E se scendessimo di nuovo in piazza per il nostro ospedale? 

10 anni fa, il 19 gennaio 2013, in una Novi imbiancata sfilarono 1000 persone dietro allo striscione “salviamo il nostro ospedale”. Oggi, invece? 

La manifestazione fu conseguente ad una raccolta di firme lanciata da Paolo Moncalvo che  costituì il comitato “Salviamo l’ospedale di Novi Ligure”, del quale facevano parte anche   4 consiglieri della coalizione di centrosinistra che amministrava la città: Franco Ciliberto, Gianni Malfettani, Francesco Moro e Stefano Gabriele. Il comitato raccolse 3500 firme a sostegno dell’ospedale di Novi, contro i tagli dei servizi e le delocalizzazioni volute dalla Regione, allora come oggi amministrata dal centro destra. 

Alla manifestazione cittadina, promossa da un manifesto che recava le firme del Presidente del Consiglio Comunale Maria Rosa Porta e del Sindaco Lorenzo Robbiano, parteciparono un migliaio di persone che poi si recarono al teatro Giacometti, per un dibattito.  «La sanità pubblica è un bene di tutti, soprattutto dei più deboli, per essere curati non deve servire la carta di credito ma la tessera sanitaria» disse dal palco l’allora Sindaco, tra gli applausi dei cittadini.
Fu una manifestazione unitaria, promossa dal comune e appoggiata da tutte le forze politiche presenti in città, anche quelle di destra, sebbene la manifestazione contestasse vivacemente le scelte del centro destra in Regione Piemonte. 

Le condizioni per cui protestavamo allora, sarebbero un sogno oggi. Oggi il nostro ospedale è alla ribalta della cronaca nazionale, perché una povera signora è morta dopo essere stata dimessa dal pronto soccorso in condizioni disperate da una dottoressa “gettonista” in trasferta dalla Calabria. Oggi, le liste di attesa per un esame medico sono molto (ma molto) più lunghe di 10 anni fa, e davvero, se si vuole passare un esame in tempi utili, serve la carta di credito anziché la tessera sanitaria. Mancano i medici, mancano gli infermieri, i macchinari sono obsoleti, la pandemia infuria ancora. 

Durante l’amministrazione Muliere fu costituito l’osservatorio sulla salute, di cui facevano parte persone come Giacomo Orlando e Concetta Malvasi, con lunga esperienza nella sanità pubblica, che supportavano il comune e che “rompevano le scatole” ad ogni ventilar di taglia sanitari. L’osservatorio fu “smantellato” dalla giunta Cabella, che ne sostituì i membri facendo sì che l’osservatorio non venisse quasi mai convocato, anche in tempi di pandemia e nonostante le proteste del consigliere di opposizione Luca Patelli. 

Orlando e Malvasi continuarono a “rompere le scatole”, organizzando iniziative e pubblicando una serie di articoli-denuncia sulle pagine del Moscone, senza però riuscire più di tanti a sollecitare l’interesse dei cittadini e men che meno della politica locale di centro destra (e non solo). 

Il risultato del disinteresse della politica e dei cittadini è sotto gli occhi di tutti.  Se 10 anni fa siamo scesi in piazza in 1000, oggi dovremmo scendere in piazza in centomila, vista la situazione. Che ne dite? 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

Un commento su “E se scendessimo di nuovo in piazza per il nostro ospedale? 

  1. Ovunque così per eliminare il servizio pubblico, che dire del sistema informatico che dice tutto pieno quando non è vero?…così intasiamo di più i pochi ospedali e ps aperti e dottori e infermieri che Cmq stremati dai turni, pensano di compensare le fatiche con ulteriori soldi che Cmq miglioreranno solo la loro condizione economica di vita… Senza risoluzione

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