accontentarci di veder passare i treni. Deve esserci una compensazione: che passa anche attraverso il potenziamento e il rilancio del trasporto ferroviario per i pendolari, troppo spesso sacrificato in questi anni. Infine, l’università e l’istruzione superiore. Va completato il processo di trasformazione vera di Alessandria in “città universitaria”; ancora non è avvenuto: mancano non solo i servizi per il diritto allo studio, ma anche un’adeguata rete di servizi per la cultura tout-court (a cominciare dal teatro ancora tristemente chiuso): il ripristino dei fondi per la Cittadella, inopinatamente persi dall’amministrazione di destra, vanno recuperati e va accelerato il processo di realizzazione del campus. Sul fronte dell’istruzione superiore, abbiamo realtà d’eccellenza o delle potenzialità distrettuali, che vanno colte anche attraverso un’istruzione e una formazione qualificato. Penso a Valenza, e all’orafo-gioielliero, che vedrà partire un ITS: un primo passo, che andrà rafforzato e magari imitato in altri ambiti, come Novi-Tortona e Alessandria sul fronte della logistica, o nelle aree del Monferrato casalese e dell’Acquese e Ovadese, con le speciali vocazioni nel campo dell’enogastronomia, del termalismo e del turismo di qualità
- Ad ogni elezione, sono sempre meno gli italiani che si recano alle urne. Quali i motivi secondo te, e quali le soluzioni?
I motivi hanno molto a che fare con la fragilità di un sistema politico che talvolta appare come la maionese impazzita nel frullatore: partiti che si formano e si disfano, una pletorica articolazione della proposta politica spezzettata in una miriade di partitini e sigle, difficili da distinguere e valutare per la qualità della proposta politica. Un marketing lisergico, di simboli e parole d’ordine che internet e i social ovviamente agevolano. Ma ovviamente non è solo questo il problema. Da troppo tempo, ormai, si assiste a un fenomeno che non può che allontanare gli elettori dal voto: il repentino sovvertimento, o tradimento, nella formazione delle alleanze parlamentari, del mandato elettorale. Il caso del 2018 è clamoroso: dopo il voto, una forza come il M5S, che si era presentata, ottenendo un grandissimo consenso, “contro il sistema dei partiti”, si alleò e formò un governo con il partito più vecchio presente in Parlamento, la Lega. La quale a sua volta si era presentata agli elettori in alleanza con Forza Italia e Fratelli d’Italia: alleanza che non ci pensò molto ad abbandonare. E’ chiaro che queste dinamiche, e ho citato solo la più clamorosa, non possono che rendere diffidenti gli elettori verso l’esercizio della loro “sovranità popolare”, sancita dalla Costituzione. La quale, è vero, precisa che essa viene esercitata nei limiti previsti dalla Costituzione stessa. Ma c’è un confine, oltre il quale la sistematica trasgressione da parte del Parlamento del mandato che gli elettori assegnano al partito che votano diventa, di fatto, inganno. Per questo ci vogliono regole nuove. E (lo dico da sostenitore convinto, a suo tempo, dai sistemi semi-maggoritari), per un po’ di tempo, un “bagno di umiltà” in un sistema proporzionale che consenta a ciascuno dei partiti di confrontarsi con le proprie proposte e le proprie idee di fronte agli elettori. Purtroppo, il sistema con cui andremo a votare il 25 settembre non lo è. Ed è anche peggiore del famigerato “porcellum”: per questo cambiare la legge elettorale è una priorità democratica
- Tra sovranismo e europeismo cosa butti giù dalla torre?
