Se Filippo avesse fatto il servizio militare forse…

Il terribile epilogo della storia di due ragazzi che avevano avuto una storia d’amore, finita per le tante sfaccettature che la vita ci pone di fronte e sovente ci porta su sentieri diversi a prescindere dalle reali intenzioni.

Ci vuole tanta forza d’animo per andare oltre e non tutti ci riescono. Filippo Turetta non ne ha avuto la forza, non ha saputo accettare la fine della storia, farsene una ragione e intraprendere il sentiero della vita senza Giulia Cecchettin.
Giulia, una ragazza particolarmente sensibile, non voleva più continuare la relazione, e nello stesso tempo non riusciva a darci un taglio netto, pressata dall’insistenza di lui e frenata dalla sua generosa umanità.

“È la debolezza dei buoni che antepongono lo stato del prossimo al proprio interesse”. Continuando a dimostrare un certo interesse, ha determinato nelle convinzioni di lui strane idee, forse false speranze che li ha portati al cruente epilogo.

Filippo Turetta, resosi conto dell’irreversibilità della fine della storia, è entrato in quella confusione mentale, fatta di ombre e rancore di chi non vuole accettare la realtà, e cerca di cancellarla fintanto a distruggerla.
Nella sua mente ormai in delirio prende il sopravvento, forma la più terribile soluzione: sopprimere la sua amata. Tutti gli indizi che da diversi giorni, vengono elencati con sottile precisazione, da rasentare la perfidia, da tutti gli organi d’informazione che convergono sulla premeditazione di un accurato piano omicida: dal coltello, ai sacchi neri, al nastro adesivo e al sopralluogo del probabile sito luogo del delitto. Sembra che non ci siano dubbi a proposito, anche se per la legge, la premeditazione è un’accusa piuttosto complessa da dimostrare nel dibattimento e non è sufficiente un periodo breve nella quale si contempla e si attua.
Gli inquirenti che indagano, sono piuttosto prudenti e prima di esprimersi, vogliono valutare con attenzione tutte le circostanze nel suo insieme. Il fatto che l’omicida sia stato catturato con eccessiva facilità nella località di Lipsia, dalla polizia tedesca, a seguito di arresto forzato del mezzo di locomozione, per esaurimento di carburante, pone delle riflessioni sulla premeditazione, ampiamente articolata, da non comprendere una completa programmazione della fuga, verso un rifugio che poteva garantirgli un minimo di sicurezza per sfuggire alla cattura.
L’impatto che il dramma dei due giovani pone al Paese, al di là della premeditazione e l’orribile epilogo è il disagio che si avverte nella società verso i giovani, facendoli apparire disorientati, confusi, indecisi alla continua ricerca di certezze e di valori, sui quali edificare la loro esistenza e le loro speranze, e non sulle cause politiche sociali che possono averne scatenato la mostruosa sequenza.
Viene cavalcata una frase della sorella della vittima: ”il movente va ricercata in una cultura patriarcale della nostra società”. Non giustifica di certo l’informazione nel suo complesso né tanto meno gli opinionisti, che ne hanno fatto uno spettacolo mediatico che non accenna a diminuire.
Questo contribuisce ad esaltare i fautori dell’imitazione, disposti a tutto pur di apparire. Nella realtà della vita sociale si avverte da tempo una scarsa attenzione verso una sempre più irrilevante educazione scolastica e familiare per motivi contingenti all’involuzione di un criterio sociale, propenso sempre di più verso l’eliminazione di severi comportamenti educativi .

La scuola per le sempre minori risorse disponibili, declassano le aspettative come le famiglie, costrette a far quadrare le proprie risorse in un bilancio sempre più magro, pone entrambi i genitori a lavorare, riducendo il tempo da dedicare ai figli per le necessarie attenzioni, nella fase più importante della la loro formazione.

Infine l’abolizione obbligatoria del servizio di leva che al di là di tutte le incombenze, esercitava un severo servizio scolastico e familiare suppletivo di educazione civica, dove il giovane volente o dolente doveva sottostare a precise e determinate imposizioni di regole comportamentale, oltre a socializzare in un obbligato rigido contesto organizzato, non sostituendoli con un rafforzamento sia dell’insegnamento scolastico sia del supporto alle famiglie.
Nell’anno di servizio di leva si imparava l’ordine, la disciplina, il senso del dovere, il valore dell’amicizia, il rispetto delle autorità, l’imposizione della rinuncia, la cura e rispetto delle cose pubbliche, ma soprattutto il rispetto e la protezione del compagno, il cosiddetto spirito di corpo che cementava amicizie che durano una vita. C’è forse qualcosa di più sicuro, dal sapere di poter sempre e comunque contare su qualcuno ?

Per dirla in gergo militare, ci toglieva il latte di bocca, ci forgiava per affrontare con più consapevolezza e sicurezza il sentiero della vita. Forse se al debole Filippo, all’esitante Giulia fossero stati forgiati queste convinzioni, avrebbero saputo superare la loro crisi, e procedere verso nuove esperienze, senza arrivare al terribile epilogo. Il voler trasformare la violenza e le debolezze individuale in una questione di cultura di genere è un modo di confondere una caratteristica sociale: la violenza è tale e non fa differenza tra i sessi, ma è una conseguenza di confusione mentale, dove si perdono o non si hanno principi consolidati e l’individuo si viene a trovare solo in balia della sua debolezza, indipendentemente dal genere. Generi che devono essere considerati paritari nel diritto pur conservando e valorizzando le diversità naturali.

