“Ma cmela moi, as ne semu diti ‘d tuti i curui, i son vulè anche i strasòuni e oura a semu turna ‘nseme?”. Così commentava, in vernacolo, tra lo sbigottito e l’incavolato, un leghista della prima ora, mentre passeggiava con un amico lungo viale Aurelio Saffi. E l’amico rispondeva, riferendosi al Mungitore: “Alantùra la sciapà tutu, e oura u vraisa metghe ‘na pesa. U ghà in bel becu (cfr. “lettera ai giornali” del Mungitore). Ma anche nuiotri… a femu a figura di ciculateii. A femu rie anche i pulastri” (1)
Come dar loro torto? Non sono pochi coloro che, a destra, in dialetto, o in lingua italiana più o meno forbita, si stanno ponendo la stessa domanda. A costoro, innanzitutto, i leghisti – nipote dell’ex Sindaco in testa e fido scudiero al seguito – dovrebbero spiegare la ragione per la quale la Lega ‘d Neuve avrebbe deciso di aderire alla coalizione del centrodestra. Taluni affermano che i leghisti l’abbiano preso “in saccoccia” (si può dire?). E pensare che, solo un paio di settimane fa, il giovane segretario (si presume in accordo con il suo mentore) proclamava solennemente, in maniera netta e senza diritto di replica: Mai più alleati “con chi è stato complice della caduta della prima amministrazione di centrodestra nella storia di Novi”.
Ed ora, invece, i leghisti si ritroverebbero alleati proprio con il complice di tale caduta (si può dire?), ripetutamente appellato come traditore, ovvero colui che viene meno ad un impegno solennemente assunto, passibile di fucilazione immediata in tempi di guerra.
Non si vuole ripetere ciò che i lettori già ben conoscono in merito alle vicende dei tre anni trascorsi (e che si spera di lasciare definitivamente alle spalle), ma pare di assistere al remake del programma televisivo “Oggi le comiche” in onda nel 1968 o all’anteprima della programmazione di “Scherzi a parte” (si potrà dire?).
Si riassume brevemente quanto accaduto nelle ultime settimane: dopo mesi di silenzio è ricomparso, a cavallo di Fratelli d’Italia, il Mungitore. Il suo silenzio lungamente protratto non prometteva nulla di buono ai leghisti nostrani, che ben ne conoscevano il carattere di mina vagante, in procinto di deflagrare, magari con spirito di vendetta. E così mentre i leghisti, anch’essi silenti, preparavano le loro strategie, il Mungitore, improvvisatosi arrotino, affilava pazientemente i coltelli, operazione svolta con particolare cura soprattutto dopo i risultati elettorali delle elezioni politiche del settembre scorso, nelle quali i leghisti hanno subìto una sonora debacle (si potrà dire?), passando dal 30,32% di consensi del 2019 ad un “misero” 11,68% (ovvero, sempre se si può dire? meno 18,64%: che non sono proprio noccioline). Al contrario, i Fratelli d’Italia sono passati da un irrisorio 3,6% del 2019 a circa il 24% (ovvero più 21% circa: che non sono certo noccioline, bensì … meloni).
Perciò, lo scaltro Mungitore deve aver pensato: “piatto ricco, mi ci ficco” e, silenziosamente, avviato i contatti con i Fratelli, partito che ancora gli mancava nel suo ricco carnet elettorale.
Il resto è storia di questi giorni: Fratelli d’Italia (di Casale Monferrato) ha deciso di inserire il Mungitore nelle sue liste e la Lega, come detto, giurava (sempre se si può dire) di non voler più sentir parlare di colui che, per mesi, era stato additato pesantemente come traditore (operazione che, probabilmente, era funzionale anche a tenere insieme le truppe leghiste, uscite alquanto acciaccate dalla triste, nonché disastrosa, esperienza).
Lo scenario: i Fratelli (casalesi), forti del risultato elettorale di settembre, non hanno indietreggiato neppure di un millimetro nelle loro intenzioni, mentre i “fratellastri” (licenza poetica) della Lega annaspavano tra i proclami, del tipo “o patria, o muerte” o, per dirla in lumbard, “föra di ball” (2), riferendosi a Mungitore & Co. Gli Azzurri, recentemente spostatisi da Bosco Marengo sulle sponde della Scrivia, sono rimasti alla finestra a guardare, in attesa che, prima o poi, un cadavere transitasse lungo il torrente novese.
Dunque, cosa avrebbe convinto i leghisti a bere l’amaro calice?
Mentre il tempo scorreva, pare che Forza Italia abbia fatto sapere al nipote dell’ex Sindaco & Co. che avrebbe potuto allearsi con il più forte, nel timore di scomparire dalla scena consiliare e – si vocifera – anche per vendetta nei confronti della Lega che aveva soffiato, all’ultima curva, il pupillo che il Grande Vecchio da Bosco Marengo aveva allevato con tanto amore. Quindi, ancora una volta, i leghisti si sono trovati in braghe di tela (si potrà dire?). La domanda che deve averli attanagliati era, per dirla alla Marzullo: “meglio soli o mal accompagnati?”
