Cancro e tumori: non “male incurabile”

Un articolo di Corrado Augias riguardante la RAI (Repubblica, 11 luglio) mi ha spinto a sapere di più sull’ingegner Filiberto Guala, importante dirigente della stessa RAI negli anni ‘50. Così ho scoperto (su Wikipedia) una figura grandiosa e ambivalente (il “crociato” che voleva “cacciare pederasti e comunisti” fuori dalla RAI, ma che aveva assunto – con concorso – Umberto Eco e tanti altri intellettuali) e – per serendipity – ho capito chi ha (forse) avuto un ruolo importante in un retaggio antico di cui la società italiana ancora fa fatica a liberarsi.

Infatti nel suo “regolamento” (1954) per i programmisti RAI si legge che non erano consentiti termini quali “cancro” o “tumore”, ai quali doveva essere sempre sostituita l’espressione “male incurabile”.  Dopo settanta anni, nonostante i grandi (anche se ancora incompleti) progressi dell’Oncologia e delle Cure Palliative, ancora oggi quella espressione risuona – erroneamente – nella testa e sulla bocca di tanti cittadini italiani. 

 Purtroppo allocuzioni come “male incurabile” o “brutto male” sono infatti ancora di uso comune, nonostante ormai sappiamo che dei vari tumori (che sono tanti, e diversi, e non tutti riassumibili sotto il termine di origine greco-romana di “cancro”) si può guarire. E sappiamo che – quando non si può raggiungere la gurigione definitiva – si possono ottenere benefici da terapie oncologiche (chemioterapia, ormonoterapia, immunoterapia, farmaci a bersaglio molecolare, radioterapia, ecc.) e di supporto, per una migliore qualità di vita, almeno in una buona parte dei pazienti. (Ricordiamo che in Medicina – e a maggior ragione in Oncologia – termini come “in tutti i casi” e “per sempre” non esistono).

Purtroppo la lingua italiana in questo caso non è di aiuto, perchè il termine “cura” può essere inteso sia come “guarigione” che come “prendersi cura” (anche quando guarigione non c’è). A differenza ad esempio dell’inglese, dove invece esistono due termini simili ma ben distinti: “cure” per guarigione e “care” per trattamento.

Questa mancata distinzione, assieme alla difficoltà di tradurre i termini dall’inglese,  è a causa di un altro comune pre-concetto, diffuso tra molti italiani: ill termine Cure Palliative viene inteso spesso – ed erroneamente –  con il limitato significato di assistenza ai pazienti “terminali” o “a fine vita”. Ma di questo potrei parlare in un altro articolo, se qualcuno dei lettori del Moscone mostrerà interesse.

Nel frattempo, se volete leggere qualcosa di più sul “regolamento” vigente in RAI a partire dagli anni ’50 : https://it.wikipedia.org/wiki/Filiberto_Guala 

Vittorio Fusco – Oncologo

 

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Vittorio Fusco

4 commenti su “Cancro e tumori: non “male incurabile”

  1. Quanto dovremo ancora lottare prima che la gente (compresi molti sanitari) smetta di esibirsi in gesti apotropaici quando sente parlare di cure palliative….

  2. Confesso che fino a poco tempo fà, pensavo che con il termine “cure palliative” s’intendessero quelle pratiche atte ad accompagnare al fine vita le persone ormai “segnate” dal cancro. Mi sono ricreduto con l’esperienza personale ma sarei comunque interessato a saperne di più. Grazie.

  3. Più si sa e meglio si affrontano gli inciampi dell’esistenza, per cui continuate pure con gli articoli e grazie

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