Ti è piaciuto questo articolo? Offrici un caffè con Ko-Fi

Segui il moscone su Telegram per ricevere una notifica ogni volta che viene pubblicato un nuovo articolo https://t.me/ilmoscone

Visited 1 times, 1 visit(s) today

Francesco Giannattasio

3 commenti su “Se Filippo avesse fatto il servizio militare forse…

  1. Concordo in parte con quanto dice Di Giannattasio, riguardo gli insegnamenti che poteva fornire il servizio di leva,che personalmente ho espletato per intero in Sardegna, nel 1980. Sono fermamente convinto che il rispetto e l’educazione si acquisisce esclusivamente in una famiglia di buoni principi e soprattutto equilibrata e presente. Il servizio di leva imponeva le regole senza insegnarle, erano ordini, e come tali venivano recepiti in maniera differente dai ragazzi. Sarebbe come dire che il carcere, per assurdo, possa insegnarti a vivere meglio quando sappiamo perfettamente che accade l’esatto contrario.
    Il protagonista di questa triste vicenda non ha avuto l’educazione giusta e la giusta collocazione in questa società.
    E la colpa è della famiglia, devo dirlo, nessun servizio militare lo avrebbe cambiato.
    E a farne le spese purtroppo e come si sente troppo spesso, sono ragazze giovani non intese come individui ma come cose di proprietà. Parlo anche da padre, con assoluta preoccupazione.

  2. Dubito fortemente che il problema della violenza sulle donne abbia radici nell’abolizione del servizio di leva obbligatorio. Fosse vero, nessuna violenza sarebbe mai stata perpetrata da chi avesse fatto il militare fino al 1 gennaio 2005. Purtroppo migliaia di orribili crimini testimoniano il contrario. Del resto, in quelle caserme ciascuno entrava coi propri valori, o disvalori, e schemi mentali, che tuttalpiù ne uscivano rafforzati. Certo, le intenzioni di partenza erano sempre valide, e la disciplina rafforzava fisico e menti sane, ma non si può negare che pressioni, nonnismi, angherie, violenze a volte anche fisiche erano parte del servizio di leva, laddove dall’alto venivano tollerate.
    Tale abolizione – che in realtà è solo una SOSPENSIONE, per cui se arrivasse un governo talmente folle e sanguinario da portare gli italiani ad un’altra guerra la mobilitazione riprenderebbe immediatamente (esclusi ovviamente fratelli, figli, cognati cugini e rampolli del potere, come sempre) – stravolse peraltro la scelta dei Padri Costituenti di mantenere un esercito di popolo, in ossequio al principio degli scopi “difensivi e di rispetto dei principi democratici” di cui agli articoli 11 e 52 della Costituzione, e peraltro.
    Il primo di gennaio del 2005 le forze armate italiane divennero composte esclusivamente da professionisti, pagati da noi ma decisamente meno controllati di prima dal basso. Gente probabilmente più propensa, per soldi o per necessità, ad eseguire senza porsi dubbi gli ordini dei “dirigenti”. Accade del resto sempre di più in qualsiasi azienda, e la divisa cambia poco: i problemi e i ricatti del mondo del lavoro sono quelli.
    Ora abbiamo forze mercenarie, che vengono usate spesso in operazioni non certo di “difesa della Patria”, come è accaduto e accade nelle guerre altrui per il petrolio o simili. Se prima dell’abolizione della leva obbligatoria era molto difficile trovare persone con mente aperta ed etica democratica nei ranghi intermedi (la preselezione molto stretta escludeva a priori chiunque avesse storie familiari di “sinistra”, ad esempio), oggi questo accade anche nei ranghi subordinati e nella base. E le anticostituzionali guerre all’estero, che forse prima sarebbero state raccontate dall’interno come anticostituzionali, ora sono solo uno strumento per aumentare a dismisura gli stipendi con indennità di missione sempre più lucrose, unite a avanzamenti di carriera e fortissime agevolazioni fiscali e previdenziali, oltre che privilegi di vario genere per chi decida di tornare alla vita da civile.
    Le donne vanno rispettate e mai violate comunque e sempre, come PERSONE. Vedo casomai il rischio, per soggetti addestrati a limitare i propri principi etici di fronte a un presunto “nemico”, che si possa addirittura peggiorare certi comportamenti, a partire dalla famiglia.
    PS – per la maggior parte dei “difensori delle donne” di ieri, sarà il caso di ricordare che l’anno è composto di 365 giorni, + 1. E che se alle parole non seguissero fatti concreti, sarà ridicolo e spregevole ritrovarci tra un anno alla Fiera. Dell’aria fritta.

  3. Sono esterrefatta. Ridurre il tema della violenza contro le donne alla mancanza di disciplina (perché è solo questo che si può ricevere dal servizio militare, non parliamo di educazione, per favore) significa ancora una volta non aver capito nulla di un fenomeno del quale i femminicidio rappresentano solo la punta dell’iceberg. Le donne che subiscono violenza fisica, psicologica, economica sono milioni. In Italia, in Europa, nel mondo. Paesi democratici, paesi governati da regimi dispotici, paesi dove lo Stato è laici ed altri dove sono al potere teocrazie. Paesi sviluppati e ricchi, altri afflitti da povertà, materiale e morale, Stati in guerra e nazioni in pace. In Iran, Afghanistan, in molti stati Africani e asiatici la situazione dei diritti delle donne è molto più grave. Ma qualcuno può seriamente affermare che nel nostro mondo occidentale e presunto civile la parità tra i sessi sia stata raggiunta? Basta con queste argomentazioni che spostano la responsabilità di questi crimini orrendi su altri, le famiglie, la società, la scuola e adesso l’abolizione del servizio di leva!

Comments are closed.

Torna su

Contact Us