Si potrebbe anche pensare a nobili riflessioni di costoro, sollecitate dai Fratelli monferrini, ovvero che alle tensioni interne del centrodestra (leggasi beghe) doveva prevalere l’interesse superiore, uno e soltanto uno!
Invece, con malizia, si preferisce prosaicamente pensare (si potrà pensare?) che nella Lega novese, messa all’angolo anche dagli Azzurri boschesi, più che l’interesse superiore abbia prevalso la ragion di bottega.
Spiegazione: in base alla legge elettorale, la coalizione vittoriosa acquisisce dieci seggi in Consiglio comunale (oltre al Sindaco), mentre i restanti sei Consiglieri vengono assegnati in base ad un calcolo astruso, nel quale non ci si addentra per non annoiare gli affezionati lettori (osservazione narcisistica: sempre numerosi ed in costante aumento).
Pertanto, la coalizione vittoriosa fa man bassa, ma se si è fuori dalla stessa c’è il rischio, in base al calcolo citato, di non acquisire neppure un solo Consigliere; e ciò si avvererebbe, a maggior ragione, se la coalizione perdesse (evenienza vivamente auspicabile), in quanto potrebbe conquistare, al massimo, sei seggi. Chi andasse per conto suo, solo soletto, rischierebbe, addirittura, di non avere alcuna rappresentanza in Consiglio comunale.
Esempio pratico: nel 2019 Forza Italia aveva ottenuto il 9,15% dei voti. Poiché si trovava all’interno della coalizione vincente, le erano stati assegnati due seggi; se si fosse presentata da sola, sia nel primo caso, che nel secondo, non avrebbe ottenuto alcun seggio.
A ragione di ciò la Lega (oggi non tanto distante da quel 9,15% azzurro), arrampicandosi sugli specchi e ob torto collo, portandouna mano davanti e l’altra dietro, deve, probabilmente, aver fatto di necessità virtù, abdicando a tutti i roboanti principi declamati in lungo e in largo, nonché alle accuse di tradimento lanciate da mesi e fino a poco tempo fa al Mungitore.
Si potrà dire che all’onore prevalse la ragion di bottega?
Adesso i Dirigenti leghisti dovrebbero spiegare ai loro elettori superstiti i vari gambalebri (3), ma forse è meglio parlare di triplo salto mortale carpiato, con avvitamento, ovviamente, a destra.
Il Malalingua
(1) “Ma cmela moi, as ne sem diti id tuti i curui, i son vulè anche i strasouni e oura a semu turna ‘nseme?”. Traduzione: “Ma come mai, ce ne siamo detti di tutti i colori, sono volati anche gli stracci e ora siamo di nuovo insieme?” “Alantùra la sciapà tutu, e oura u vraisa metghe ‘na pesa. U ghà in bel becu. Ma anche nuiotri … a femu a figura di ciculateii. A femu rie anche i pulastri”. Traduzione: “All’epoca ha rotto tutto e ora vorrebbe metterci una pezza. Ha un bel becco. Ma anche noi facciamo la figura dei cioccolatai. Facciamo ridere anche i polli”.
(2) “föra di ball”: non occorre traduzione, si comprende chiaramente il significato.
(3) “gambalebri”: capriole, da non confondersi con le femmine degli ungulati che popolano le nostre montagne.
Il Tribunale di Alessandria in soli due mesi è riuscito a fare l’asta per la vendita del CIT, mentre la giunta Cabella impiegò, si fa per dire, “una vita”. Ma la cosa più significativa è che questa volta la Ditta che si è aggiudicata l’azienda ha offerto 650 mila euro, mentre la Trotta Bus, in allora, si era aggiudicata il CIT per soli 150 mila euro. Quattro volte tanto, anche in questo caso, non son proprio noccioline. E’ sempre più difficile per il centrodestra novese commentare l’accaduto (si può dire?).
Dimissioni
Permangono varie perplessità in città in merito alle dimissioni di colui che fu Amministratore Delegato di Gestione Ambiente e a suo tempo anche A.D. del CIT.
Novi riparte
Si tratta di uno dei primi slogan lanciati dal centrosinistra in vista delle prossime elezioni. Si aggiunge che ci sarà molto da fare per far ripartire la città, ma senza alcun spirito di rivincita e senza buttare alle ortiche quanto è stato fatto nei tre anni precedenti dal centrodestra (ad esempio, la sostituzione delle lampadine esauste). Alternativamente, si auspica una gestione corale, anche slow, che coinvolga gli interessati collegialmente e in tutte le decisioni, più o meno importanti esse siano.
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