Verso il voto con il Moscone

Il 25 settembre, data fissata per le elezioni politiche, si avvicina. Nel corso della prossima settimana, pubblicheremo una serie di interviste ad alcuni candidati, che abbiamo invitato a confrontarsi su alcuni temi di interesse locale e nazionale. 

I sondaggi e le statistiche ci dicono cose molto contraddittorie e a volte di difficile comprensione. Un buon numero di Italiani ha già deciso che non andrà alle urne, mentre molti sono indecisi sulla propria partecipazione voto. Molti, poi, andranno a votare ma decideranno all’ultimo momento. Il quadro quindi si presenta ancora molto incerto, nonsotante i sondaggi siano tutti concordi nel pronosticare una vittoria delle destre. Questo, grazie anche al sistema elettorale attualmente in uso, che premia chi riesce a presentarsi in coalizione. 

Dal 2017 è infatti in vigore in Italia il cosiddetto Rosatellum, voluto dal Pd a trazione renziana. Si tratta di un sistema elettorale misto a separazione completa: in ciascuno dei due rami del Parlamento, il 37% dei seggi è attribuito con un sistema maggioritario uninominale a turno unico, mentre il 61% degli scranni viene ripartito fra le liste concorrenti mediante un meccanismo proporzionale corretto con diverse clausole di sbarramento, come quella di aver conseguito almeno il 3%.

Nel quadro delle regole del rosatellum, la coalizione di centro destra fa da pigliatutto in quasi utti i collegi contro un centro sinistra che si presenta diviso almeno in tre: Pd, Azione e M5S. 

Sono molti (pure troppi) i sondaggi fatti negli ultimi giorni e sarebbe lungo elencarli tutti. Termometropolitico.it ha presentato una media dei risultati dei vai sondaggi che ci dice che il centro destra formato da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è accreditato del 45,2 dei consensi. Dall’altra parte, la somma delle percentuali attribuite a Pd, Azione + Renzi, Movimento 5 stelle, sinistra, verdi e +Europa fa il 46%. Dati che da un lato ci dicono che non è vero che il paese va a destra, ma che anzi è spaccato in due con una leggera prevalenza di chi si oppone all’asse Meloni-Salvini-Berlusconi. Dall’altro, ci dicono che un centro sinistra diviso contro un centro destra unito nei collegi uninominali fatica moltissimo a toccare palla. 

Per capirci meglio, nei collegi uninominali dove vince il candidato che prende più voti, la coalizione di centro destra farà man bassa in quel 37% di deputati e senatori che saranno eletti con metodo maggioritario. 

La previsione di vittoria del centro destra non è quindi dovuta alle reali percentuali della destra, ma dal combinato disposto di sistema elettorale e della capacità (nel caso del centro destra) o incapacità (nel caso di centro sinistra) di coalizzarsi per massimizzare il risultato. Potrebbero essere gli elettori a fare la differenza, votando nella parte uninominale il candidato che si contrappone alla destra che ha le maggiori chanches di essere eletto (il cosiddetto voto utile). 

Attenzione, però, i giochi non sono ormai fatti. Gli esperti di flussi elettorali ci dicono che, nelle elezioni precedenti, a determinare il risultato finale è stata la massa di elettori che ha deciso per chi votare nel corso dell’ultima settimana. In questi 15 giorni di campagna elettorale quindi tutto potrebbe ancora succedere. 

Per accompagnarvi al voto, abbiamo deciso di intervistare alcuni esponenti politici locali che sono in corsa per le elezioni. 10 domande su temi locali e nazionali, che speriamo diano modo agli elettori, in questa campagna elettorale e estiva e rumorosa, di approfondire le proposte. A domani con la prima intervista. 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

5 commenti su “Verso il voto con il Moscone

  1. “incapacità (nel caso di centro sinistra) di coalizzarsi”?
    o incapacità totale?
    se non sai parlare agli elettori, quando anche decidessero di andare a votare non è detto che votino PD.
    E questa storia del voto utile cos’è? Io voto per chi mi pare. Chi lo dice che il voto utile è solo per il PD?
    Messaggio speciale per il cosiddetto ‘zoccolo duro’ che ritiene che il PD sia, in un modo o nell’altro, l’evoluzione del PC:
    – scordatevelo –

    1. Se parliamo di incapacità totale, estendiamo pure il discorso all’intero arco costituzionale. L’abbiamo visto con i governi politici degli ultimi decenni.
      Il voto utile è un argomento dei partiti “importanti” o di quelli che rientrano in coalizioni potenzialmente vincenti (quindi non solo PD). Un voto dato ad un partito che non arriva al 3% di sbarramento, è indubbiamente un voto “non utile”. Certo che tu voti per chi vuoi, è la democrazia.
      Nessuno pensa che il PD sia l’evoluzione del PCI in quanto lo stesso è nato dalla fusione PCI e Margherita e che quasi tutti i segretari non sono certo di sinistra ma di centro-sinistra.

      1. “Il voto utile è un argomento dei partiti importanti?!!!”
        Scusi, ma che discorso è? Certo che se facciamo come vuole il sig. Letta e diamo tutti il voto utile (si fa per dire) al PD, per forza che altri partiti non superano lo sbarramento del 3 per cento.
        “Nessuno pensa che il PD sia una evoluzione del PC” è una affermazione per lo meno avventata.
        Conosco decine di elettori che votano, o votavano (ora non più) convinti che il PD racchiudesse i valori del PC.
        Buon per Lei che le anime candide esistono ancora, altrimenti la percentuale dei consensi non riuscirebbe a superare il 15%.

        1. Mi scusi ma lei mi sembra un pò “concentrato” sul PD. Intendo come partiti “importanti” (che ho messo tra virgolette non a caso), quelli che hanno percentuali perlomeno a 2 cifre che, oltre al PD, comprendono anche altri partiti (FDI, Lega, ecc.).
          Se legge con attenzione, nel mio commento ho specificato che quello del voto utile è un argomento politico (non mio) ed anche dei piccoli partiti che sono in coalizione.
          E’ vero che se quasi tutti votano i grossi partiti gli altri non supereranno mai il 3% ma … la frammentazione partitica con la relativa instabilità politica non è più un problema? Politici eletti che trasmigrano da un fronte all’altro o che, non trovando un buon acquirente, fondano un proprio partitino (per avere fondi pubblici?). Non sarà questo uno dei motivi della disaffezione dei cittadini verso la politica? Non è questo un problema? Per me si, ma non sono un politico e non ho soluzioni.
          Anime candide sono sicuramente quelle che pensano che il PD non sia frutto di un compromesso tra PCI e Margherita ma che il primo abbia “fagocitato” e convertito i centristi in comunisti convinti.

  2. Sono ‘concentrato’ sul PD perchè da tempo non è più il mio punto di riferimento.
    Perchè la sua storia recente è un lungo elenco di occasioni mancate. Perchè ha costretto molti suoi elettori a compiere scelte alternative spesso anche dolorose.
    Perchè ho riscontrato una totale mancanza di autocritica da parte dei suoi sostenitori.
    Perchè ne percepisco ogni giorno di più la distanza dai problemi quotidiani delle persone e dall’impegno vero per un reale cambiamento.
    Temo, inoltre, che anche nei grandi partiti ci siano persone che restano al loro posto per motivi analoghi a quelli che spingono altri a formare un proprio partito.
    La mancata rappresentanza nei territori, i candidati calati dall’alto sono soltanto un esempio.
    Forse, quando tutto sarà finito e l’agenda draghi andrà in soffitta, magari ci si accorgerà che occorre ripartire da zero

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