Sovranismo, senza dubbio alcuno e senza scorciatoie. Il sovranismo è una versione estrema del nazionalismo, che è stato alla radice delle peggiori vicende del secolo scorso: tra le quali la tragedia di due conflitti mondiali, la shoah, la bomba atomica. La riedizione di oggi è quanto di peggio e inservibile si possa immaginare, perché nasconde in sé anche l’inganno: si promette ai cittadini che l’esaltazione della sovranità nazionale, costruito attraverso l’esclusione dai diritti delle persone di etnia, lingua, religione diverse, porterà vantaggi. Quando è esattamente il contrario. I Paesi dell’Europa sono troppo piccoli per reggere in solitudine il confronto con i colossi dell’epoca globale. Alla fine, l’unica cosa che resta dell’unbriacatura sovranista sono l’odio e il rancore verso gli “altri”, senza nessun beneficio per il “noi” che si vorrebbe esaltare. Le destre usano il sovranismo per sviare i cittadini dalla constatazione elementare che la maggior parte dei loro guai derivano dagli addensamenti di potere economico e finanziario, al cui servizio le destre svolgono il loro compito.
- C’e chi propone di realizzare cimiteri per i feti derivanti da aborto apponendo il nome della madre sulla lapide senza il suo consenso. In alcune Regioni il 90% dei medici nelle strutture publiche è obiettore rispetto alla legge 194. Andiamo verso una revisione e/o riduzione di quanto stabilito nel 1978 dalla legge sulla interruzione volontaria di gravidanza? Che posizione hai su questo tema?
Una posizione netta e risoluta. Sul terreno dei diritti delle donne non si può arretrare di un millimetro. La 194 è una conquista di civiltà, che riguarda il diritto delle donne di accedere alla maternità per scelta consapevole. A interrompere questo diritto si può “provvedere” sia stravolgendo la norma che lo regola, oppure enfatizzando il concetto di “inalienabilità” del diritto all’obiezione di coscienza. Intendiamoci, io difendo il diritto all’obiezione di coscienza. Sono stato obiettore di coscienza al servizio militare. Ma credo al tempo stesso che, in questo campo cruciale, esso possa e debba essere regolamentato e programmato, sin dall’accesso dei giovani medici alla formazione specialistica nel cui ambito svolgeranno la professione, in modo tal da non far mancare mai, per ogni territorio, i presìdi necessari all’esercizio del diritto delle donne a interrompere una gravidanza. Era così anche per l’obiezione al servizio militare: chi vi faceva ricorso sapeva che questa scelta gli avrebbe intercluso la possibilità di accesso ad alcune attività nel corso della sua esistenza.
- Reddito di cittadinanza. Va bene così, va eliminato o va modificato?
Eliminato: sarebbe una scemenza. Significherebbe non vedere la funzione che esso ha svolto in un periodo che, con il dilagare del Covid, avrebbe generato una macelleria sociale ancora più cruenta. Modificato sì: vanno resi più severi i controlli sulle “furbizie”, e più stringenti le sanzioni, tanto per i percettori quanto per coloro che, tra i datori di lavoro, approfittano del reddito per far lavorare i nero le persone; vanno migliorate le politiche attive per il lavoro, in modo da far incontrare domanda e offerta; va introdotto un meccanismo che preveda, per i percettori del reddito, che nei periodi di attesa d’occupazione essi svolgano attività utili, promosse in particolare dagli enti locali, per un numero di ore equo rispetto al reddito di cittadinanza percepito; ci sono poi alcuni aspetti che andrebbero corretti relativamente all’accesso in rapporto alla condizione reddituale e familiare, ma si tratta di questioni che richiedono un approfondimento tecnico. Lo strumento va salvato, eccome. Oltretutto, i dati dicono che il suo utilizzo improprio o le vere e proprie “truffe” sono in realtà molto meno di quanto certa propaganda tenda a far credere.
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2 commenti su “Verso le elezioni: 10 domande a Daniele Borioli”
Comments are closed.
Verissimo: il rosatellum e il jobs act sono due porcate assolute, due infamie di estrema desta che hanno rivitalizzato il fascismo in Italia e allontanato le persone oneste dalle urne.
C’è da chiedersi chi sono quelli che quelle porcate le hanno volute e votate.
https://parlamento17.openpolis.it/votazione/senato/legge-delega-jobs-act-fiducia-jobsact/14686
Cercate qui i padri del rosatellum
https://parlamento17.openpolis.it/votazione/senato/rosatellum-bis-disegno-di-legge-n-2941-votazione-finale/42936